Omelia (22-12-2024)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Quintino Venneri

Non fa in tempo a direEccomiche, in fretta, si alza e si mette in cammino.
In fretta, c'è scritto. Danzando, ballando...prova a tradurre qualcuno.
Da risorta, in piedi...suggerisce qualcun altro, in una contrazione temporale grazie alla quale l'evangelista Luca illumina il mistero degli inizi con lo splendore della fine.
In realtà, il suo cammino e la sua danza fanno parte del suoEccomi: non è atto secondo ma parte integrante della risposta. Ogni Eccomi mette in movimento.
Quando incontri Dio, succede sempre così: Egli ti spinge, ti lancia verso i fratelli e le sorelle. Egli, che né il cielo né la terra possono contenere, chiede di essere annunciato, raccontato, condiviso con chi incontri, con chi cammina con te sulle strade della vita.
Maria dà corpo alle parole di Geremia:
nel mio cuore c'era come un fuoco ardente,
chiuso nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

In Lei, nel suo corpo, nel suo grembo, abita la presenza dell'Altissimo, una presenza che è carne, che sta diventando vita che cresce, giorno dopo giorno, nella delicatezza e precarietà tipiche di ogni gravidanza
Si muove Maria, si mette in cammino.
Il suo cammino è il cammino di Dio.
I suoi passi sono i passi di Dio.
È sempre stato così: Dio si avvicina a noi attraverso altri, altre donne e altri uomini che lo custodiscono nella loro vita, nella coscienza e che generano la Sua presenza in scelte e parole di comprensione, di accoglienza, di visitazioni, di carità, di premura, di cura.
Quando Luca scrive queste parole ha davanti ai suoi occhi la memoria del viaggio dell'Arca dell'Alleanza verso Gerusalemme e descrive il viaggio di Maria come il compimento e la realizzazione di ciò che nel passato avveniva soltanto come profezia e figura.
Ma ben più preziosa di qualsiasi Arca è la vita di tante donne e di tanti uomini che sono oggi portatrici e portatori di Dio in una vita donata e vissuta, senza clamore, senza luci, senza applausi.
È come se fossimo dinanzi ad un continuo e grande esercizio di maternità che riguarda tutti.
Gregorio di Nazianzo - questo grande padre della Chiesa - non ha avuto remore nel legare la presenza di Dio nella vita di un credente alla maternità di Maria. Scrive:Ogni anima porta in sé come in un grembo materno Cristo. Se questa non viene trasformata da una vita santa, non può essere chiamata madre di Cristo. Ma se ogni volta che accogli in te la parola di Cristo le dai una forma nel tuo intimo, se la formi in te come in un grembo materno con la tua meditazione, puoi essere chiamato madre di Cristo.
Quasi alle porte del Natale, è questo il grande annuncio della quarta domenica di Avvento: anche noi possiamo essere "madre di Cristo" quando diamo alla nostra vita la forma del dono gratuito, costante, continuo, portando Dio nel grembo delle nostre scelte e delle nostre decisioni, chiamati a generare il Figlio di Dio in una vita di fede, speranza e carità.
E quando l'incontro avviene in una anonima città di Giuda, l'altro bambino - quello custodito nel grembo di Elisabetta - gioisce, sussulta, fa festa. Elisabetta e suo figlio Giovanni sentono la presenza di Dio in chi hanno di fronte.
Nasce una comunicazione, quasi un dialogo, l'incontro tra le madri è l'incontro tra i rispettivi figli. Il vero incontro con Dio crea sempre comunione, apertura, ricerca dei fratelli e delle sorelle. Maria ed Elisabetta ci raccontano che il tempo di un cristianesimo individualistico lascia il posto ad un sogno comunitario, veramente ecclesiale.
Queste due donne ci invitano a superare tutte quelle montagne che impediscono l'incontro, la comunione, l'amicizia. Non è forse successo anche a noi - magari non sempre ma comunque qualche volta - di incontrare persone mai viste prime e che diventano sorelle e fratelli, facendo sbocciare una comunione e una amicizia prima mai vissute?
Come se il Figlio di Dio in noi incontra il Figlio di Dio presente nell'altro: e lì accade una danza!
Al centro di ogni cosa che accade, sotto e dentro la nostra quotidianità - confusa, arruffata, caotica, disordinata - vive il Figlio di Dio che vuole crescere, trovare spazio, nascere continuamente. E per noi, tra mille faccende affaccendati, corridori frenetici tra le mille montagne che sempre abbiamo dinanzi, proprio a noi è data la possibilità di imbastire danze nuove e inattese, come Maria e Elisabetta ci raccontano, provando la stessa gioia del loro incontro. Non è forse tipico di ogni donna e di ogni uomo essere in attesa del pieno compimento della propria vita, del proprio nome, della propria identità? Anche se noi non lo comprendiamo, non siamo tutti gravidi di una Presenza che eccede la nostra vita, nonostante le nostre sterilità? E allora che cosa ci impedisce di iniziare una nuova danza, provando a far far sbocciare cose nuove nella nostra vita?
Coraggio! Danza e inizia!