Omelia (29-12-2024)
don Alberto Brignoli
Con fiducia e amore, ovvero con il cuore

Ogni anno, in occasione della festa della Santa Famiglia, o di particolari celebrazioni riguardanti questa importante cellula della nostra società, "piccola Chiesa domestica", come la definiva già il Concilio Vaticano II esattamente 60 anni fa, mi aspetto di ascoltare omelie e riflessioni che ribadiscono il ruolo della famiglia nella società, l'importanza della famiglia nella comunità cristiana, le difficoltà della famiglia, la crisi che la famiglia vive come istituzione... con tutti gli annessi e connessi del caso, che in genere si riducono alla presa in considerazione degli "ostacoli" e delle "fatiche" della famiglia e delle loro ripercussioni sulla vita quotidiana. Per cui, dai pulpiti partono tutte le "filippiche" contro le separazioni, i divorzi, le convivenze, le incomprensioni, la mancanza di educazione cristiana dei figli, i modelli affettivi alternativi alla famiglia, la società che ha fatto smarrire il senso di Dio all'interno della famiglia... e via discorrendo, come se all'interno delle nostre famiglie ci fossero solo dei problemi, e come se i problemi fossero tutti ed esclusivamente legati al fatto che nessuno più si sposa in chiesa...
Sinceramente, letture di questo tipo a me paiono limitate, se non addirittura fuorvianti. Di certo, non tengono conto dei molti elementi positivi presenti - nonostante tutto - nelle nostre famiglie, pur con tutti i loro problemi e le loro criticità. Ad ogni modo, anche quando esistono fatiche e problemi molto grandi, soprattutto nelle relazioni tra genitori e figli, difficilmente si tiene conto di una cosa: che nemmeno cristianamente parlando esiste la famiglia "ideale", e ancor meno possiamo prendere la Santa Famiglia di Nazareth come "ideale" a cui ispirarci. Non lo possiamo fare perché al suo interno vi era una concentrazione tale di effusione dello Spirito Santo che tutti quanti ce la sogniamo; e poi, perché - più che di "ideale" - sarebbe meglio parlare di "modello" da seguire, nella consapevolezza che le loro belle fatiche con Gesù adolescente le hanno avute pure Maria e Giuseppe (ah... dimenticavo: agli occhi della società di allora, pure i due santi genitori di Nazareth non apparivano come una coppia "perfetta", quindi, prima di parlare e sparlare contro chi vive situazioni di presunta irregolarità matrimoniale, pensiamoci non una, ma più volte...).
"Perché ci hai fatto questo?", dice Maria a Gesù dopo averlo cercato per tre giorni, prima fra i parenti e poi per tutta Gerusalemme. Mettiamoci dentro tutto ciò che vogliamo, in questa angosciata espressione di Maria, che spesso è molto simile alle urla di tante mamme e di tanti papà di fronte a comportamenti non esemplari dei figli: il nocciolo della questione sta nel fatto che occorre constatare come si investe sempre molto sui figli e sul loro futuro, ma spesso le loro scelte e i loro comportamenti ce li rivelano diversi da come noi li vorremmo. Credo che ogni genitore, anche tra le famiglie che cercano di vivere in maniera coerente la loro fede, si faccia spesso questa domanda: i figli e le loro scelte di vita sono il risultato della nostra educazione, oppure con loro c'è di mezzo un Dio che li deve "occupare nelle sue cose" come è stato per Gesù sin da fanciullo? Dobbiamo indirizzare i figli verso scelte di vita che a noi paiono adeguate a loro, oppure dobbiamo impostare le nostre scelte educative - e quindi la vita di famiglia - su un'idea di libertà, per cui ognuno in famiglia deve poter scegliere secondo le proprie inclinazioni, giuste o sbagliate che esse si rivelino?
Il modello della Santa Famiglia di Nazareth che emerge da quanto abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi e al quale è possibile ispirare le scelte all'interno delle nostre famiglie, si basa sull'idea che i singoli membri di una famiglia vanno lasciati liberi nelle loro scelte di vita semplicemente perché, in fondo, non ci appartengono. I figli non sono nostri, ma di Dio, ed è lui che dispone, secondo il suo disegno, della vita di ognuno di loro. Accettato e compreso questo concetto di fondo, ne consegue pure l'accettazione di quello che dalle letture di oggi ci viene proposto appunto come "modello" di vita familiare:
• i figli sono "offerti al Signore" (come dice Anna nella prima lettura) perché essi non appartengono ai loro genitori, ma sono dei doni ricevuti da Dio e come tali nessuno deve appropriarsene avidamente, ma ringraziare Dio per le scelte di vita a cui lui li vorrà chiamare. E le scelte a cui Dio chiama non possono essere cose "strampalate", avulse dalla normalità: per cui, se i figli fanno scelte che non vanno contro la naturale bontà delle cose, la difesa della vita, i valori e i principi a cui li abbiamo educati, vanno assecondati nelle loro scelte, anche se a noi spesso possono risultare poco comprensibili;
• i genitori devono essere messi nella possibilità di comprendere "perché ci avete fatto questo", quando interrogano i figli al riguardo. Gesù ha risposto a sua madre motivando la sua scelta di rimanere nel tempio: per cui, è doveroso che i figli sappiano entrare in dialogo con i genitori motivando il perché di scelte che a loro possano sembrare strane, fosse anche solo per riconoscere di fronte ai genitori "sì, ho sbagliato e chiedo scusa". La cosa peggiore è fare scelte di qualsiasi tipo in silenzio, di nascosto, senza mai motivare nulla in casa, pensando spesso di farla franca. Facendo così, non si è affatto furbi, si manca solamente di rispetto. E si peggiorano le cose...;
• i genitori rimangono comunque dei punti di riferimento a cui "stare sottomessi", per poter crescere in "sapienza, età e grazia". "Stare sottomessi" non è un invito alla schiavitù o alla padronanza, ma è la presa di coscienza che chi ha più anni di noi è come chi sta su una collina in un punto più in alto di noi: vede meglio di noi il panorama della vita, perché quella strada, lui, l'ha già percorsa, capendone i limiti e valorizzandone le ricchezze;
• da ultimo, la vita di famiglia - con tutte le sue gioie e le sue fatiche - va vissuta come faceva Maria, "custodendo tutte queste cose nel suo cuore", che fino a prova contraria è ancora il luogo in cui è presente amore. E come dice bene Giovanni nella seconda lettura, "se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio". Significa che non sempre nella vita di famiglia riusciamo a capire i pensieri degli altri, le loro scelte, i loro comportamenti, le loro inclinazioni, spesso nemmeno i loro sentimenti. E la società che cambia alla velocità della luce in questo non ci aiuta. Ma la vita va vissuta comunque con intensità, con fiducia negli altri e con amore, certi che Dio ci aiuterà, a poco a poco, a farci comprendere quale disegno ha su coloro che condividono con noi un pezzo di questo complicato ma entusiasmante sentiero della vita.