Omelia (29-12-2024)
diac. Vito Calella
«Stare nelle cose di Dio Padre» per prendersi cura delle relazioni familiari

Oggi, festa della Sacra Famiglia, giorno dell'apertura Diocesana del Giubileo, la Parola di Dio ci invita ad essere "pellegrini di speranza" curando i nostri rapporti familiari e comunitari con lo sguardo fisso su Gesù, che nel tempio di Gersualemme, scelse di «occuparsi delle cose del Padre suo, o "stare" in esse» (Lc 2,49), e contemplando anche Maria e Giuseppe, che accompagnavano la crescita di Gesù «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).
Il profeta Samuele, dopo che fu svezzato dalla sua mamma Anna, visse la stessa esperienza di Gesù: fu accompagnato dai genitori al tempio di Silo perché la sua mamma fece il voto di consacrarlo al Signore, avendolo avuto miracolosamente dopo anni di dolorosa sterilità. Di fatto, il giovane Samuele non tornò a casa, ma rimase risiedendo nel santuario di Silo, a completa disposizione del Signore, orientato spiritualmente dalla sapienza del sacerdote Eli.
C'é una differenza con il racconto del Vangelo. Quando era permesso che un fanciullo di dodici anni potesse accedere al tempio di Gerusalemme come "adulto nella fede", i genitori accompagnarono Gesù in quel primo importante pellegrinaggio. Ma fu Gesù a scegliere di rimanere da solo nella città santa, nel tempio, tra i dottori della legge, perché aveva già fatto la scelta fondamentale della sua vita: «stare nelle cose del Padre suo» (Lc 2,49).
«Stare nelle cose di Dio Padre» significa prima di tutto scegliere di perseverare nella própria comunità cristiana, come membra vive e attive del corpo di Cristo ecclesiale attraverso la partecipazione effettiva in una attività pastorale sia in ambito liturgico, sia in quello biblico-catechetico, sia in quello caritativo. L'azione pastorale più importante, che fortifica la nostra unità in Cristo Gesù morto e risuscitato, è la celebrazione eucaristica. Potessimo pregare, come famiglia, tutti uniti, mariti, mogli e figli, le parole del salmo 83, che cantano l'arrivo del pellegrino al tempio do Gerusalemme. Per noi è la gioia di radunarci in assemblea liturgica attorno alla mensa della Parola e dell'Eucaristia per trovare la forza di santificare la nostra vita quotidiana a partire dalle notre relazioni familiari, guidade e sostenute dall'azione dello Spirito Santo.
«Stare nelle cose di Dio Padre» significa progredire giorno dopo giorno nell'esperienza dell'incontro orante con la Parola di Dio, che illumina il cammino della nostra vita. Il perseverare nella nostra comunità cristiana di appartenenza ci aiuti a diventare come Gesù, appassionati interpreti della Parola di Dio, come abbiamo ascoltato dal Vangelo: «Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tu quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte» (Lc 2,46-47). Nell'era della comunicazione digitale, immersi e condizionati dai messaggi veicolati nel mondo virtuale dei social, facciamo nostro l'esempio di Gesù, mettendo al centro della nostra vita personale e familiare la luce della Parola di Dio!
«Stare nelle cose di Dio Padre» significa fare la stessa scelta fondamentale di Gesù: obbedire sempre alla volontà di Dio Padre.
L'angosciosa ricerca di Gesù, vissuta da Maria e Giuseppe, fu ricompensata dalla consolazione del venire a scoprire che il loro adolescente Gesù aveva fatto quella scelta, che orientò in ogni istante l'esercizio della sua libertà umana. Non si trattava di una libertà assoluta, ma di voler fare solo ciò che è conforme al progetto di Dio Padre. Potessimo anche noi far nostre le parole della Parola di Dio, che per mezzo dell'apostolo Giovanni ci esortano a «osservare i comandamenti di Dio Padre e fare quello che gli è gradito» (1Gv 3,22b). In una famiglia dove ciscuno fa quello che vuole, lasciandosi condizionare dai propri calcoli egoistici, la vita diventa un caos.
«Stare nelle cose di Dio Padre» significa santificare la nostra vita quotidiana, sostenuti dalla luce della Parola di Dio, coscienti di voler fare la volontà del padre e unificati in Cristo morto e risuscitato mediante la comunione eucaristica. Il testo della prima lettera di Giovanni (seconda lettura) ci invita a prendere coscienza della nostra comune dignità di essere «figli di Dio, e lo siamo realmente!» (Gv 3,1)
Possiamo sentire davvero la gioia di essere tutti figli adottivi di un unico Dio Padre, di essere tutti uniti in Cristo Gesù, chiamati alla fraternità universale, con la forza materna della gratuità dell'amore divino, «per mezzo dello Spirito Santo effuso nei nostri cuori» (Rm 5,5).
Ma questa esperienza, che ci viene offerta partecipando attivamente alla vita della nostra comunità cristiana, può essere offuscata e compromessa dai conflitti familiari, quando viene a mancare la figura paterna, quando c'è separazione tra marito e moglie, quando gli istinti, sentimenti e pensieri egoistici prevalgono nelle relazioni familiari. Chiediamo allora al Signore Gesù che veramente rimanga in noi, imparando a invocare incessantemente «lo Spirito Santo che ci ha dato» (1Gv 3,24b). Abbiamo il dono della gratuità dell'amore divino dentro di noi e possiamo sperare di superare ogni tipo di conflitto relazionale, facendo tutta la nostra parte, ma confidando nell'azione riconciliatrice dello Spírito Santo!
Infine, «stare nelle cose di Dio Padre» significa imparare a contemplare la vita, gli avvenimenti, «custodendoli nel nostro cuore» come Maria (cfr. Lc 2,52), per scoprire la presenza amorevole e provvidente del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo in tutte le fasi belle e difficili della storia di ogni nostra famiglia. Nonostante tutte le difficiltà che attraversano le nostre famiglie, siamo coscienti che Dio abita già la nostra casa, prima ancora che noi, come familia, andiamo a ringraziarlo andando a celebrare la nostra azione di grazia nella sua casa, insieme a tutte le altre famiglie.