Omelia (08-12-2024)
don Alberto Brignoli
Come avverrà questo?

Ogni esperienza di fede non è mai un dato acquisito una volta per sempre solo per il fatto di aver celebrato un rito di iniziazione (come è, per noi cristiani, il battesimo); la fede è sempre un cammino all'incontro con Dio, e riguarda ogni uomo e ogni donna di qualsiasi condizione, razza, popolo, lingua o religione, di ogni epoca e di ogni cultura, indipendentemente da quale sia il grado di fede che alberga nel suo cuore. Nemmeno colei che è diventata la Madre di Dio, e che oggi a metà Avvento celebriamo come l'Immacolata Concezione, ne è stata esente. Celebrare le meraviglie che il Signore ha operato nella fanciulla di Nazareth non significa dimenticare che pure lei, come ogni donna ebrea del suo tempo, ha dovuto compiere un cammino di fede incontro al Signore, fatto di certezze ma anche di domande, di interrogativi, certamente anche di dubbi.
Maria è l'Immacolata Concezione, ma non nasce già "arrivata" nella fede. Maria, al termine della sua esistenza terrena, è assunta in cielo in anima e corpo a sottolineare la grande dignità della Madre del Salvatore: ma la sua esistenza è stata un continuo cammino di avvicinamento a Dio, fino alla perfezione dell'incontro definitivo con lui.
Mi permetto di leggere, tra le righe di questo brano dell'Annunciazione, le tappe del cammino di fede di Maria, che diviene simbolo e modello del cammino di fede di ognuno di noi. Lo si può intuire dalle tre risposte che Maria dà all'annuncio dell'Angelo: due sono esplicite, mentre la prima è descritta da Luca come una domanda interiore.
Maria, innanzitutto, "si domandava che senso avesse" essere salutata in quel modo. La domanda sul senso è la domanda che accompagna il nostro contatto iniziale con Dio, con la sua parola, o comunque con l'esperienza dell'Assoluto, di ciò che trascende la pura natura umana, la fisicità, per spingerci al pensiero delle cose soprannaturali: che senso ha ciò che facciamo? Qual è il senso dell'esistenza? Qual è il senso dell'affidare a qualcuno più grande di noi la realizzazione dei nostri desideri? Qual è - in definitiva - il senso di una vita che non riusciamo ancora bene a spiegarci come inizia e che soprattutto non sappiamo come e quando terminerà? In tutto questo, e sin dal principio, Dio ci viene incontro e ci aiuta con la presenza di qualcuno, di un "angelo" che ci dice: "Non temere, perché hai trovato grazia presso Dio". Tutta la nostra vita è racchiusa nel disegno di grazia di Dio nei nostri confronti. Anche la domanda sul senso della vita, indipendentemente dalla possibilità o meno di trovare una risposta, è un tempo di grazia che Dio ci offre. E in questo tempo, lungo questo cammino, ci indica pure verso dove ci vuole condurre, a quale meta siamo chiamati: quella della nostra salvezza, operata da Colui che viene a salvare la nostra vita e a instaurare il suo regno, un "regno che non avrà fine".
Certo, il dubbio permane; l'incertezza, pure. Non è per il solo fatto che il Signore ci indica la meta che ora possiamo sapere con certezza come si svolgerà il cammino. Molte volte, il cammino dell'incontro con Dio è fatto di incertezze, di prove, di dolore (anche per Maria sarà così): e allora, chiederci: "Come avverrà questo?", non è affatto una mancanza di fede o un sintomo di incertezza, ma è il desiderio di andare a fondo, di capire qualcosa di più di questo non sempre chiaro rapporto di amicizia tra noi e Dio.
Spesso lo ribadisco, a chi mi confida di sentirsi "senza fede" perché assalito dal dubbio, dall'incertezza, da troppe domande su Dio e sulla sua presenza paterna: le domande sul credere, sul "come avviene", su "come è possibile che Dio faccia questo" non sono segni di mancanza di fede. Sono tutto l'opposto: manifestano un animo profondamente desideroso di andare a fondo nelle cose di Dio, di cercarlo, di dare una ragione alla speranza che è in noi, di non vivere la fede in modo banale e superficiale, ma di volerla approfondire, pur nel buio di alcuni momenti d'incertezza, d'indecisione, di dubbio, nei quali sembriamo non trovare pace.
Del resto, nemmeno Dio ci lascia in pace. Continua ad andare a fondo, continua a insistere nel volerci accompagnare all'incontro con lui, spiegandoci (come lo ha spiegato a Maria) che è lui che prende l'iniziativa e che, quando la prende, la porta fino in fondo. Ce ne dà la prova mostrandoci che già altri hanno ricevuto i segni della sua misericordia (Elisabetta, parente di Maria, che genera nella sterilità), e ci ricorda che il cammino va avanti nonostante tutto, perché "nulla è impossibile a Dio".
Resta un ultimo passo, quello del "sì". Dio non ha mai obbligato nessuno a credere, e mai lo farà: ci fa solo la sua proposta di salvezza. Sta a noi rispondere positivamente oppure farci prendere dalla paura e quindi non affidarci a lui. Maria non ha più avuto paura e ha detto di sì. Ha celebrato le grandi opere che Dio ha compiuto in lei, cantando il suo Magnificat insieme a Elisabetta, e poi dentro di lei fa scendere un grande silenzio: non più una parola, non più un'affermazione in tutto il Vangelo. Solo cose serbate dentro di sé, meditandole nel suo cuore, fino a quando Gesù avrà dodici anni e sarà costretta, come ogni madre di ogni adolescente che si rispetti, a rimproverarlo per le sue intemperanze. Dodici anni di silenzio? Stando al Vangelo, pare proprio di sì. Ma non è stato un silenzio privo di parole: è stato un silenzio che ha lasciato parlare la voce di Dio in lei.
Anche il nostro cammino di fede è chiamato a fare silenzio: a volte perché non sappiamo cosa dire per lo stupore di ciò che ci accade, a volte perché la vita ci zittisce con i suoi interrogativi, e a volte (speriamo molte volte...) per lasciar parlare Dio, che non si fa scrupoli nel metterci di fronte alle nostre responsabilità e a chiederci, come nell'Eden, "Dove sei?".
Maria, alla fine di questo suo cammino all'incontro con Dio ha detto "sì". Adesso la risposta, a pochi giorni dal Natale, tocca a noi.