Omelia (21-02-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Per la via i discepoli avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora Gesù, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato". Come vivere questa Parola? "Parlava a dei sordi" – dice sant'Agostino commentando il vangelo odierno a proposito dei discepoli che "non comprendevano" l'annunzio del tradimento, della passione, della morte e risurrezione del Signore. Questa loro incapacità tuttavia non deve stupire più di tanto. Ciò che invece appare strano è il loro timore di chiedere spiegazioni. A ben riflettere, tuttavia, anche questa è una reazione comprensibile. Qui non tratta di parabole da chiarire in privato, ma del mistero di Dio che passa attraverso la croce, di una prospettiva che cozza contro il buon senso umano. Di più, è una prospettiva che stride con i meschini immediati interessi dei discepoli: "Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande". Ecco perché non osano chiedere spiegazioni: il tema della loro discussione è in netta contraddizione con l'annuncio di Gesù! Qual è il messaggio per noi? Non ci accada, come ai discepoli, di essere sorpresi nei lacci dell'arrivismo, del voler essere i primi e i migliori, a tutti costi. Soprattutto non ci capiti di spezzare il filo del dialogo con il Signore, diventando sordi alla Sua Parola, per non essere scomodati, messi in discussione, scrollati dal nostro egoismo. Oggi, nella mia pausa contemplativa, faccio in preghiera una sorta di esame audiometrico per verificare il mia sensibilità uditiva in ordine alle provocazioni del Vangelo: Qual è il posto che ambisco nel consesso degli uomini: l'ultimo o il primo? Mi faccio servo di tutti? Rendimi libero, Signore, da ogni forma di avidità e pretesa: primeggiare sugli altri, voler dire sempre l'ultima parola, essere servito. Purifica il mio cuore perché sappia essere semplice e puro nel girotondo dei bambini del regno. . La voce dei maestri Zen Nan-in, un maestro Zen, ricevette un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il thè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il thè, poi non riuscì a contenersi. "E' ricolma. Non c'entra più!". "Come questa tazza", disse Nan-in, "tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?" |