Omelia (24-11-2024) |
don Antonino Sgrò |
La responsabilità della verità Giovanni dedica circa un terzo del racconto della passione al confronto con Pilato. Il processo davanti al procuratore romano ci illumina sulla verità di Dio e dell'uomo che, pur potendo sembrare spesso inconciliabili, da quando Cristo si è incarnato si sono incontrate nell'amore fino a identificarsi perfettamente. Pilato si muove tra dentro e fuori il palazzo in una sequenza di sette scene, rivolgendo all'imputato diverse domande, perché è proprio della Verità lasciarsi interrogare per poi consegnarsi a chi la cerca con cuore sincero. È suggestivo il «tu» iniziale del governatore in posizione enfatica, quasi a dire: ‘Guardati, ridotto come sei, tu saresti re?'. Non è più una domanda sull'identità politica o religiosa dell'accusato, la cui vista toglie subito ogni timore sulla sua pericolosità, quanto piuttosto un quesito sull'uomo nella sua dignità: può dire qualcosa un uomo così? Eppure, finché ogni volto sfigurato avrà ancora il potere di impressionare o commuovere qualcuno, potremo dire che la società, per quanto inselvaggita, non ha perso del tutto la sua carica di umanità. Il problema è che non basta l'empatia dinanzi alla sofferenza altrui, ma occorre assumersene la responsabilità, prendere posizione dinanzi alla verità, cosa che non farà Pilato, il quale non si lascerà possedere da essa, e per questo passerà alla storia come colui che si lava le mani. La monarchia nella storia di Israele aveva gravemente calcato la mano sul popolo. Nata come espressione del desiderio di Israele di essere come tutte le altre nazioni, faceva trapelare nella sua genesi la tentazione di sottrarsi alla volontà del Signore per mancanza di fiducia nella sua guida, come denuncia il profeta Samuele. Difatti la scelta di mettere in dubbio il primato di Dio si rivelò scellerata, come si evince in 1Sam 8,11-17 con il cosiddetto ‘diritto del re', in cui il sovrano prende i giovani per l'esercito, le giovani per le funzioni di corte, ecc., rendendo in certo senso schiavi, mentre Yhwh libera il popolo dalla servitù egiziana. Bisogna dunque pensare bene alle conseguenze delle nostre azioni prima di decidere! Cosa muove le nostre scelte? Gesù porta Pilato, e con lui tutti noi, a fare discernimento: sono i capi giudei a muoverlo o il suo pensiero è libero? Il procuratore respinge con sdegno la prima ipotesi, ma in realtà il suo giudizio non è privo di condizionamenti, e il fatto che egli non risponda alla domanda del suo interlocutore rivela l'incapacità di esaminare se stesso dinanzi a una verità diversa che comincia ad emergere. Quanta gente vediamo fuggire dinanzi alla verità! Fugge chi ha costruito una posizione sociale o addirittura la propria immagine su menzogne o ambiguità, che presto o tardi impallidiscono dinanzi al fulgore della verità. Quando un coniuge fugge da un matrimonio che si potrebbe invece recuperare, perché non vuole affrontare la fatica di riprovarci, la cura può essere peggiore della malattia, perché rischierà di mendicare amori adolescenziali e di intristire i figli. Si tratta di rimanere nella verità, anche se essa è diversa da come la si immaginava, dandosi il tempo di comprenderla. È ciò che dovrebbe fare Pilato, il quale è chiamato a pronunciarsi su un'accusa che chiaramente non regge, ma soprattutto ad assistere alla rinuncia di una prerogativa naturale: un uomo che sceglie di non difendersi. È proprio il confronto con la novità assoluta che Gesù porta con la sua testimonianza non violenta a costituire uno stimolo per noi su quanto siamo disposti ad accogliere e a farci determinare dalla novità cristiana. «Il mio regno non è di questo mondo». Se davvero crediamo a questa suprema rivelazione di Cristo, inevitabilmente siamo chiamati a verificarci sulla nostra libertà da questo mondo e dalle sue menzogne. È qui che il Nemico si insinua con armi completamente diverse da quelle di Gesù. Mentre il Figlio è disarmato e detiene solo la verità dell'amore del Padre che lo rende libero dinanzi ai suoi detrattori, il Maligno fornisce all'uomo, oltre al potere e alla violenza, un'arma molto più silente e pericolosa: la volontà di non ascoltare. La fuga, di cui abbiamo parlato, si manifesta soprattutto col chiudere il cuore alla voce del Bene. «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce», dice Gesù. La voce della verità ha il timbro dei poveri e dei deboli, ci ha testimoniato il Maestro, e ogni servizio che il cristiano voglia rendere alla verità non può prescindere dall'ascolto dei bisogni soprattutto di coloro che, come Cristo, soffrono da innocenti perseverando fino alla fine. |