Omelia (07-12-2024) |
Missionari della Via |
Commento al Vangelo Gratuità, gratitudine, come sono cadute in disuso queste parole. Spesso tutto ciò che si fa lo si fa per un tornaconto. Per il bene fatto ci si aspetta sempre una ricompensa; quante volte ci si lamenta dicendo: "io ho fatto tanto per lui, e adesso che io ho bisogno neanche una telefonata!". Certo, uno si aspetta almeno un gesto di vicinanza, ma richiederlo per il bene compiuto toglie quel senso di gratuità per il bene che per grazia di Dio si è fatto. Un giorno, durante una missione in un centro commerciale, una commessa si avvicinò a noi e ci disse: "bello quello che fate, ma chi vi paga?". "Nessuno", risposemmo, "lo si fa per amore, gratuitamente!". A queste parole lei, alquanto sorpresa e incredula, così concluse: "avanti, non vi credo, perché nessuno oggi fa niente per niente!". Che tristezza constatare che oggi anche l'amore ha un prezzo. Quando si riceve un dono, non si vede l'ora di ricambiare per non avere un debito per cui sentirsi mancante. Questo lo facciamo spesso anche con il Signore quando, ad esempio, pensiamo di meritare quello che riceviamo con le nostre preghiere e i nostri piccoli grandi sacrifici! Ma cosa mai potremmo dare al Signore per ricambiare quello che ha fatto per noi?! Forse potremmo pagare il suo sangue versato per noi? Forse potremmo ricambiare il fatto che Dio si è fatto uomo, ultimo con gli ultimi? Chiediamo al Signore il dono di amare, di dare gratuitamente senza cercare nessun tornaconto, perché gratuitamente abbiamo ricevuto il bene più grande! «Latte e lana, questi sono i due vantaggi che cercano dalla gente quei pastori che pascono se stessi e non le pecore: risorse per sopperire alle proprie necessità e riguardi particolari consistenti in onorificenze e lodi. Quando siamo preoccupati solo del latte, pensiamo al nostro tornaconto personale; quando cerchiamo in modo ossessivo la lana, pensiamo a curare la nostra immagine e ad aumentare il successo. La preoccupazione, allora, si concentra sull'"io"... la lode ricevuta per sé stessi invece che per la gloria di Dio. Questo accade nella vita di chi scivola nel clericalismo: perde lo spirito della lode perché ha smarrito il senso della grazia, lo stupore per la gratuità con cui Dio lo ama, quella fiduciosa semplicità del cuore che fa tendere le mani al Signore, aspettando da Lui il cibo a tempo opportuno (cfr. Sal 104, 27), nella consapevolezza che senza di Lui non possiamo far nulla (cfr. Gv 15, 5). Solo quando viviamo in questa gratuità, possiamo vivere il ministero e le relazioni pastorali nello spirito del servizio, secondo le parole di Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10, 8). Il clericalismo, lo sappiamo, può riguardare tutti, anche i laici e gli operatori pastorali: si può assumere infatti "uno spirito clericale" nel portare avanti i ministeri e i carismi, vivendo la propria chiamata in modo elitario... sviluppando legami possessivi nei confronti dei ruoli nella comunità, coltivando atteggiamenti boriosi e arroganti verso gli altri. E i sintomi sono proprio la perdita dello spirito della lode e della gratuità gioiosa, mentre il diavolo s'insinua alimentando la lamentela, la negatività e l'insoddisfazione cronica per ciò che non va, l'ironia che diventa cinismo. Ma così ci si fa assorbire dal clima di critica e di rabbia che si respira in giro, anziché essere coloro che, con semplicità e mitezza evangeliche, con gentilezza e rispetto, aiutano i fratelli e le sorelle a uscire dalle sabbie mobili dell'insofferenza» (papa Francesco, Lettera ai Sacerdoti della Diocesi di Roma 7 agosto 2023). |