Omelia (24-11-2024) |
diac. Vito Calella |
Il regno di Cristo può appartenere anche a noi Il regno di Cristo è la «testimonianza della verità» dell'amore divino per l'umanità Nel contesto del processo di Gesù davanti alle autorità politiche dell'epoca, il vangelo di Giovanni ci presenta Gesù che afferma con certezza: «Io sono re» (Gv 18,37b). Ma allo stesso tempo, Gesù chiarisce al procuratore romano Ponzio Pilato: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18:36). Il regno di Gesù non corrisponde ad un territorio geografico di questo mondo; Gesù non aveva un esercito militare al suo servizio per difenderlo e proteggere i confini del suo spazio fisico, secondo il nostro modo di immaginare le nazioni con i loro regimi monarchici, dittatoriali o democratici. Il regno di Gesù è la «testimonianza della verità» (Gv 18,37b). Proseguendo la lettura e l'ascolto del vangelo, troviamo una domanda aperta, senza risposta da Gesù, posta da Pilato, che disse: «Che cos'è la verità?» (Gv 18,38). Il regno di Cristo è la «testimonianza della verità» di tutto ciò che Egli ha detto e fatto durante la sua missione, verità manifestata nell'evento storico della sua passione, morte in croce e risurrezione. In questo evento possiamo contemplare la «testimonianza della verità» dell'amore di Dio Padre, unito al Figlio, nello Spirito Santo, per tutta l'umanità e per l'intera natura del nostro meraviglioso pianeta Terra, inserito nell'immensità dell'universo creato. Il regno di Cristo è la «testimonianza della verità» della gratuità dell'amore divino, che realizza il progetto di alleanza e di salvezza per tutta l'umanità, secondo la volontà di Dio Padre, compiuta attraverso la passione, la morte in croce e risurrezione del Signore, suo Figlio amato e grazie al dono dello Spirito Santo, che è la forza della gratuità di questo amore divino, già riversato nella corporeità vivente di ogni essere umano. Gesù Cristo non è un re individuale e solitario! Egli «è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra» (Ap 1,5a). Gesù «il testimone fedele», cioè: non ha mai rotto il suo rapporto di comunione con Dio Padre, è rimasto sempre unito a Dio Padre nella relazione di obbedienza alla sua volontà, testimoniando che «Io e il Padre siamo uno» (Gv10,30). Gesù, uno con Dio Padre, «ci ama, perché con il suo sangue [versato nella sua morte sulla croce] ci ha liberati dai nostri peccati» (Ap 1,5b). Il suo regno corrisponde all'esperienza della nostra salvezza; è «essere liberati dai nostri peccati». È la vittoria della gratuità dell'amore divino contro tutte le forze dell'egoismo umano che ci schiavizzano e contro ogni forma di idolatria creata da coloro che, con la loro libertà, hanno deciso di rifiutare di consegnarsi fiduciosamente all'azione creatrice, liberatrice e santificatrice della Santissima Trinità. Il regno di Dio è la «testimonianza della verità» del nostro essere profeti e sacerdoti-servi come Gesù, con fede, speranza e carità. Gesù Cristo non è un re individuale e solitario! Egli condivide la sua regalità con noi che, attraverso la nostra fede, decidiamo di incentrare tutta la nostra vita sull'annuncio pasquale della sua morte e risurrezione, diventando "profeti", poiché vogliamo essere «dalla verità» avendo sempre scelto di «ascoltare la sua voce» (Gv 18,37). Riconosciamo che Gesù è veramente «la via, la verità e la vita» per noi (Gv 14,6)! Crediamo che il culmine della «via» della sua missione umana sia la morte di croce, che rivela tutta la «verità» dell'amore di Dio per l'umanità e la «vita» più forte della morte della gratuità dell'amore divino, perché Gesù è stato resuscitato dalla forza e dal potere dello Spirito Santo. Noi, per Cristo, con Cristo e in Cristo Re, vogliamo essere profeti, cioè annunciatori appassionati dell'evento liberante e santificante della sua morte e risurrezione. Vogliamo perseverare nella fede in Cristo morto e risuscitato, impegnandoci ad essere sempre ascoltatori e operatori della verità della parola di Dio. Gesù Cristo non è un re individuale e solitario! Condivide con noi la sua regalità! Perciò «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre», perché potessimo dare «a lui [uno con il Padre nello Spirito Santo] gloria e potenza nei secoli» (Ap 1,6). In che senso siamo «un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre»? Lo siamo attraverso le nostre opere di carità. Sappiamo che tutto ciò che è fatto per amore, in nome della gratuità dell'amore divino, edifica la comunione e dura eternamente. Lo Spirito Santo, già gratuitamente effuso nel mondo interiore della nostra coscienza umana, viene in aiuto e ci orienta affinché la nostra corporeità vivente, guidata dalla nostra libertà, diventi strumento di relazioni di rispetto verso gli altri, attraverso le opere di misericordia. In Cristo, unico e definitivo sommo sacerdote della nostra salvezza, impariamo a compiere il culto eucaristico domenicale in ogni ambiente della nostra vita quotidiana, essendo uomini e donne «dalla verità» che hanno imparato, «per la misericordia di Dio, a offrire i loro corpi in un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, perché questo è il loro vero culto. Noi, infatti, non vogliamo più conformarci a questo mondo, ma trasformarci, rinnovando il nostro modo di pensare e di giudicare, affinché possiamo distinguere qual è la volontà di Dio, cioè ciò che è buono, ciò che a Lui gradito e perfetto». (Rm 12,1-2). La volontà di Dio Padre è che offriamo la nostra corporeità vivente per dare il pane agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, ospitare migranti e pellegrini, visitare gli ammalati e i carcerati, seppellire i morti, correggere gli erranti, dare buoni consigli, istuire gli ignoranti, consolare gli afflitti, sopportare le ingiustizie dei fratelli e delle sorelle più deboli nella fede e nella carità; perdonare chi ci offende, pregare incessantemente intercedendo per i vivi e per i morti. Solo così Cristo, Re dell'universo, apparirà come Signore della nostra vita e Signore dell'intera storia dell'umanità e di tutta l'opera della creazione, perché oggi Cristo risuscitato si manifesta al mondo, fino al giorno della sua seconda venuta definitiva, attraverso di noi, il tuo corpo ecclesiale! Ciascuno di noi è chiamato a praticare la carità nelle relazioni umane e a rispettare, in nome della gratuità dell'amore divino, tutti gli esseri viventi e gli esseri inorganici della natura, sentendosi "creatura" al servizio della vita. Ecco perché il nostro sacerdozio battesimale, per Cristo, con Cristo e in Cristo, è offerta delle nostre opere di carità; è la presentazione grata della nostra diaconia, del nostro servizio in favorre della vita piena di tutti. Quanto più progrediamo in questa testimonianza profetica di essere ascoltatori e operatori delle parole di Gesù con opere di carità, scopriamo la nostra comune dignità di figli amati di Dio, in cammino come «poveri in spirito» e felici di «essere perseguitati da causa della giustizia del regno di Dio», perché «questo regno ci appartiene» (Mt 5,3.12). Profeti e sacerdoti-servi, come Gesù, non perdiamo la speranza della vittoria, in mezzo a un contesto globale dove l'umanità sembra impazzire confidando nel potere delle armi, del denaro e di quelle personalità che esaltano prepotentemente il proprio egoismo. Nella visione del libro di Daniele appare la figura di un «un figlio d'uomo, che giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto» ( Dn 7,13-14). Questa figura corrisponde a Gesù Cristo morto e risuscitato, Re dell'universo, il quale però condivide il suo regno eterno con noi, figli amati dell'Altissimo, poiché in Dn 7,27 si legge: «il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbediranno». Questa è la nostra speranza: vivendo qui su questa terra per Cristo, con Cristo e in Cristo, come profeti e sacerdoti-servi, dopo la nostra morte, regneremo tutti insieme nella comunione con la Santissima Trinità e con tutti i santi. Proprio così: grazie all'azione dello Spirito Santo dentro di noi, non vogliamo sprecare la nostra esistenza terrena, diventando schiavi delle vanità del nostro egoismo e delle idolatrie terrene che noi stessi, esseri umani, abbiamo creato in modo illusorio, perché per noi solo Cristo è «l'Alfa e l'Omega colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente» (Ap 1,8). |