Omelia (12-03-2006) |
don Remigio Menegatti |
Camminero' davanti al Signore nella terra dei viventi (238) Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature La prima lettura (Gn 22, 1-2.9a.10-13.15-18 ) e il vangelo (Mc 9, 2-10) mostrano dei chiari legami: prima il monte e poi la fede, che viene chiesta ad Abramo e ai tre apostoli, ma soprattutto la manifestazione di Dio che conferma la sua Alleanza destinata a tutti i popoli. Un'alleanza impegnativa, lo sperimenta Abramo disposto a sacrificare il figlio Isacco; lo sperimenta anche Dio stesso, che dona il Figlio suo Gesù, senza risparmiargli la morte. Alleanza che passa attraverso l'obbedienza, che rende forte la fede di Abramo e che viene richiesta anche verso la legge data a Mosè, pure in questo caso su un monte. Dio dialoga con Abramo, e in Gesù presenta la sua Parola vivente, invitando tutti gli uomini ad ascoltarlo. Salmo 115 Ho creduto anche quando dicevo: «Sono troppo infelice». Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli. Sì, io sono il tuo servo, Signore, io sono tuo servo, figlio della tua ancella; hai spezzato le mie catene. A te offrirò sacrifici di lode e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore e davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme. Il salmo potrebbe sembrare un'eco dei ragionamenti di Abramo, mentre si accingeva a rispondere alla richiesta di Dio. Anche il padre di tutti i credenti avrà pensato "sono troppo infelice" mentre saliva in silenzio il monte Moria, per sacrificare al Signore il figlio che finalmente gli era nato. «Sono troppo infelice» avrà continuato a ripetere in cuor suo, mentre preparava l'altare, la legna, il coltello. Avrà riflettuto che, per quanto tragica e da spezzare il cuore, pur tuttavia "preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli". Un dono davvero grande, che manifesta il senso della sua vita nell'essere "tuo servo, figlio della tua ancella". Una scoperta che porta a riconfermare la disponibilità a tener fede alle promesse, dato che anche Dio non smentisce la sua fedeltà all'Alleanza. Un commento per ragazzi L'insegnante di lingue ci stimola spesso, quando scriviamo e parliamo, ad utilizzare dei sinonimi, così da arricchire il nostro linguaggio. Ci sono delle parole che assomigliano ad altre, ma sono da preferire perché riescono a esprimere in modo migliore un concetto. L'espressione «piantare» può assomiglia a «lasciar stare», «smettere», «rinunciare», «abbandonare». La usiamo con questo significato ad esempio rivolgendoci a chi si sta infastidendo, e lo invitiamo in maniera decisa: "ma vuoi piantarla?!". Oppure, davanti a un'impresa che sembra destinata all'insuccesso "piantiamo tutto", e ci ritiriamo. Ben altro significato può avere se «piantare» assomiglia a «seminare». Dopo che si è seminato si attende il germoglio, si cura la crescita, si pregustano i frutti, si assapora la gioia di mangiare ciò che matura. Nei racconti della Genesi e del Vangelo un legame, oltre al monte, è dato dalla speranza. Abramo, fidandosi della Parola di Dio, coltiva un grande sogno: spera che da lui nasca una nazione numerosa, allargata a tutta l'umanità, capace di servire il Signore. Un sogno che potrebbe sembrare una vuota illusione; infatti è senza figli. Quando nasce Isacco vede finalmente l'attuazione della speranza; che sembra subito dopo destinata a morire, insieme al figlio che deve sacrificare. Abramo è uomo di fede, uomo che si fida ciecamente di Dio e sa che in lui può seminare le speranze sue e dell'umanità. Questa stessa speranza è ciò che muove anche Gesù; e lui conduce sul monte alcuni suoi discepoli per seminare anche nel loro cuore questa speranza. Di fronte all'annuncio della sua passione e morte, poteva nascere negli apostoli nel loro cuore lo scoraggiamento, la voglia di "piantarla" con quel falegname che Pietro poco prima aveva riconosciuto come Messia. Gesù sale sul monte con i suoi amici e si mostra risorto; fa vedere in anticipo come sarà il frutto che nascerà da quel seme che è destinato ad essere sepolto nella terra. La sofferenza e la morte – temuta da Abramo per il figlio Isacco, accolta dal Padre per il Figlio Gesù – non è la tomba della speranza, perché si può contare sulla fedeltà di Dio alla sua Alleanza. Lui accoglie e valorizza le attese dell'umanità e le fa crescere con la potenza del suo Spirito, che rende vive anche le realtà che sembrano meno forti. Siamo anche noi, sì anche noi ragazzi, dei testimoni di speranza, capaci di seminare nel cuore nostro, e di chi ci incontra, dei sogni che possono fiorire e diventare frutto gustoso e abbondante. Per prima cosa si tratta di selezionare, come fanno anche i contadini, le sementi che possono portare un frutto buono e abbondante. Selezionare significa valutare tra i sogni importanti, che coinvolgono altre persone, che servono per una gioia non superficiale, banale. Sogni che possono anche costare perché nella vita non sempre ciò che vale poco è una fortuna. Dopo la selezione e la semina si tratta di coltivare con costanza e pazienza, perché la fretta, come l'incuria, non producono grandi risultati. Se poi ci facciamo aiutare da qualcuno più grande, siamo senza dubbio destinati a godere un grande raccolto. Un suggerimento per la preghiera Signore, noi scopriamo che tu sei un "Padre buono" proprio perché "non hai risparmiato il tuo Figlio unigenito". Tu "lo hai dato per noi peccatori". Riconoscenti di questo grande dono, ancora ti chiediamo: " rafforzaci nell'obbedienza della fede, perché seguiamo in tutte le sue orme e siamo come lui trasfigurati nella luce della tua gloria". Lo chiediamo a te, sicuri che ci vuoi bene. |