Omelia (25-12-2024)
don Andrea Varliero
Mi basta che tu ci sia

Bambino, ti prendo tra le braccia. Ti guardo in volto e mi comprendo, mi rivedo. Ritrovo il bambino che sono stato, una parte di me che dimentico spesso, una parte smarrita in un tempo di fretta, in un freddo adulto. Tu bambino, sai che adulto non sono se mi dimentico di me bambino; adulto non sono se mi dimentico di te bambino, tu che sei dentro di me. Grazie a te incontro pienamente me stesso, grazie a te rientro nella camera segreta del cuore. Sai, ho mille cuori, ho mille volti, vivo immense contraddizioni. Tu mi aiuti a dipanare il bandolo della matassa: viene il momento in cui non è importante salvare la faccia, l'essenziale è abbracciarti.
Bambino, non è facile accudirti, si dorme poco con te in casa. Da quando sei entrato nella mia vita hai chiesto tutta l'attenzione, hai rovesciato tutti i progetti, hai messo a soqquadro l'intera casa. Non sei un sogno, non sei una cartolina, non sei per niente facile, per te è la fatica, tu impegno quotidiano. Ti ho rivisto impigliato tra le ciglia di anziani, quanta solitudine nelle nostre case. Ti ho sorpreso tra le lacrime di un papà, quanto dolore siamo in grado di portare. Ti ho sorriso con gli occhi davanti ad un amico, quanta umanità tu ci accordi. Ti ho accarezzato nel letto di un ospedale, quanta cura e silenzio tu mi chiedi. Ti ho ascoltato nelle tue prospettive e sicumere, senza appello a farti cambiare per essere felice. Ma viene il tempo in cui non è importante comprenderti, l'essenziale è abbracciarti.
Bambino, è un mondo tanto duro quello in cui oggi vieni alla luce. I muri sono sempre più alti, fili spinati e fanali abbaglianti, muri invisibili oltre i quali nessuno vuole mettere il naso, venditori di dolore. È un mondo che delega, che non vuole responsabilità, troppo impegnativo salpare e navigare in questo tempo. Un mondo sempre più di intelligenza artificiale, di connessioni immense, ma di incapacità a entrare in umanità, di relazioni impoverite. È un mondo di fretta. È un mondo di gente strana che vive l'onda emotiva, ma fa fatica a trovare casa. Tu bambino, vuoi bene a questa umanità, la ami, non pretendi di cambiarla, tu chiedi solamente un abbraccio. Viene il momento in cui non è importante cambiare il mondo, l'essenziale è abbracciarlo.
Quest'anno non avrò fretta di smontare il presepe: anzi, lo terrò per tutti i giorni dell'anno. Non inscatolerò subito l'angelo con lo stendardo del «Gloria in Excelsis»: sarà lui a ravvivare un po' di luce per i giorni in cui mi sentirò perso. Non riporrò subito via i pastori con le pecore: saranno loro a insegnarmi a camminare al passo della comunità, a camminare insieme. Saranno loro a custodirmi nella fede semplice. Saranno loro, quando suoneranno alla porta di casa mendicando attenzione. Saranno loro da ascoltare nelle loro vite fragili. Non rivestirò di carta né l'asino né il bue: saranno loro a ricordarmi la pazienza, a voler bene a questo mondo senza sfruttarlo né depredarlo, ad accoglierti sempre come un Bambino. Non metterò nella scatola San Giuseppe: sarà lui a guidarmi nella responsabilità, nella via della generosità e del dono quotidiano, a vivere bene le piccole cose di ogni giorno. Non metterò nella scatola tua mamma, Maria: sarà lei a insegnarmi lo stupore, la fede che genera alla vita, la fede che non ha bisogno di voli di angeli, le basta una sottile voce di silenzio.
Bambino, non ti riporrò subito nella scatola in attesa di aprirti il prossimo anno: tutti i giorni ti tengo con me. Ti abbraccerò come gioia, perché «Tu vieni. E con Te viene la gioia. Se lo voglio, mi sei vicino. Anche se non voglio, mi sei vicino. Mi parli, anche se non parli. Se non ti amo, Tu mi ami ancor di più. Se mi perdo, vieni a cercarmi. Se non so camminare, tu mi sostieni. Se io piango, sono beato perché Tu mi consoli. Se sono povero, ho assicurato il Regno dei Cieli. Se ho fame e sete di giustizia, sono saziato. Se sono perseguitato per causa di giustizia, posso rallegrarmi ed esultare. Così entra nel mondo la gioia, attraverso un bambino che non ha niente. La gioia è fatta di niente, perché ogni uomo che viene al mondo viene a mani vuote. Cammina, lavora e soffre a mani vuote, muore e va di là a mani vuote» (don Primo Mazzolari).
Bambino, non ho nulla da chiederti, nulla da mendicare, nulla da rimproverarti, nulla per cui incattivirmi: mi basta che tu ci sia. Non ti chiedo nulla: mi basta che tu sia fra noi. Noi possiamo divenire anche più cattivi, ma se Tu resti, anche questo grosso male passerà. Non chiedo nulla, mi basta che Tu ci sia.