Omelia (25-12-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il Mistero che ci sorprende Una vecchia canzone romanesca, contemplando le bellezze della città, diceva che "Se un pittore te volesse pitturà, butta tutti li pennelli e sta a guardà..." Tale è il fascino procurato dal mistero dell'incarnazione, nel quale Dio diventa uomo anzi Bambino. Quello che contempliamo nei presepi è semplicemente affascinante e merita solamente lode, ammirazione e prolungata meditazione su come Dio ci riveli occasioni di felicità nei percorsi del tutto differenti da quelli in cui noi ci illudiamo di trovarla. Dio è spirito e in quanto tale non può essere di per sé paragonato a un qualsiasi ente finito. Egli è al di sopra della creazione, supera ogni limitatezza e come Creatore non può avere corporeità. Se così fosse sarebbe limitato come ogni altra cosa. Dev'essere per forza spirito puro e al di sopra di ogni altra cosa, quindi anche infinito. Per analogia è possibile cogliere la Perfezione assoluta di Dio guardando alla bellezza e alla perfezione, sia pure piccola, di ogni creatura (Sap 13, 5) ivi compreso l'uomo, che è ad immagine e somiglianza di Dio (Gen 1, 26 - 27). La grandezza e la bellezza della natura, del cosmo, della realtà incontaminata e anche la semplicità dei bambini e degli umili ci danno l'idea di Dio, ci forniscono un' immagine di Colui che trascende ogni cosa e che è puro spirito perfettissimo e illimitato. Tuttavia le cose materiali, per quanto belle ed entusiasmanti e grandiose, non possono darci una sufficiente rivelazione di Dio, non sono in grado di fornirci il suo vero volto. Diceva Pascal: "La natura ha delle perfezioni per dimostrare che è immagine di Dio e ha dei difetti per dimostrare che ne è solo un'immagine." Solo lo stesso Signore, nel suo rivelarsi può parlare esaurientemente di se stesso, nella misura in cui ci è possibile. In questa solennità che ci raccoglie come raramente avviene nelle chiese, apprendiamo che l'essere puro spirito non gli impedisce a Dio di darci un'immagine sicura ed definitiva di se stesso. Gesù Cristo è infatti l'immagine del Dio invisibile (Col 1, 15). Gesù è infatti il Verbo eterno di Dio Padre, quindi Dio stesso, che si è fatto uomo. Questo adesso contempliamo nel mistero di Betlemme: la divinità di Dio ha assunto una volta per tutte l'umanità nella Persona unica del Verbo. In Gesù Cristo, che è il Verbo eterno del Padre, l'umanità e la divinità realizzano una simbiosi armonica senza confusione e dispersione. Dio è vero Dio e vero uomo una volta che si incarna in Gesù Cristo: "Dio nessuno l'ha mai visto, ma proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato"(Gv 1, 18). Dicavamo però che la bellezza di questo evento incarnazione impone che si prescinda dai ragionamenti e dalle elucubrazioni. Esse infatti sono secondarie e infatti sono subentrate solo in un secondo momento della storia. La presenza di Gesù Bambino che giace in uno scomodissimo alloggio di fortuna dove Maria sua madre lo ha adagiato dopo averlo portato alla luce, la premura amorosa dei due genitori che con semplicità e sollecitudine lo accudiscono e fra i quali egli stesso realizza l'unità e la concordia che estenderà ai pastori e a quanti sopraggiungeranno presso quel luogo, deve solo affascinarci e lasciarci ammirati di come tanto mistero di teologia si renda palese nient'altro che in un semplice antro umido, povero e dalle molteplici asperità. La predetta divinità e umanità di Dio si sono congiunte armonicamente nel grembo di una giovane donna di paese che è ben lungi dalle elevatezze sociali della regalità o dell'alta borghesia. E adesso si armonizzano in un piccolo Bambino esile e indifeso, possibile oggetto di sequestro o di aggressione. In un luogo tutt'altro che ameno e accogliente, dove perfino gli animali probabilmente devono sostare scomodi. Isaia aveva predetto che sarebbe nato un bambino chiamato "Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno..."(Is 9, 5 - 6) e tale predizione adesso la vediamo realizzata nella grotta di Betlemme, con un Bambino divino che apporta già la pace realizzando la comunione e affratellando persone di varia provenienza e di differente condizione sociale. "Betlemme" significa etimologicamente "Casa del pane" e la cittadina ospita infatti Colui che si renderà nostro alimento, pane vivo disceso dal Cielo e farmaco d'immortalità. Ma il pane che adesso concede è la stessa rivelazione di Dio che in lui viene ad abitare in mezzo a noi per vivere in pienezza la nostra vita e condurci alla vita senza fine. Apporta il pane della concordia e della bontà, della condivisione e del dialogo che sono all'origine della pace universale e che tutto il mondo aspira a voler raggiungere. Più che la pace, occorrono però le condizioni di una pace stabile e di una concordia costruttiva, che persegua il vantaggio di tutti. Quindi un assetto di giustizia e di equità, un equilibrio nella ricerca del diritto di tutti. Auguriamoci che questo Natale, che coincide con l'apertura dell'Anno Santo, apporti congeniali soluzioni a tutti i nostri conflitti per una pacificazione proficua per tutti, che va ben oltre al silenzio delle armi e delle polemiche. A partire dalle nostre famiglie, che vivono adesso giorni di intimità e di comunione con i parenti, i figli e amici venuti da lontano, si realizzi l'unità e la concordia, con l'umiltà necessaria perché esse perseverino sempre nei nostri cuori e la pace sia così costruttiva e duratura. AUGURI SINCERI DI BUON NATALE A TUTTI |