Omelia (22-12-2024)
padre Gian Franco Scarpitta
Il Mistero nascosto che salva

Michea scrive il suo libro più o meno 700 anni prima di Cristo e lancia moniti alla correttezza sociale e alla giustizia e poi prorompe nel suo testo (cap 5) con un annuncio insolito e sorprendente: la cittadina di Betlemme, sebbene sperduto villaggio della Giudea privo di fama e di benemerenze, sarà il luogo in cui si manifesterà la salvezza e la redenzione. Il Messia nascerà proprio lì. Il Cristo di Dio era concepito come un soggetto capace di stravolgimento e di grandi affermazioni, di grandezza e di onnipotenza diretta. Assurdo era immaginarlo umile e sottomesso e che poi potesse nascere da una donna umilissima e sottoporsi alle cure di una famiglia povera e dimessa, era ancora più inaudito e inverosimile. E anche un comunissimo villaggio come Betlemme era inappropriato per ospitare l'evento incarnazione che avrebbe segnato il futuro dell'umanità.
Con questo messaggio Michea delinea invece che i piani e le preferenze di Dio sono differenti da quelle degli uomini. Una piccola borgata diventa la capitale della storia della salvezza e un aspro e solitario alloggio di fortuna improvvisato diventa una località rinomata e ambita fino ai nostri giorni da tutti coloro che hanno accettato di essere salvati e redenti.
E' sorprendente non soltanto che Dio si faccia Bambino, ma anche che decida di venire al mondo in una minuscola località. Ancora più sorprendente ed esaltante sarà il fatto che i primi ad essere interessati dalla sua epifania saranno comunissimi pastori e gente di borgata, ancor prima che illuminati astrologi miscredenti che accorrono dall'Oriente.
Il Messia nascituro ama la semplicità e la riservatezza e soprattutto non eccepisce nulla delle comuni tappe della vita umana, neppure nell'assumere l'infanzia. Per nove mesi germina, cresce e si sviluppa alimentato dal grembo puro della Madre che lo porta con sé e osserva un riverito silenzio e un nascondimento devoto. Ciononostante, già ancor prima di venire alla luce, il Verbo divino si rende intraprendente ed esplicita la sua missione salvifica nei confronti di Giovanni chiamato il Battista, che già da sei mesi alberga nel grembo altrettanto casto di Elisabetta. Lo Spirito Santo ha reso fecondo anche il ventre di costei, che ormai aveva acquisito in paese la fama di donna sterile. Il Bambino divino, concepito sempre dallo Spirito in Maria e dimorante nel suo grembo, sollecita egli stesso la Madre nell'iniziativa di mettersi in viaggio per recarsi dalla cugina nonostante le insicurezze dei percorsi di montagna. Non appena Maria raggiunge la casa situata secondo la tradizione nel (allora) villaggio di Ain Karem, lo stesso Verbo Bambino che è in lei si rivela ad Elisabetta, che esterna un duplice atto di fede in conseguenza di una rivelazione. Esclama infatti: "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" Poiché il suo nascituro, Giovanni, ha appena sobbalzato nel suo grembo, comprende che Maria reca in sé il Signore atteso da molti secoli, il Salvatore nonché liberatore; e conclude che la sua venerata cugina, essendo stata scelta come la Madre del Dio eterno che ora si incarna, non solamente è Madre di Dio (di Dio che cioè si fa uomo restando sempre Dio) ma che è anche Madre del "suo Signore", del Dio che le ha usato grazia e bontà. Il Fanciullo divino insomma nel nascondimento, seppur silente e in tutto dipendente dal grembo della Madre, usa intraprendenza, sollecitudine missionaria, rivela se stesso come Figlio di Dio e di conseguenza anche l'amore di Dio Padre nell'opera dello Spirito Santo. Il Figlio Bambino già adesso manifesta l'Unità e la Trinità di Dio e ne mostra subito i benefici. Sempre il Bambino che ancora deve vedere la luce genera la fede in Elisabetta così come l'aveva generata in Maria sin dall'inizio. La fede indiscussa nella salvezza che sta per essere resa manifesta a tutto il mondo e di cui già godono le due donne. Sempre lo stesso Fanciullo divino sollecita Maria alla preghiera e alla lode e Ella prorompe in un gioioso canto di esultanza che è diventato famosissimo. Dice infatti: "l'anima mia magnifica il Signore", cioè la mia anima "rende grande il Signore sempre più". Secondo una dottrina teologica dei secoli scorsi sulla quale la Chiesa non si è più pronunciata, l'incontro fra i due Nascituri nella casa di Zaccaria e di Elisabetta ha sortito anche che il futuro Battista venisse liberato dal peccato originale poiché lo Spirito Santo, fautore della gioia di quest'incontro, produceva i suoi ricchissimi frutti a favore di colui che sarebbe diventato il precursore del Messia. Si tratta quindi di un ulteriore beneficio che il Verbo divino apporta ancora una volta nella solitudine e nell'eclissi; i nove mesi nel grembo quindi, anche se dimessi e silenziosi, hanno costituito i tempi nei quali Dio agiva in un Fanciullo ancora deforme per preordinare la manifestazione della sua gloria e della sua salvezza. Ci rivelano anche come tante volte non sia affatto necessario il clamore e l'autoesaltazione perché le nostre attività apportino risultati edificanti e come anzi il frastuono spesso tenda a confondere più che a realizzare. Si può essere invece produttivi ed efficaci molto più osservando l'umiltà del silenzio e del nascondimento.
Tuttavia aspettiamo oramai ansiosi la Nascita del divino Fanciullo, per esserne innanzitutto affascinati e attratti, per contemplarne il Mistero impenetrabile per la mente ma affascinante per il cuore che davanti ad esso resta risoluto.