Omelia (29-12-2024) |
Missionari della Via |
Questa domenica celebriamo la festa della Santa Famiglia che ci ricorda la bellezza e l'importanza di essere famiglie unite, dove regna l'amore, perché «la famiglia è la prima scuola di pace [e di amore], e i bambini porteranno nella società quello che hanno vissuto in famiglia» (san Giovanni Paolo II). È significativo, a tal riguardo, il racconto di un'esperienza che un giorno visse Madre Teresa: «Non dimentico mai l'opportunità che ebbi di visitare una casa dove tenevano tutti questi anziani genitori di figli e figlie che li avevano semplicemente messi in un istituto e forse dimenticati. Sono andata là, ho visto che in quella casa avevano tutto, cose bellissime, ma tutti guardavano verso la porta. E non ne ho visto uno con il sorriso in faccia. Mi sono rivolta alla sorella e le ho domandato: come mai? Com'è che persone che hanno tutto qui, perché guardano tutti verso la porta, perché non sorridono? Sono così abituata a vedere il sorriso nella nostra gente, anche i morenti sorridono; e lei disse: questo accade quasi tutti i giorni, aspettano, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli. Sono feriti perché sono dimenticati - e vedete, è qui che viene l'amore. Come la povertà arriva proprio a casa nostra, dove trascuriamo di amarci. Forse nella nostra famiglia abbiamo qualcuno che si sente solo, che si sente malato, che è preoccupato, e questi sono giorni difficili per tutti. Ci siamo per accoglierli, c'è la madre ad accogliere il figlio? Sono stata sorpresa di vedere in Occidente tanti ragazzi e ragazze darsi alle droghe, e ho cercato di capire perché - perché succede questo, e la risposta è: perché non hanno nessuno nella loro famiglia che li accolga. Padre e madre sono così occupati da non averne il tempo». Dal vangelo di questa domenica vogliamo cogliere due ulteriori aspetti: compiere la volontà del Padre e custodire le cose belle nel proprio cuore. Gesù, alla domanda di Maria «perché ci hai fatto questo» mette al di sopra di tutto l'importanza del fare la volontà del Padre: «non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Da questa risposta è chiaro che «La vocazione di Gesù non è quella di essere solamente a servizio di una pur santa famiglia di creature umane, ma quella di essere a disposizione del Padre celeste» (card. G. Ravasi). Questo dovrebbe essere anche il nostro desiderio più grande. I legami familiari, per quanto importanti, non devono ostacolare l'adempimento della nostra missione, quel progetto che Dio ha su di noi sin dall'eternità, nel quale c'è la nostra e l'altrui felicità. Tanti vivono per non deludere "mammà e papà", ma c'è di più! C'è un Padre che ci ama e ci affida una missione, molte volte diversa da quella che hanno pensato i genitori per noi. Dio "scommette" su ciascuno di noi, ha assegnato un compito specifico a ciascuno di noi, un servizio ben definito: «io ho la mia missione sono un anello in una catena, un vincolo di connessione fra persone. Egli non mi ha creato per niente. Farò il bene, compirò la sua opera; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità proprio nel mio posto» (San J.H. Newman). Dopo la risposta difficile di Gesù («Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»), è scritto che sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. Maria collega gli eventi, se ne impossessa e li custodisce nel suo cuore. Il cuore è la zona della fede, la zona del rapporto con Dio, è il centro dell'essere, come ad esempio quando diciamo: "andiamo al centro del discorso!" Ecco, quando vogliamo andare al centro, noi abbiamo un luogo per vivere, confrontare, serbare, tesorizzare l'opera di Dio, è quello il luogo della relazione con Lui. Noi abbiamo con la parte sensitiva la cura del nostro corpo, e con la parte psichica la cura delle nostre relazioni collegate al nostro carattere, alla nostra memoria... Ma tutto ciò è incompleto, c'è una zona più profonda spesso non ispezionata dalla maggioranza delle persone: è la dimensione spirituale, dove avviene la relazione con Dio che sta nella parte più profonda del nostro cuore. Nella parabola del Padre misericordioso, il figliol prodigo ad un certo punto sta scritto che «rientrò in se stesso». Dove stava prima? Fuori di sé, stava fuori dal suo cuore. Ora anche noi, per tanti motivi, siamo spesso fuori dal nostro cuore, viviamo in superficie. Allora per ritrovarci, per ritornare all'origine buona, per incontrare il Signore, occorre che facciamo questo viaggio interiore, occorre che rientriamo in noi stessi! La nostra felicità è quando siamo guidati dalla parte più profonda e bella di noi! Anche su questo Maria ci è da modello, ella è sempre in connessione col suo cuore, con la parte più profonda di sé. |