Omelia (24-12-2024)
Missionari della Via


Zaccaria, incredulo all'annuncio dell'Angelo che avrebbe avuto un figlio, e per questo rimasto senza parole, guarisce dal suo mutismo solo quando si apre al nuovo di Dio: «All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio». Zaccaria manifesta tutta la sua gioia attraverso quello che noi chiamiamo il Benedictus: «Cantare l'inno di Zaccaria, padre di Giovanni il Battista, significa avere un occhio rivolto all'Antico Testamento ma anche essere ben saldi sulla soglia del Nuovo. Il Benedictus, infatti, è l'annuncio dell'inizio di una nuova era: quella della luce e del compimento delle promesse antiche. Il nome Zaccaria significa "il Signore ricorda". Il suo canto (Lc 1, 68-79) ha la funzione di disporci a celebrare il memoriale del Signore fedele: le attese di Israele sono esaudite. Il Signore è benedetto perché ha visitato e redento il suo popolo» (A. Magnante).

«Il Signore ha visitato». Quanto è bella questa parola che ci dice l'atteggiamento di Dio che si prende cura in ogni momento di noi. Egli continuamente ci viene a visitare. Quante volte proviamo quella grande emozione, quel grande desiderio di incontrare la persona amata. Quale trepidazione quando la persona che attendiamo ritarda, quale gioia proviamo nel vederla quando arriva, quasi la rimproveriamo per averci fatto attendere, per averci fatto sperimentare un po' più a lungo la sua mancanza. Attendere di essere visitati: non è forse la condizione di attesa di tanti genitori che hanno i figli lontani? Attendono di essere visitati. Non è forse la condizione di tanti ammalati, di persone sole, di anziani rinchiusi in un ospizio e quasi abbandonati e dimenticati? Attendono, sperano di essere visitati. Noi, spesso, chiusi nel nostro egoismo, siamo incapaci di visitare le persone sole; basterebbe poco, a volte anche solo una telefonata. Ecco, Dio, a differenza di noi, sempre ci visita, non si dimentica di noi. Guardiamo allora Lui, il suo agire verso di noi e magari inizieremo a comprendere sempre più l'importanza di visitare i soli, gli ammalati, i dimenticati.

«Insegnare ai ragazzi il valore delle parole è praticamente impossibile, se partiamo dalle parole, perché oggi per impararlo è necessario partire da ciò che genera la parola, il silenzio. Può sembrare paradossale, ma se oggi abbiamo parole che non hanno più presa sulla realtà è perché sono diventate parole-simulacro, parole che non dicono nulla sulla realtà, non aprono la vita. E invece la vita è lì, nascosta dove la meraviglia l'ha manifestata: Aristotele diceva infatti che l'inizio del filosofare - ma anche della conoscenza scientifica - viene sempre dalla meraviglia. E la meraviglia obbliga al silenzio, perché se assisto a qualcosa di straordinario devo stare in silenzio e interrogarmi: allora sì che comincerò a scavare e a cercare la parola giusta per raccontare il nodo della vita che ho ricevuto in quell'incontro. Io farei quindi una bella educazione al silenzio, alla riscoperta dei momenti di vera meraviglia, per poi andare a caccia di parole che siano in grado di nominare il contenuto di vita che ho intercettato» (Alessandro D'Avenia).