Omelia (23-11-2024)
don Giampaolo Centofanti
Commento su Luca 20,27-40

Oggi di questo brano evidenzio l'esistenza anche al tempo del regno di Israele di alcune tendenze che si ritrovano in tutte le epoche della storia, almeno occidentale. La tendenza alla teoria astratta, che può fare capo per esempio a Platone, e la tendenza alla fuga da queste astrazioni nel pragmatismo, che può fare capo ad Aristotele. Anche allora vi erano per esempio i farisei, impelagati in mille dottrine astratte o gli esseni probabilmente più o meno chiusi in uno spiritualismo variamente disincarnato e invece da un altro lato vi erano appunto i sadducei chiusi in una visione pratica della vita che finiva per esempio per non credere alla resurrezione dei morti. È Gesù la vera novità della storia, la vera chiave che scioglie i nodi vitali, culturali, sociali, di ogni epoca. Tra il Padre e il Figlio vi è lo Spirito Santo, tra la teoria e la pratica vi è appunto il manifestarsi graduale e delicato dello Spirito, a misura dell'autentica crescita di ciascuna persona. Qui si trova la giusta composizione tra gli estremi di chi vuole imporre meccanicamente i riferimenti della fede e chi per evitare queste astrazioni li rifiuta, li mette in un cantuccio. Invece Gesù dice che la Parola è un seme, non è una regola meccanica, essa matura gradualmente a tempo debito nel cuore di una persona orientandola verso una vita rinnovata, in una crescita dove l'umanità respira a pieni polmoni e non è calpestata da regole astratte ma è portata da questo seme di grazia verso la pienezza della vita, la pienezza dei riferimenti della fede.