Omelia (14-01-2025)
Missionari della Via


L'autorità di Gesù si fonda sulla sua testimonianza credibile, al punto che persino i sacerdoti del tempo riconoscono il suo insegnamento come qualcosa che non necessita di essere imposto con la forza o la persuasione. Anche i demoni riconoscono questa autorevolezza di Gesù, sentendosi disturbati dalle sue parole, perciò gli dicono: "Sei venuto a rovinarci?", come a dire "Sei venuto a turbare la nostra quiete e a mettere in discussione il nostro operato?". L'annuncio del Vangelo ha un effetto potente che non si impone con la forza, ma ci tocca profondamente. Perciò anche noi possiamo sentirci disturbati dal Signore, possiamo essere quelli che si sentono scomodati e che cercano di silenziare gli annunci che ricevono. Al contempo quando la nostra vita non prende autorità da Dio stesso, per accaparrarci l'ascolto degli altri usiamo o l'autoritarismo o, all'opposto, un atteggiamento eccessivamente mondano. Questo accade spesso nelle relazioni genitoriali, dove il dialogo e l'ascolto che mancano vengono sostituiti dall'autoritarismo o, al contrario, dall'essere "amiconi dei figli", mancando di quella autorevolezza necessaria per accompagnarli nella crescita in modo sano. Gesù, invece, ci mostra la strada della sequela e della testimonianza umile del discepolo, rendendo la vita autorevole e pacifica.

San Felice da Nola, è un grande esempio di autorevolezza, che ci mostra come i santi hanno saputo incarnare il messaggio evangelico. Pur non essendo morto a causa della persecuzione anticristiana, è ricordato come martire. Vissuto tra il III e il IV secolo, Felice era un collaboratore del vescovo di Nola, Massimo, che fu costretto a fuggire a causa delle violenze contro i cristiani dell'Impero Romano. Rimasto in città, venne catturato e torturato ma venne liberato miracolosamente da un angelo e portato dal suo vescovo, che, ormai privo di forze, si trovava in un luogo desertico. Riportò quindi Massimo a Nola e riprese il suo ministero sacerdotale grazie a una pausa della persecuzione. Alla ripresa delle violenze, però, Felice si nascose, riuscendo così a sfuggire a una seconda cattura. Nel 313, infine, poté tornare a Nola, e per l'autorevolezza della sua testimonianza venne candidato alla cattedra episcopale. Egli però rifiutò e non volle nemmeno indietro i beni che gli erano stati sequestrati, preferendo vivere in povertà fino alla morte. La sua storia ci è giunta grazie al racconto di san Paolino da Nola (cf Matteo Liut).