Omelia (01-12-2024)
don Giacomo Falco Brini
Lui ritorna, ritorna anche tu

All'inizio del tempo di Avvento, la chiesa ci fa leggere un testo evangelico che (nel suo contesto) ci parla della fine del Tempio di Gerusalemme e della fine del mondo. Il discorso di Gesù prende le mosse da alcuni che, pur avendo ascoltato di lì a poco la raccomandazione del Maestro a guardarsi da una religiosità apparente e priva di interiorità, rimangono estasiati per le pietre preziose e i doni votivi del Tempio di Gerusalemme, ricevendo subito dal Signore la tremenda profezia della sua distruzione. Alla richiesta di essi circa il tempo di detta distruzione, Gesù avvia quello che chiamiamo un discorso "escatologico", poiché la fine di Gerusalemme annunciata diventa come un'anticipazione della fine del mondo, senza però che si riesca a distinguere nettamente questa da quella. Il messaggio che c'è dentro è tuttavia semplice. Non importa se la fine del mondo è vicina o lontana nel tempo. Quel che importa è che occorre essere sempre pronti per la venuta del Signore. Il suo ritorno è certo. Quel che importa è capire cosa significhi vegliare in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo.
In ogni epoca c'è sempre stato chi si sente investito da un sacro furore per annunciare l'imminenza della fine del mondo, offrendo addirittura puntuali coordinate spazio-temporali secondo gli eventi catastrofici naturali o umani che ci circondano. Insomma, c'è sempre un Nostradamus di turno. Anche il nostro tempo offre sufficienti stravolgimenti che possono indurre più di qualcuno a dire che siamo vicini alla fine. In realtà noi siamo sempre vicini alla fine: quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. Eppure Gesù profetizza sul fatto che una parte dell'umanità vedrà accrescere la sua ansia e paura di vivere, a causa dei molteplici disastri che si abbatteranno sul pianeta: gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Il suo obiettivo però, non è quello di far crescere l'angoscia tra gli uomini, quanto piuttosto di farci concentrare su ciò che dona alla nostra vita più fiducia e speranza. Insomma, se per alcuni gli stessi sconvolgimenti diventano fonte di ansia e paura, per i cristiani sono solo il segno della vicinanza di Dio e della realizzazione della sua promessa di liberazione dal male.
Il punto capitale dell'istruzione del Maestro, affinché non si venga inghiottiti da questa crescente spirale di paura, ma si possa restare sereni e speranzosi davanti a quanto accade attorno a noi, è concentrato nei versetti 34-36. Gesù si raccomanda di stare attenti a noi stessi, il che significa che prima di tutto l'attenzione del discepolo non deve dirigersi verso gli eventi esterni. Il nostro cuore è la prima realtà di cui occuparci, poiché continuamente minacciato da dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita che l'appesantiscono. Nella grande desertificazione spirituale odierna, rischiamo di vedere il male agire sempre fuori da noi, mentre Gesù invita i suoi a occuparsi di sé stessi, perché nessuno è indenne dalla sua azione; se infatti non si coltiva questa attenzione verso sé stessi, quel giorno ci piomberà all'improvviso. Quel giorno si riferisce alla sua seconda venuta, che si può intendere sia come la sua venuta gloriosa per il giudizio finale sull'umanità, ma anche la sua venuta alla nostra morte. Ecco allora che, mentre il discepolo impara a vivere un'attesa serena difronte alle incipienti catastrofi umane e naturali, chi non si occupa di quanto avviene nel proprio cuore e si lascia trascinare dalle preoccupazioni del mondo, vivrà un'attesa diametralmente opposta, dominata dalla paura di quanto deve accadere.

Se quel giorno si riferisce al ritorno certo del Signore, un dato di fede confermato in lungo e largo dal Nuovo Testamento, allora questa certezza sarà per alcuni liberazione e salvezza, per altri invece un giudizio severo e senza riguardi, tanto che Luca sente il bisogno di concludere invitando a pregare per trovare la forza di comparire davanti al Figlio dell'uomo. Un giudizio che avverrà sulla base della posizione che si assume nel presente nei confronti di Gesù Cristo, come si dice in Lc 9,26: chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando ritornerà nella sua gloria. Il giudizio di condanna sarà per tutti coloro che hanno rifiutato il Re della verità e dell'amore, provandone vergogna, perché si è preferita la via dell'egoismo, perché si è amata la via della violenza e del successo cercato a qualunque costo. Alla luce di quanto stiamo dicendo, ne consegue che ogni istante della nostra vita è preziosissimo, perché pieno di infinite possibilità per prendere posizione nei confronti del Signore e ritrovare la strada da Lui percorsa. Una conversione da riprendere in questo tempo di Avvento a partire dalla preghiera, senza della quale non si può avere la forza per compiere ciò che ci proponiamo: vegliate in ogni momento pregando, diventa alla lunga un "modus vivendi" propriamente cristiano.