Omelia (17-11-2024)
don Lucio D'Abbraccio
Tutto passerà, ma la Parola del Signore rimarrà in eterno!

Siamo giunti alle ultime due settimane dell'anno liturgico. Nell'itinerario delle Letture bibliche domenicali ci ha accompagnato il Vangelo di san Marco, che oggi presenta una parte del discorso di Gesù sulla fine dei tempi. Questo, però, non è un discorso sulla fine del mondo, piuttosto è l'invito a vivere bene il presente, ad essere vigilanti e sempre pronti per quando saremo chiamati a rendere conto della nostra vita. Dice Gesù: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo». Queste parole ci fanno pensare alla prima pagina del Libro della Genesi, il racconto della creazione: il sole, la luna, gli astri, che dall'inizio del tempo brillano nel loro ordine e portano luce, segno di vita, qui sono descritti nel loro decadimento, mentre piombano nel buio e nel caos, segno della fine. Invece la luce che in quel giorno ultimo risplenderà sarà unica e nuova: sarà quella del Signore Gesù che verrà nella gloria con tutti i santi. In quell'incontro vedremo finalmente il suo Volto nella piena luce della Trinità; un Volto raggiante d'amore, di fronte al quale apparirà in totale verità anche ogni essere umano.
La storia dell'umanità, come la storia personale di ciascuno di noi, non può essere compresa come un semplice susseguirsi di parole e di fatti che non hanno un senso. Non può essere neppure interpretata alla luce di una visione fatalistica, come se tutto fosse già prestabilito secondo un destino che sottrae ogni spazio di libertà, impedendo di compiere scelte che siano frutto di una vera decisione. Nel Vangelo di oggi, piuttosto, Gesù dice che la storia dei popoli e quella dei singoli hanno un fine e una meta da raggiungere: l'incontro definitivo con il Signore. Non conosciamo il tempo né le modalità con cui avverrà; il Signore ha ribadito che «nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio»; tutto è custodito nel segreto del mistero del Padre. Ebbene, anche se non conosciamo il tempo, nessuno può sfuggire a questo momento, nessuno di noi! La furbizia, che spesso mettiamo nei nostri comportamenti per accreditare l'immagine che vogliamo offrire, non servirà più; alla stessa stregua, la potenza del denaro e dei mezzi economici con i quali pretendiamo con presunzione di comperare tutto e tutti, non potrà più essere usata. Avremo con noi nient'altro che quanto abbiamo realizzato in questa vita credendo alla sua Parola: il tutto e il nulla di quanto abbiamo vissuto o tralasciato di compiere. Con noi soltanto porteremo quello che abbiamo donato.
In questo discorso, inoltre, c'è una frase che colpisce per la sua chiarezza sintetica: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». Fermiamoci un momento a riflettere su questa profezia di Cristo.
L'espressione «il cielo e la terra» è frequente nella Bibbia per indicare tutto l'universo, il cosmo intero. Gesù dichiara che tutto ciò è destinato a «passare». Non solo la terra, ma anche il cielo, che qui è inteso appunto in senso cosmico, non come sinonimo di Dio. La Sacra Scrittura non conosce ambiguità: tutto il creato è segnato dalla finitudine, compresi gli elementi divinizzati dalle antiche mitologie: non c'è nessuna confusione tra il creato e il Creatore, ma una differenza netta. Con tale chiara distinzione, Gesù afferma che le sue parole «non passeranno», cioè stanno dalla parte di Dio e perciò sono eterne. Pur pronunciate nella concretezza della sua esistenza terrena, esse sono parole profetiche per eccellenza, come afferma in un altro luogo Gesù rivolgendosi al Padre celeste: «Le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato» (cf Gv 17,8). In una celebre parabola, Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cf Mc 4,14): coloro che l'ascoltano, l'accolgono e portano frutto (cf Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione che si manifesta già ora in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne. Ecco la potenza della Parola di Cristo.
La Vergine Maria è il segno vivente di questa verità. Il suo cuore è stato «terra buona» che ha accolto con piena disponibilità la Parola di Dio, così che tutta la sua esistenza, trasformata secondo l'immagine del Figlio, è stata introdotta nell'eternità, anima e corpo, anticipando la vocazione eterna di ogni essere umano. Nella sua risposta all'Angelo disse: «Avvenga per me secondo la tua parola» (cf Lc 1,38). Ebbene, facciamo nostra la sua risposta perché, seguendo Cristo sulla via della croce, possiamo giungere pure noi alla gloria della risurrezione. Amen!