Omelia (08-12-2024)
don Andrea Varliero
Andò ad aprire la fede

Ti ho incontrata tante volte, Immacolata Concezione. Nella grotta di Massabielle a Lourdes, Aquerò, quella là. Nella Santa Casa di Loreto, tra i campi di grano e di gigli. Nell'ultimo canto della sera con un violino e una chitarra, Madonna Nera di Czestochowa. Nell'adorazione eucaristica silenziosa della notte a Medjugorje. Nella casa di Nazareth, abitata da un silenzio che dice. Tra i bambini della Madonna della Salute a Venezia. Nella mia chiesa, bellissimo e delicato volto in ascolto di preghiere e preoccupazioni di tante e tante persone. Oggi, in questa domenica di festa nel cuore dell'Avvento, ho desiderio di rimanere un po' in silenzio insieme a te. Davanti a te, Maria: entro nella tua casa, come un soffio, come un sussulto, come un respiro di felicità improvviso, senza un perché, come un angelo. Mi siedo e ascolto, mi raggomitolo in un angolo e contemplo.
«Gioisci, Maria»: la gioia è la prima parola di un'alba nuova. Imparare l'arte della gioia, comprendere la gioia profonda, gustare la gioia semplice. Dio entra come un momento eterno di felicità. La felicità del primo sguardo, la felicità del traguardo raggiunto, la felicità di un sì, la felicità del primo abbraccio, la felicità anche dell'ultimo bacio sulla fronte. La felicità di esserci. Tu, donna, mi aiuti a fare spazio nel mio cuore e fermarmi ad ascoltare la felicità. È fatta di niente, non appartiene alle cose; è una felicità che rimane, non appartiene a questo mondo; è un abbraccio che non sempre è comprensibile, ma ci viene accordato. Voglio annotarmela nel taccuino della vita, questa prima parola: gioia. Voglio che diventi una mia responsabilità quotidiana, la gioia. Mi impegnerò di più perché ci sia più gioia in me e attorno a me. Non presterò più ascolto a vecchie parole come nostalgia, rimorso, brontolamenti, critiche; toglierò dal vocabolario vecchi avverbi come «ormai», «mai», «sempre così»; non additerò più l'altro come causa della mia infelicità, ma sarò io custode del fratello e della sorella, della sua felicità. Ti hanno raffigurata tante volte con un volto mesto e indecifrabile, oggi voglio imprimerti nella mente come una bellissima donna sorridente. Se c'è una gioia al mondo è il sorriso di una ragazza, il sorriso di una donna. Madonna del sorriso, Madonna della Gioia. Il tuo sguardo mi indica il primo ascolto, la tua tenerezza mi fa venire nostalgia di una novità nella mia vita. Gioisci, Maria. E io in te. E noi in te. E l'universo in te.
«Sei abitata dalla Grazia», sei graziosissima, sei bellissima. Sei talmente bella che Dio ha fissato quattro picchetti, ha intagliato i rami del cedro del Libano, ha tessuto insieme trame d'oro e di porpora e ne ha fatto una tenda. In te, Lui ha posto la sua tenda. Da quest'angolo comprendo che cosa significhi diventare casa. In te il desiderio di tornare a casa, e di essere casa di Dio. Una casa essenziale, una casa che cammina, una casa accogliente, un focolare capace di amicizia. Siamo senza casa un po' tutti quanti in questi giorni di fretta. Siamo fuori di casa da troppo tempo, tu ci indichi la bellezza di tornare finalmente a casa. E riposarci in te. Madonna del riposo, casa di Dio.
«Come è possibile?» hai chiesto. Hai domandato, hai cercato, ti sei incamminata. Il senso di quello che hai accolto, il senso di quello che stavi vivendo, il senso da dare ai tuoi giorni. A noi manca, viene da farci cadere le braccia, ci viene da ripetere «che senso ha?», tutto sembra abitato dalla furbizia e dalla follia. Una fede che cerca, una fede che si fa domanda, una fede che cammina: tu, donna di fede, ci indichi qualcosa di inaudito. Cuore e memoria, pensiero e azione, desiderio e valore, gioia e responsabilità camminano insieme. Il senso è Lui, il senso è quella vita che sta muovendo il primo calcio sulla tua pelle.
«Eccomi», ci sono. Non ti sei nascosta. Non hai detto: non è colpa mia, non è mia responsabilità, non ci posso fare nulla. Non hai continuato all'infinito quella tiritera che scarica di colpa in colpa, dall'uomo alla donna al serpente, il nostro nasconderci. Per la prima volta non ti sei nascosta, non hai avuto paura di Dio. Per la prima volta non ti sei nascosta, non hai avuto paura delle conseguenze delle tue scelte. Per la prima volta non ti sei nascosta, scaricando addosso agli altri quello che unicamente è responsabilità mia, nostra. Grazie, è bello il tuo eccomi: mi rinforza, mi rincuora. Nel tuo «ci sono» sento gli immensi sì di un'umanità che si è accordata, come te. Nel tuo sì tutti i nostri sì. La paura bussò al cuore dell'uomo: andò ad aprire la fede, e non trovò nessuno.