Omelia (08-12-2024)
Paolo Curtaz


No, il mondo non è destinato alla distruzione.
No, non è tutto uno schifo. E no, questo ennesimo Natale non sarà la solita festa inutile fatta di tanta attesa ma destinata, come ogni anno, a lasciare tanto amaro in bocca.
E questa festa dell'Immacolata, che oggi sostituisce la seconda domenica di avvento, è lì a ribadire una speranza incrollabile: il male non prevale, il buio non avvolge l'eternità, Dio avrà l'ultima parola. Anche attraverso persone che, come Maria, hanno lasciato la luce divampare nel proprio cuore.
Non hanno lasciato che quella ferita che ci accompagna da sempre, dall'origine, la tendenza alla distruzione, al peccato, al rifiuto, alla violenza, prevalesse. Così, questo il senso della festa di oggi, Maria, in previsione di quanto avrebbe compiuto, è stata preservata da quella macchia.
Che non significa, sia chiaro, che Maria sia una superdonna.
Ha dovuto scegliere, orientare, discernere, come me, come noi.
Maria si è trovata senza peccato originale, così abbiamo capito.
Esattamente come è successo a me il giorno del mio battesimo.
Solo che.

Fioritura
Solo che quella condizione lei l'ha lasciata germogliare. Io meno.
E ha fatto di quella piccola fiammella un incendio che è divampato.
Questo celebriamo oggi, in questo tempo di attesa del Signore nel compimento dei tempi: ci sono uomini e donne che sanno attendere amando, illuminando, accogliendo.
Questo ci è proposto, di diventare fra quelli.
Lasciarci plasmare, accettare l'invito.
Perché Dio sceglie di incarnarsi, di diventare noi, di umanizzarsi per potersi raccontare, perché l'uomo diventi come Dio.
E ha bisogno di alleati, di collaboratori, così da inviare un angelo (e che angelo!), in un buco di paese ai confini del mondo, in un paese occupato, per chiedere a un'adolescente di diventare Janua coeli, porta del cielo.
Quante volte abbiamo letto questa pagina! Come se fosse una pia favola, però.
E invece è accaduto.
La scena è potente e semplice, ci sono tutti i particolari di una delle annunciazioni bibliche: l'irruzione del divino, il timore dell'incontro col sacro.
Invece no. Questa ragazzina interagisce, chiede.

Prego?
È spiazzato, l'angelo. No, non se l'aspettava proprio una reazione del genere.
La ragazza non si lascia impressionare da ciò che sta accadendo. Va diritta al centro della questione.
Sorride, Gabriele. Ammirato, ne sono certo.
Ha appena detto a Maria che diventerà la madre di Dio. Che Dio, l'immenso, il totalmente altro, si stringerà per entrare nel suo grembo, che l'invisibile si renderà visibile, l'infinito finito, l'onnipotente sperimenterà la fragilità degli umani che ha creato.
C'è di che provocare un corto circuito nella fede e nell'intelligenza!
Maria, invece, pensa a qualcosa di molto più pratico: come avverrà, concretamente?
Quanto ci assomiglia, la madre! Anche noi davanti ai grandi progetti di Dio sulla nostra vita, giustamente, pensiamo a come questi influenzeranno e cambieranno le nostre scelte.
Sorride, Gabriele e spiega.
Accettata la folle idea che Dio diventa uomo, è forse un problema se una vergine diventa madre? Davanti all'inaudito di Dio, come non lasciare aperta ogni possibilità?
Ammesso che l'impossibile si è fatto possibile, di cosa stupirsi?

Io credo che Dio si sia fatto uomo. E che lo abbia fatto così come ce lo racconta Luca. Non ho dubbi insormontabili nel credere nell'annunciazione, facendo salvi tutti i legittimi distinguo degli studiosi sui generi letterari e sul rapporto storia/teologia.
Credo. Credo che Dio abbia voluto sporcarsi le mani, farsi conoscere e conoscere.
Ammesso questo, non ho problemi nel credere che una ragazza di quattordici anni possa contenere Dio nel suo grembo. Bene, l'annuncio è fatto. Gabriele aspetta una risposta.

Attesa
Tutto si ferma. Tutto è immobile.
Dio ha chiesto. Garbatamente. Folle. Folle quanto volete, ma reale. Dio aspetta una risposta.
Ha chiesto nella totale e piena libertà. Perché un atto d'amore come l'incarnazione necessita della libertà. Chi ama lascia libero, anche di andarsene. Potrebbe arrivare un rifiuto.
Anzi: forse il rifiuto è la cosa più logica che possa accadere.
Maria ha sentito, ha capito, per quanto si possa cogliere e capire quanto sta accadendo.
Si deve fidare, certo, ma una cosa è certa: la sua vita sta per cambiare definitivamente.
Fine dei progetti, fine dei sogni, fine della libertà.
È giovane, Maria, certo, ma non sprovveduta.
Cosa sarebbe successo il giorno dopo? Con Giuseppe? Con Anna, sua madre?
Chi le avrebbe creduto? Lei stessa, come avrebbe potuto ripensare a quel momento senza farsi travolgere dai dubbi? Senza credersi esaurita?
Voi cosa avreste risposto?
Devo parlarne col mio terapeuta, ripassa domani! Fammici pensare...
Devo avere preso troppo sole, oggi, ho le allucinazioni!
Eccoli. L'acerba adolescente e Dio. Due libertà che si confrontano.
E il mondo, attonito, attende. Qui non si scherza. È in gioco la salvezza. La mia salvezza. La tua, amico lettore. Tutto resta sospeso. E se avesse rifiutato?
Non sarei qui, semplicemente. Non saresti qui, semplicemente.

Accada
Sì. Il silenzio si interrompe. Maria ha scelto.
Sì. Sa che la sua vita non è sua, che è dono e ne fa dono.
Una risposta diretta, precisa, la sua, una disponibilità ragionata che rivela lo spessore dell'anima dell'adolescente. Ci si prepara, alle grandi scelte, giorno per giorno, è pronta. Da tempo ha fatto della sua vita un servizio a Dio. Sa che siamo tutti servi gli uni della felicità degli altri. Sa che la vita o si dona o sfiorisce. Sa.
Sì. Leggo, come hanno fatto milioni di cristiani prima di me.
Sì. Se stasera sono qui a scrivere, a riprendere in mano questa pagina, se, fra poco, prenderò un salmo per affidare la mia giornata a Dio, se ho accolto la fede, se ho un orizzonte di speranza, se credo, con fatica ma tenacia, dopo tanti anni, è grazie a quel "sì".
Il sì pronunciato da un'adolescente in un buco di paese sperduto nel nulla.
Sono qui grazie a quel sì.
Sì. E imparo: se fra cento anni qualcuno avrà fede, se riceverà una Parola che gli spalancherà la vita, se ancora ci saranno dei discepoli a sorreggere il mondo sarà anche grazie al mio sì.

Solo da un sì inizia la salvezza. Anche la mia.
Ecco, questo imparo, oggi, questo chiedo oggi: diventare sì.