Omelia (04-01-2024) |
Missionari della Via |
Gesù usava poche parole ben misurate, non spiegava tutto, non chiacchierava a vuoto, diceva ciò che poteva servire a chi ascoltava e che preservava la libertà dell'altro di aderire alle sue parole. Stimolava con le sue domande la ricerca, non dava certezze né assicurava possessi ma invitava a camminare. Non lasciare spazio all'altro, spiegando tutto, rivelando ogni cosa della nostra vita, delle nostre intenzioni, di quello che viviamo, toglie all'altro la partecipazione alla realtà. In un tempo veloce, dove tutto si deve dire e comunicare, dove la gente vuole sapere in anticipo ogni cosa, il Signore ci invita ad assaporare ciò che facciamo, a fare esperienza della Sua presenza. Anche nella nostra vita relazionale, alcune persone pensano che essere familiari, amici, marito e moglie o comunità, significa sapere tutto dell'altro, domandare ogni cosa, cercare compagnia convulsivamente per possedere un po' dell'altro e vincere la solitudine, senza avere una propria intimità. Se la condivisione è importante lo è altrettanto il conoscersi, l'attendere, il rispetto dell'intimità altrui, la delicatezza quando ci avviciniamo alla vita degli altri. Perciò diventiamo sempre più superficiali quando parliamo e indaghiamo troppo ma non sappiamo tacere, custodire. È così che perdiamo la bellezza dell'attendere, di aspettare il giusto tempo per scoprire l'altro, per gioire, per piangere, per condividere, per veder crescere. Anche di un film noi vogliamo sapere sempre le anticipazioni, così come della vita degli altri; amiamo guardare dal buco della serratura, svelare i segreti, sentire, far parlare gli altri affinché ci rivelino aspetti inediti della loro vita... non vogliamo ricevere troppe domande, ma piuttosto avere risposte e rivelazioni. Pietro si sentì dire da Gesù: "tu Simone, sarai Cefa". Ma cosa vuol dire? Cosa succederà? Qual è la vocazione di Pietro? Egli la scoprirà camminando, attendendo, andando e vedendo, attuando un approccio equilibrato alla vita, che ti fa assaporare la bellezza degli incontri, di ciò che fai, di ciò che senti e vivi. "Andando vedendo" è la traduzione pratica dell'invito di Gesù "venite e vedete", cioè assaporate le cose, attendete nella gioia. Ecco, questa è la bellezza dell'attesa, del camminare verso una meta senza sapere cosa ti riserverà il percorso: questo è vivere. E vivi bene e nella gioia, non perché sai prima cosa ti succederà ma perché conosci la meta. Perciò oggi, in questi esercizi spirituali quotidiani, alla luce del Vangelo, chiediamoci se vogliamo essere gente che vive sempre in avanti, che non sa attendere, che consuma la vita propria e quella altrui, che vuole possedere il tempo, le cose, le verità. Oppure, se vogliamo essere persone che sanno assaporare la vita, che sanno camminare verso la meta, che sanno cantare di gioia mentre vivono l'incertezza del momento. «Aspettare procura dolore. Qualcosa si contrae in una regione del corpo, si crea una specie di corrente d'aria fra due porte lasciate aperte per distrazione. L'attesa ha diverse temperature. Si può aspettare con il freddo nel cuore o bruciando di desiderio» (Andrea K-hler). |