Omelia (22-12-2024)
don Michele Cerutti
La sfida dura e gioiosa della carità

In pochi versetti ci viene offerto il cuore della fede che è fatto di movimento, di attese, di gioia e di accoglienza.
Movimento che spinge Maria a prodigarsi per la cugina Elisabetta. La Madonna che è andata ad assistere la madre del Battista ci offre un primo messaggio importante. Il dono del Signore di assumere la maternità di Dio non può essere trattenuto gelosamente, ma spinge alla carità.
Per questo corre subito dall'anziana parente.
In quel movimento penso a tutti coloro che si danno da fare perché questi giorni di festa coinvolga il più possibile tante persone. Sono motivati dai doni che Dio stesso ha dato loro e come riconoscenza si danno da fare per gli altri.
Un dono che ogni anno si ripete nel Natale che dovrebbe spingerci tutti ad alzarci anche noi dalle nostre comodità, dai nostri ambienti per condurci verso coloro che sono nella necessità.
Questi possono essere i nostri parenti, amici o coloro che vivono vicino a casa nostra o nella nostra comunità.
Occorre andarci con una certa speditezza perché il tempo è vicino e richiede prontezza nel servizio. La Madonna ci dice il Vangelo va di fretta dalla cugina Elisabetta dopo aver appena salutato l'angelo che, oltre a consegnarle il compito di essere madre, la informa della nascita di un figlio da parte dell'anziana parente.
La Vergine ravvisa la necessità di andare in aiuto senza troppi tentennamenti.
Maria non ha fatto calcoli di convenienza perché se dovessimo vedere il rischio per lei era alto visto che si trovava in gravidanza pur essendo solo promessa sposa di Giuseppe e uscire di casa voleva dire andare incontro anche a derisioni.
Maria si indirizzò verso una regione montuosa.
La carità poi chiede, infatti, anche di scalare delle montagne perché si sa il fratello nel bisogno non sempre è disponibile a farsi aiutare. Vuol dire andare anche alle incomprensioni.
Penso ad alcune esperienze di servizio nelle Case anziani o in mezzo ai migranti in particolare dove le richieste sono sempre assillanti e sempre più pretenziose. Sembra quasi che non si accontentano mai.
C'è, però, anche la dimensione gioiosa dell'accoglienza. Questo lo respiriamo quando leggiamo nel brano che Elisabetta esulta e con lei anche il Precursore, il Battista.
La carità abbiamo detto ha spine certo, ma ha anche delle gioie che vengono sprigionate da chi riceve il nostro aiuto.
Penso a quante belle occasioni di incontro nel corso del mio ministero ho avuto e alle belle amicizie che ancora oggi tengo con persone che hanno attraversato momenti difficili.
Elisabetta e il Battista esultano, ma anche Maria nel prosieguo del brano magnifica il Signore per ciò che di bello ha sperimentato.
Sarà capitato a tutti che vivendo la carità siamo stati toccati dalla bellezza che colui che abbiamo assistito ci ha consegnato.
La frase inflazionata a volte per cui abbiamo ricevuto molto di più da coloro che abbiamo assistito di quello che abbiamo donato è vera.
La forza di questo brano sta nell'espressione che Elisabetta dice a Maria: Beata colei che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore.
La carità deve spingere a colui che di questa virtù è l'autore e quindi a Dio stesso.
Maria non porta sé stessa porta Gesù e a Lui si consegna nel prodigarsi fino alla fine per l'anziana parente.
Chiediamo ormai in questo piccolo scorcio di Avvento che ci conduce al Natale di aumentare la nostra fede per poi aumentare la nostra carità per indicare al mondo la Luce verrà che viene ad abitare in mezzo a noi. Solo così il nostro bene assume un vero senso che è quello che ci viene consegnato da Gesù.