Omelia (17-11-2024) |
don Andrea Varliero |
Quando ci crolla il mondo addosso Quando crolla anche l'universo. Questo immenso cosmo in espansione di cui conosco ben poco, queste galassie di stelle ancora non misurate, questo sistema solare alla periferia della Via Lattea, questo piccolo pianeta chiamato Terra capace di vita, questa stella che chiamiamo Sole a regolare i giorni e la vita, questo satellite di luce riflessa che chiamiamo luna: non sono eterni, non sono infiniti. Equilibrio sottile e instabile: cade il sole, cade la luna, cadono le stelle. Siamo parte di una fragile vita, sospesi in qualcosa che crediamo eterno, ma segnato invece da un principio: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Quando crolla anche il mondo. La Storia dell'umanità sembra un ripetersi infinito di tre eventi: una carestia, che porta ad un'epidemia, che apre le porte ad una guerra. Carestia, epidemia, guerra: come un elefante in una cristalleria, facciamo finta di niente, voltiamo le spalle altrove, eppure sono vicine. La grande Storia mai stabile, mai risolta, mai in Pace. Quando ci crolla il mondo addosso. Quando camminiamo tra le macerie dei nostri fallimenti. Il mondo ci è crollato addosso, aprendo il referto di un'analisi. Il mondo ci è crollato addosso, ricevendo una lettera di licenziamento. Il mondo ci è crollato addosso, ascoltando, senza capire, l'ultimo respiro di chi abbiamo amato. Il mondo ci è crollato addosso, ricevendo nel pieno della notte una telefonata. Attimi interminabili di lacrime, di perdite, di sconfitte, di paura, storditi e incapaci a comprendere. Ecco: quando crolla l'universo, quando crolla il mondo, quando ci crolla la vita addosso, proprio allora rialziamo la testa, qualcosa di nuovo porta il profumo della primavera. È crollato un mondo, ma non è la fine del mondo. Imparare l'arte della rinascita dalla gemma della pianta, ci suggerisce Gesù, imparare dalla primavera e dall'estate, imparare dalla dolcezza di un frutto maturo, imparare dalle ali della farfalla: «Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla». Egli è vicino, oggi. È una vita che vive di sensi di colpa per il passato, ma il passato non ritorna più, non riguarda l'oggi. È un'ansia che avvelena per quello che sarà domani, ma il domani non è ancora, non riguarda l'oggi. È bello vivere questo giorno, viverlo bene fino in fondo, cercando di amare quella parte di studio, di lavoro, cercando di voler bene oggi. La mia fedeltà al quotidiano. È bello prendermi cura: oggi, né ieri né domani, senza rimpianti né paure. Se c'è un qualcosa di profondo che lascia in me il cristianesimo è che non ho paura. Non è spavalderia, non è incoscienza: è il senso di stabilità, in Lui. «Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». Ritorno alla chiamata vissuta, a quel giorno: quando ho accolto il Signore nella mia vita, ho vissuto la percezione di una stabilità immensa, mi sono sentito stabile. Stabilità non è una parola amata dalla nostra società, liquida e incerta. Come se la stabilità fosse una noia mortale, immobili nelle proprie sicurezze. Non è così: è proprio la stabilità che ci permette di scegliere, di orientare il cammino, di muovere il primo passo, di cambiare direzione, di ritornare a Lui. Lui è stato stabile: certo non per l'assenza di movimento, colui che ha attraversato le strade della Palestina per proclamare il regno di Dio! Ma il suo cuore era stabile. Stabile nella santità e nelle sue scelte di vita. Stabile nell'amore di suo Padre e dei suoi discepoli. Stabile nel servizio, gentilezza e umiltà del suo cuore. Stabile nella verità e nell'offerta della sua vita, all'estremo dell'amore, il mistero della Croce. Sono rimasto colpito da un dialogo avuto con una catechista: al timore degli altri di fare una proposta che potesse scatenare derisione, sghignazzamento, confusione, lei ha risposto: «Non è la reazione dei ragazzi a preoccuparmi: sono io adulto chiamato a rimanere stabile davanti alle loro provocazioni». Ecco, noi adulti chiamati a rimanere stabili davanti all'instabilità emotiva e umana, alla fragilità. Adulti stabili, persone consapevoli e responsabili. Sappiamo chi siamo e amiamo stare lì, in quel posto esatto in cui abbiamo imparato a collocarci. Perché è lì che siamo riusciti a diventare esattamente la persona che volevamo essere. Crolla il mondo, cambiano le economie, ci crolla addosso la vita: non sono l'ultima parola. Il mondo non finirà nel fuoco, ma nella Bellezza. Con lui possiamo intonare la nostra anima, la nostra stabilità: «sempre e per sempre, dalla stessa parte, mi ritroverai». |