Omelia (05-12-2024) |
Missionari della Via |
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli». Con queste parole Gesù ci ammonisce dicendoci che non basta nominarlo, dire il suo nome, ma bisogna fare la volontà del Padre. Quante volte possiamo invocare il nome di Gesù con il rischio di trasformarlo in una parola magica, come se il solo nominarlo ci garantisce la salvezza. Possiamo correre il rischio di partecipare ad innumerevoli momenti di preghiera, catechesi, pellegrinaggi ma rimanere sempre in superfice delle cose, senza che la sua Parola diventi in noi vita vissuta. Possiamo pensare di conoscere il Signore senza avere, in realtà, un vero rapporto con Lui. Quale tragedia essere considerati da Lui degli stolti. Infatti chi non pone fondamenta solide alla sua vita spirituale, cioè chi ascolta la Parola del Signore ma poi non la pratica, alla minima difficoltà, dinanzi alle inevitabili prove che la vita presenta, si ritroverà "senza casa", cioè incapace di affrontare la vita. Perciò Gesù ci dà le giuste indicazioni perché ciò non avvenga e con l'immagine della casa porta avanti il suo discorso in modo chiaro, semplice, concreto, dinanzi al quale possiamo chiederci: e noi su che cosa abbiamo poggiato la nostra vita? Quali sono le cose che pensiamo siano irrinunciabili? A cosa e a chi stiamo chiedendo la vita? «L'uomo saggio è quello che costruisce la dimora della propria intimità su basi solide, sulla roccia, quella roccia che è il Cristo (cfr 1Cor 10,4). Sylvain Tesson nel suo libro Nelle foreste siberiane racconta la sua esperienza di sei mesi in una capanna siberiana, sulla sponda del lago Bajkal. Racconta che la capanna scricchiolava come una scatola di fiammiferi agitata durante le fortissime tempeste di neve. E nonostante questo tribolare, la capanna è rimasta lì a rendere possibile la sua vita in quelle terre difficili da abitare. Anche se dopo la tempesta la nostra capanna è da riparare, resta però la certezza che non cadrà. Per avere quella resistenza deve affondare le sue fondazioni nella vita di Gesù. L'immagine di costruire sulla roccia richiama anche la fatica dello scavo, l'impegno di scendere in profondità. Non basta la superficie, non basta la leggerezza di un nome pronunciato, ci vuole lo sforzo di una vita riconosciuta e la volontà di seguirla. Questa la sfida per essere profeti» (frate Elia). |