Omelia (15-06-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Matteo 28,16-20

Questi pochi versetti formano la conclusione del vangelo secondo Matteo e ci forniscono una chiave essenziale per una sua esatta comprensione. Il vangelo termina con queste parole di Gesù: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo", che hanno un'importanza capitale.

Matteo collega l'invio dei discepoli in missione all'evento della risurrezione, poiché il viaggio dei discepoli in Galilea esegue l'ordine dato dall'angelo (v.7) e da Gesù (v.10) alle donne perché lo trasmettessero loro.

Il discorso della missione del capitolo 10 trova qui il suo adempimento: i discepoli finalmente partono. L'evangelista accenna discretamente al fatto che i discepoli "vedono" Gesù e sottolinea il loro gesto: "si prostrarono" in segno di riconoscimento della sua signoria. Questo atteggiamento esprime la fede, ma la loro adorazione rimane mescolata al dubbio.

Gesù si accosta ad essi, come dopo la trasfigurazione (Mt 17,7) e li chiama ad approfondire ancora di più il loro rapporto con lui. Gli incontri con il Risorto non possono privare la fede della libertà. Gli Undici rappresentano una povera Chiesa di uomini di poca fede. Confermando loro l'investitura profetica, Gesù li riveste di ogni autorità (v. 18), quella che gli è stata data in cielo e in terra.

La comunità di quelli che credono in Gesù non trova in se stessa la capacità di credere. Questa proviene loro dalla potenza stessa di Dio, trasmessa loro dal Risorto. Da lui ricevono lo straordinario potere di radunare nuovi discepoli con il battesimo e l'ammaestramento. Il battesimo, conferito nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, manifesta l'ingresso del cristiano nel Regno, cioè nella vita di Dio. Con esso il battezzato appartiene a Dio Padre e Figlio e Spirito Santo.

Al battesimo è unito l'ammaestramento; si tratta, non di una lezione da imparare, ma della buona novella del Regno - che è Gesù stesso in ciò che dice e in ciò che fa - da cui bisogna lasciarsi penetrare. Questo ammaestramento si presenta come un'azione interiore che esige un comportamento coerente. E' il vangelo nella sua totalità che diviene così insegnamento di vita per i discepoli e si manifesta nell'esistenza cristiana. Nella vita cristiana la vita morale non è altro che il vangelo in atto.

Questo ammaestramento, rivestito di ogni autorità, riguarda tutte le genti (v.19) perché tutti sono chiamati alla salvezza, e la comunità intera dei discepoli partecipa alla responsabilità di questa chiamata, in unione con il Padre che vuole che "nessuno di questi piccoli si perda" (Mt 18,14). Così il discepolo diventa responsabile di tutte le genti perché il vangelo di Gesù è un messaggio per il mondo.

Dopo la sua risurrezione Gesù non è più sottomesso al tempo e allo spazio, ma il tempo e lo spazio sono sottoposti a lui. Egli realizza una presenza effettivamente universale. Matteo sottolinea questa universalità con un quadruplice "tutto" che esprime la totalità dell'azione divina (= ogni potere in cielo e in terra), che prende corpo nella totalità dell'agire umano (=insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato) secondo la totalità del tempo (= io sono con voi tutti i giorni) e dello spazio (= ammaestrate tutte le nazioni). Ricordiamo che il numero "quattro" simboleggia il mondo creato, composto da quattro elementi fondamentali e delimitato dai quattro punti cardinali.

Per Matteo la Chiesa si costituisce vivendo e annunciando Gesù che raduna tutte le genti del mondo e le immerge nella sua vita e nella sua morte per farle partecipare alla vita e all'azione del Padre nello Spirito. La comunità cristiana sussiste per la presenza del Cristo in mezzo ad essa (Mt 18,20) e appare come luogo ove si attesta la presenza universale di Gesù, che abbraccia lo spazio e il tempo.

Il volto della Chiesa secondo il vangelo di Matteo è il volto stesso di Cristo morto e risorto, vivente nel cuore di suoi discepoli, ai quali ha detto: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (v.20).