Omelia (26-03-2006) |
don Remigio Menegatti |
Il ricordo di te, Signore, é la nostra gioia (240) Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature La storia umana, fatta di confronti e scontri tra popoli, segnata da guerre con vinti e vincitori, può esser letta in profondità dal punto di vista di Dio. La prima lettura (2 Cr 36, 14-16.19-23) spiega un periodo storico di Israele, segnato dalla deportazione a Babilonia, fino alla liberazione da parte dei Persiani, come il risultato dell'infedeltà del popolo all'Alleanza che Dio offre con generosità. Il Signore rimane fedele e libera i suoi amici. Il vangelo (Gv 3, 14 - 21) ritorna su questa infedeltà del popolo richiamando la vicenda dell'Esodo: i serpenti mordono gli Ebrei in fuga dall'Egitto; Dio offre un segno di salvezza: il serpente innalzato sul legno. Tutto questo annuncia prepara la presenza di Gesù: è lui il vero liberatore che salva l'uomo; è la luce che si contrappone alle tenebre, perché chi opera il bene, e crede in Dio, sia incoraggiato e non venga meno alla fedeltà all'Alleanza. Salmo 136 Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion!». Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra. Mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia. Il salmo riporta i canti del popolo esule a Babilonia. Sembra quasi che la storia sia ritornata indietro, al tempo in cui erano schiavi degli Egiziani. Oppure come se Abramo non fosse mai partito dalla terra dei due fiumi, per seguire il Signore che lo chiamava. Nonostante questo periodo difficile dell'esilio nel popolo rimane viva la speranza. Israele non riesce a dimenticare il paese dove scorre il Giordano, e sui fiumi di Babilonia canta ancora il suo amore per il Signore. La fiducia è frutto della fede: la storia raccontata dai padri presenta un Dio che non è mai venuto meno alla sua promessa. Questa fede, è salda come la roccia su cui sorge la città di Gerusalemme. Su questa fede si può coltivare la speranza di tornare un giorno alla città santa e ricostruire il tempio in cui poter elevare a Dio il canto della lode e della riconoscenza per la fedeltà alla sua promessa. Un commento per ragazzi Cosa ci aiuta, quando siamo nei problemi, a trovare un po' di fiducia e a coltivare la serenità? Un po' la nostra esperienza, che ci spinge a ricordare come ben altre volte ci siamo trovati in situazioni simili e ne siamo usciti positivamente. Un altro aiuto lo possiamo ritrovare in chi ci è stato, e lo è ancora, nostro alleato, e come allora si è schierato dalla nostra, così – ne siamo certi – non mancherà di dimostrarci la sua fedeltà. È l'esperienza del popolo in esilio a Babilonia: si ricorda che il Signore, "il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe", è venuto loro incontro in tanti modi. I serpenti costituiscono un rischio mortale, ma il serpente di metallo posto su un legno, diventa stimolo per suscitare la fede degli schiavi in cammino verso la vera libertà. Oltre a questo fatto "miracoloso" ci sono i gesti normali dei profeti che tengono desta l'attenzione di Israele e aiutano a consolidare la fede nel Dio fedele, liberatore potente. La liberazione da Babilonia è presentata nei libri di storia come opera del grande Ciro, re dei Persiani. Per la fede di Israele appare dietro di lui, come vero protagonista della vicenda, il Signore che ancora una volta si manifesta fedele al suo popolo, perché non può venir meno alla sua promessa, non può rinnegare se stesso. È un Dio così coinvolto nella "grande avventura" con l'uomo che non ci pensa manco lentamente di ritirarsi, anche quando avverte che da parte dell'uomo non c'è fiducia e disponibilità. È il compagno che non si ritira, e non ci abbandona se la partita sembra persa per colpa nostra. Il nostro scarso impegno non porta il Signore a dire: "allora mi ritiro anch'io; non gioco più!". Dio è fedele, e se l'uomo si aggrappa a questa fedeltà è certo che anche la storia può cambiare in meglio. Dio è sempre fedele, certo; e chiede all'uomo non solo di ricorrere a lui nel momento del bisogno, ma anche di evitare di mettersi nei guai. La nostra fedeltà è anche evitare di cadere nella tentazione, nel non lasciarci mettere in difficoltà dal male, anche se la fede in Dio rimane sempre un baluardo sicuro, a cui potersi sempre aggrappare. Il Signore Gesù si presenta come la luce che è venuta nel mondo per sconfiggere le tenebre del male e mostrare la bellezza del volto di Dio. Una luce che vediamo riflessa anche sul volto di tanta gente che sta attorno a noi. Nei momenti di difficoltà vale molto l'atteggiamento di chi consideriamo più grande di noi: i genitori, i fratelli maggiori, i compagni di gruppo che di solito sono dei leader. Se loro mostrano grande paura, facilmente siamo presi dal terrore; siamo rassicurati e più sereni se manifestano sicurezza e fiducia. Proviamo a scoprire nella nostra comunità, cominciando dalla nostra famiglia, i segnali che mostrano questa fiducia in Dio. Si tratta di persone che stanno vivendo il dono del battesimo, della cresima e di altri specifici sacramenti e manifestano la gioia di essere cristiani. Sono coloro che, come direbbe san Pietro, sanno rendere ragione della fede che è in loro, perché hanno costruito la casa della loro vita sulla roccia di Dio. Un suggerimento per la preghiera Signore, abbiamo scoperto ancora una volta che tu sei un "Dio buono e fedele" e "mai ti stanchi di richiamare gli erranti" a manifestare in questo tempo e sempre una "vera conversione". "Nel tuo Figlio innalzato in croce ci guarisci dai morsi del maligno" che ci induce a perdere la fede in te. Ti chiediamo con fiducia: "donaci la ricchezza della tua grazia" perché "possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore". |