Omelia (08-12-2024) |
Agenzia SIR |
La danza della docilità Il brano del Vangelo di oggi ci fa contemplare la tenacia della divina parola che, malgrado l'iniziale disobbedienza, desidera attecchire nel cuore dei suoi figli più docili e fruttificare abbondantemente. La divina parola bussa alle porte di una casa di una periferia sconosciuta, Nazaret. Da informativa essa vuol farsi performativa e compiersi nella storia. Il messaggero divino, nel cui nome si manifesta la forza di Dio (Gabriele significa «Dio è forte»), fa irruzione nella vita di una donna che sta costruendo il suo futuro: Maria. Dopo aver vissuto la prima fase del matrimonio con Giuseppe, questa giovane si prepara a completarne le tappe quando, all'improvviso, risuona in lei una parola che la spiazza facendo tremare il suo progetto coniugale sin dalle fondamenta. L'angelo la saluta con una parola che rimanda alle profezie che segnano la fine dell'esilio e l'inizio dei tempi messianici: «Gioisci» (cf. Sof 3,14-18). La gioia rimanda all'alleanza, alla restaurazione di un vincolo che il peccato ha infranto. Vi è l'annuncio del ripristino dell'alleanza perché Maria è l'esempio di un Israele che si è lasciato scavare l'orecchio e accendere i desideri del cuore dalla divina grazia per diventare un capolavoro di bellezza tra le mani del divino vasaio. Maria, come accade in ogni storia d'amore, riceve un nome nuovo, cioè «piena di grazia» o meglio "trasformata dalla grazia", "duttile alla grazia", che dice tutta la passione di Dio per la sua creatura. Questa effusione calda d'amore travolge Maria che si sente destabilizzata e dialoga interiormente, discernendo quanto le sta accadendo. La sua perplessità incontra una parola che porta con sé un progetto del tutto inedito: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e... il suo regno non avrà fine» (Lc 1,30-33). La vita di una giovane donna, che non ha peso nella società ebraica del suo tempo, acquista peso dinanzi a Dio e riceve la più grande delle missioni. Di fronte all'evento inaudito che si prepara dinanzi a lei, Maria si chiede «come avverrà?» e l'angelo le prospetta la sua personale Pentecoste: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35). Lo Spirito di Dio può operare l'impossibile e mostrare che Dio è Signore della storia e della vita. Dio è come «ombra», presenza che non schiaccia, ma copre delicatamente la sua creatura, l'avvolge, la trasforma, la plasma e la feconda. Il mistero del Dio che vuol farsi uomo inoltre passa da garanzie che Maria non deve reperire nell'alto dei cieli, ma nella cerchia del suo parentado: la firma di Dio sulla verità della sua promessa si trova sul grembo gravido di una sua parente, Elisabetta, la sterile che diventa madre contro ogni speranza. E Maria abbraccia il suo destino, la sua missione, abbracciando così tutta la storia e il destino di tutta l'umanità. Nell'adesione di Maria alla parola dell'angelo vi è un sì pieno e sonoro, un atto di resa che non sa di passività ma di forza, coraggio e fede: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Maria si fa missionaria come tutti i grandi chiamati del suo popolo, come il servo del Signore di Isaia chiamato ad essere luce delle nazioni, espropriato per essere dono e offerta per il mondo. Anche noi battezzati siamo provocati dalla Parola a esercitarci nella danza della docilità, per essere teneri dinanzi a Dio, elastici in rapporto ai passi della sua volontà, morbidi e miti nelle relazioni con i nostri fratelli e sorelle in umanità. Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista |