Omelia (08-12-2024) |
diac. Vito Calella |
Abbiamo sperato in Cristo, come Maria e con Maria In questo tempo di Avvento vogliamo rinnovare il nostro impegno ad essere «coloro che sperano in Cristo a lode della sua glória» (Ef 1,12). Si avvicina l'apertura del giubileo della speranza e la parola di Dio di questa solennità in onore della Immacolata Concezione, di Maria esorta tutti i cristiani a riconoscere che Gesù Cristo è l'unico e vero signore della loro vita, come è proclamato nella benedizione del canto della lettera agli Efesini: Dio Padre «ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,9-10). In Maria, concepita senza peccato originale, abbiamo il modello di chi sa «riporre la sua speranza in Cristo», tenendo conto che la radice del male del peccato originale accompagna costantemente la nostra vita terrena, come ci insegna l'esperienza di Adamo ed Eva. Come ha potuto Maria «sperare in Cristo»? Maria ha accettato di farsi serva, lasciando che lo Spirito Santo agisse in lei con pazienza e silenzioso rispetto per la dinamica del "già ma non ancora" del tempo della salvezza dell'umanità e della realizzazione del Regno di Dio nella storia. Maria accettò di essere "serva" Maria non si è mai preoccupata della piccolezza della sua condizione umana, non ha mai reclamato per la povertà della sua condizione sociale; ha accettato la fragilità e la vulnerabilità di essere una creatura umana e una donna. Imparò dai genitori e dai familiari e amici del villaggio di Nazaret a riconoscere la grandezza e l'azione provvidente e misericordiosa del Dio d'Israele, Dio creatore, liberatore e santificatore. Tutto si riassume nel tuo "sì" all'annuncio dell'angelo, mettendoti a disposizione del progetto divino di salvezza come "serva", senza cadere nella trappola di difendere la tua libertà per esaltare il tuo "io". Perciò disse: «Ecco la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola!». (Lc 1,38). Adamo ed Eva, a differenza di Maria, volendo mangiare i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male, rappresentano tutta quella parte dell'umanità che cade nell'illusione della libertà assoluta, confidando nella capacità e nell'audacia di decidere, ciascuno per conto proprio, cosa è bene e cosa è male. Adamo ed Eva rappresentano quelle persone che si vergognano della propria nudità, cioè della propria fragilità. Il peccato originale consiste nel confidare troppo nelle proprie capacità umane di discernimento e di decisione, senza mangiare i frutti dell'albero della vita, che rappresentano la Parola di Dio. Maria ha permesso allo Spirito Santo di agire in lei Nell'umiltà della sua condizione umana, Maria ha goduto perfettamente, durante tutta la sua esistenza terrena, della meravigliosa dignità di «figlia amata di Dio» ed ha vissuto la santità mettendo la sua corporeità vivente, con tutti i suoi doni, a disposizione della forza divina dello Spirito Santo. Maria non è mai stata "piena di sé", ma ha imparato a vivere la quotidianità «piena di grazia», facendo l'esperienza di rendersi conto «che Dio era sempre con lei» in ogni momento della sua vita, sia nella prosperità, sia nelle fasi difficili e dolorose (cfr Lc 1,28b). Maria è certamente la creatura umana che ha assaporato intensamente la prima e la seconda benedizione trinitaria sull'essere umano, proclamata nel canto della lettera agli Efesini: «Fu benedetta con ogni benedizione dello Spirito Santo, proveniente dal cielo, in forza della sua specialissima unione con Cristo, poiché fu appositamente scelta, prima della fondazione del mondo, per diventare santa e irreprensibile nell'amore, sotto lo sguardo misericordioso e tenero di Dio Padre, il quale, per mezzo di Gesù Cristo e attraverso la decisione della sua volontà, vuole che ogni essere umano scopra questa meravigliosa dignità di figlio adottivo» (cfr Ef 1,3-5). Adamo ed Eva, a differenza di Maria, rappresentano quella parte dell'umanità che è piena di orgoglio e, alla fine, finisce per «nascondersi» (Gen 3,10) dallo stesso Creatore, Redentore e Santificatore. Il peccato di orgoglio rompe il rapporto di comunione, portando la persona ad agire come se Dio non esistesse, perché lei stessa vuole essere come Dio, oppure divinizza ciò che è opera della sua iniziativa: il denaro, le conoscenze tecniche e scientifiche, i propri istinti, sentimenti e pensieri egoistici. Nonostante questo rapporto rotto, che si ripercuote sulla relaione tra i due, perché nessuno si assume la responsabilità e incolpa l'altro, Dio continua a cercare l'essere umano smarrito, chiedendo: «Dove sei?» (Gen 3,9) Maria ha imparato ad attendere con pazienza e rispetto la realizzazione del Regno di Dio nella storia dell'umanità, accettando la dinamica del "già ma non ancora". Nel racconto dell'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria troviamo la dinamica dei verbi che si alternano nella forma "presente" e nella forma "futura". Nel presente Maria è, qui e ora invitata a «rallegrarsi perché è piena di grazia e perché il Signore è con lei!». (cfr Lc 1,38). Le parole dell'arcangelo spingono Maria a guardare al futuro: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre. Egli regnerà per sempre sulla discendenza di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,30-33). Maria, turbata, torna al presente: «Come può succedere questo se non conosco nessun uomo?» (Lc 1,34). Le parole dell'arcangelo Gabriele portano Maria a guardare nuovamente al futuro: «Lo Spirito scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò il bambino che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio» (Lc 1,35). Poi il discorso angelico si volge alla realtà presente: «Anche Elisabetta, tua parente, concepì nella sua vecchiaia un figlio. Questo è il sesto mese per lei che era considerata sterile, perché a Dio nulla è impossibile» (Lc 1,36). Riporre la nostra speranza in Cristo significa saper vivere pienamente il momento presente senza mai perdere la capacità di sognare, guardando a un futuro positivo che Dio prepara per ciascuno di noi. Maria ci insegna a vivere con questa speranza, accettando la dinamica del lottare per la realizzazione del Regno di Dio qui e ora, sapendo però che la pienezza di questa esperienza di vita e di comunione sarà sempre proiettata nel futuro, come non è tuttavia è possibile dichiarare la vittoria definitiva dell'amore sull'odio, della comunione sui conflitti, della pace su ogni tipo di guerra, della gioia vera su tutte le sofferenze e i lutti che stiamo affrontando in questo momento. Come Maria, ognuno di noi, in comunione con la Santissima Trinità e con i fratelli e le sorelle in Cristo, potrà vivere la quotidianità con speranza, «cantando a Dio un canto nuovo» con uno sguardo contemplativo e positivo sulla vita, sulla nostra storia personale e comunitaria, sapendo che, nel bene e anche nelle pieghe di ogni brutta situazione, «Dio opera meraviglie, perché la sua mano e il suo braccio forte e santo ottengono sempre la vittoria finale» (cfr Sal. 97,1). |