Omelia (25-12-2024)
Missionari della Via


In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Lc 2,15-20).

Il Vangelo di questo giorno di Natale ci presenta il Prologo di Giovanni. In questo Prologo si intrecciano concetti bellissimi; vita, luce, realtà creata, e tutto questo a cascata dall'origine, da Dio stesso. Tra i tanti spunti ne vogliamo cogliere due: il primo è che il Verbo si è fatto carne; il secondo è l'esercizio della nostra libertà nell'accoglierlo o meno.

Quest'inno ha il suo punto nodale nel versetto 14: «il Verbo si fece carne e venne in mezzo a noi» Ecco, noi parliamo di una persona concreta, non di un mito, ma di una persona dotata di carne: è carne come noi, ha abitato in mezzo a noi e, dice Giovanni, «noi abbiamo contemplato la sua gloria». Ovvero sia, noi abbiamo da incontrare questa persona concreta. Comprendiamo non solo che Dio si è fatto uomo, ma in quali condizioni si è fatto uomo: Lui si è fatto ultimo tra gli ultimi! Dio non è un concetto da capire, ma un bimbo nato in un posto umile che ha vissuto la nostra vita. Se noi contempliamo fino a dove Lui arriva a spendersi per noi, noi comprendiamo chi siamo, quanta dignità abbiamo, quanto Lui ci ama, quanto gli stiamo a cuore. Contemplare la gloria di Dio vuol dire contemplare come Dio è veramente. La gloria di Dio si manifesta nella sua debolezza, nel suo farsi bambino, nella sua povertà, nella sua morte di croce per amor nostro. «E il Verbo si fece carne». Dio ricomincia da Betlemme. Il grande miracolo è che Dio non plasma più l'uomo con polvere del suolo, dall'esterno, come fu in principio, ma si fa lui stesso polvere plasmata, bambino di Betlemme e carne universale. E se tu devi piangere, anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire, anche lui conoscerà la morte. Da allora c'è un frammento di Logos in ogni carne, qualcosa di Dio in ogni uomo. C'è santità e luce in ogni vita. E nessuno potrà più dire: qui finisce la terra, qui comincia il cielo, perché ormai terra e cielo si sono abbracciati. E nessuno potrà dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perché creatore e creatura si sono abbracciati e in quel neonato, a Betlemme, uomo e Dio sono una cosa sola» (p. Ermes Ronchi).

Il secondo punto ci parla dell'esercizio della nostra libertà nell'accoglierlo o meno. «A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio». Ecco l'annuncio meraviglioso: accogliere Gesù nella mia vita, fa sì che possa sbocciare in me quella bellezza sognata da sempre dal Creatore, quell'essere figlio del Padre creato ad immagine e somiglianza di Dio, modellato su Cristo che si è fatto uomo come noi. Qui è il punto: accoglierlo sul serio oppure no!

«È in questa accoglienza che si gioca il senso del vivere. Più che senso, è meglio dire sapienza. Cioè sapore, gusto. Il sale nella minestra: quello che manca oggi... Di questo senso, di questo orientamento decisivo, di questo intimo significato delle cose, di questo profondo perché, oggi sentiamo tutti un incredibile bisogno. Scoprire, sotto lo scorrere dei grani del tempo, il filo nascosto che articola i giorni, senza frantumarli in monadi chiuse. Leggere, sotto la scorza degli avvenimenti, tristi o luttuosi, la tensione ultima che li lega al Regno. Udire la voce segreta che geme nell'universo, sofferente per i travagli del parto. Intuire che i frammenti di gioia che si sperimentano quaggiù fanno parte di un mare di felicità, in cui un giorno faremo tutti naufragio. Percepire che il nostro vuoto può essere riempito solo «dalla sua pienezza» (Gv 1, 16). È così grande il dono, che san Paolo sente il bisogno di chiedere per tutti da Dio questo «spirito di sapienza» (Ef 1, 17). A noi non resta che augurarci che «possa egli davvero illuminare gli occhi della nostra mente per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati». Se le cose stanno così, benvenuta «tenda di Dio in mezzo a noi»! (don Tonino Bello).