Omelia (01-01-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Nella Madre di Dio l' imput della speranza

Si diceva che il Bambino Divino, pur nella giacenza silente fra la paglia e il fieno, attira a sè 'persone di ogni provenienza e di ogni rango sociale, pastori e mandriani come anche sapienti astrologi speculativi. I primi ad usufruire però della sua divina santità e a poter così gioire per il dono insolito che hanno ricevuto sono però i suoi genitori. Con essi, il Bambino realizza la comunione e la concordia che fondano la Santa Famiglia di Nazareth. Oggi però uno sguardo allusivo si concentra sulla Madre del Dio incarnato, Maria, che per il fatto stesso di aver concepito il Verbo Incarnato, che non ha cessato di essere Dio pur incarnandosi, viene legittimamente definita Madre di Dio. Già la cugina Elisabetta l'aveva acclamata con questi termini al momento del suo arrivo nel villaggio fra le montagne in cui l'aveva accolta: "A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me"? (Lc 1, 48). Colui che era stato causa del sussulto del nascituro Giovanni nel grembo di Elisabetta non poteva essere infatti che il Verbo Divino, Dio che era stato appena concepito nel grembo della cugina. Questa era pertanto individuabile come la Madre del Dio eterno e infinito che prendeva carne per venire ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14).
Adesso invece, fra le asperità della grotta dove ha appena partorito, è Maria stessa a vivere la fede nel Signore che ha voluto incarnarsi e a coltivare la speranza di un avvenire ricco di soddisfazioni per se stessa e per gli altri, nella consapevolezza che Dio non lascia deluse le nostre attese. Certamente, Maria sa benissimo che la sua maternità incontrerà non poche ansie, difficoltà e vessazioni. Già l'esperienza della gestazione verginale le ha causato non poche congetture pregiudizievoli da parte della gente del posto; anche il parto in quell'alloggio ostile rimediato all'occorrenza è stato tutt'altro che piacevole; l'esercizio della maternità comporterà non pochi sacrifici e difficoltà e anche la certezza che "una spada le trafiggerà l'anima". Ciò nonostante, la Madre del Signore sa sperare e aspettare con la certezza che ogni cosa avrà un epilogo piacevole e appagante. Lei stessa lo aveva detto, sempre al cospetto di Elisabetta: "D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata".
Sa benissimo che colui che è fuoriuscito dal suo grembo è il Figlio di Dio che aveva deliberato sin dal principio di assumere natura umana, come era stato promesso e preannunciato dai profeti, e questo la rende ancora più convita e disinvolta nella sua missione di Madre, essendo la sua una maternità del tutto speciale, estesa a tutto il genere umano e perfino a Dio stesso!
Qualcuno dei commentatori di queste pagine liturgiche osserva che l'apertura della porta giubilare a Roma lo scorso 24 Dicembre sera è in simbiosi con la maternità divina di Maria. L'apertura della porta infatti invita tutti quanti alla fiducia e alla speranza e l'ingresso oltre quella soglia è allusivo all'incontro con Dio misericordioso che non lascia deluse le nostre attese. Al di qua della porta, siamo delimitati dal peccato e dalla perversione che incombono su di noi, ma superando quella soglia si incontra l'amore di Dio che vince il peccato e ci chiama a nuova vita e si valicano anche i confini delle nostre limitatezze. Ecco perché siamo chiamati tutti a sperare e a non arrenderci allo sconforto e alla sfiducia. Nella nascita del Bambino nella carne Dio ha valicato la porta d'ingresso dall'eternità alla temporalità e il passaggio dalla perfezione all'effimeratezza. Maria dal canto suo ha valicato la porta del suo grembo per consentire il passaggio di Dio nella nostra storia e nella nostra vita e se Dio ci accompagna e ci guida nei percorsi e negli itinerari di vita e di salvezza non possiamo che ravviare la speranza in Lui stesso come nostro fine ultimo e come criterio fondamentale di condotta.
La Vergine Madre, che ci svela oltre che la maternità divina anche la realtà esaltante della sua purezza e illibatezza avendo partorito la Perfezione assoluta come Immacolata, ci sprona a dare forza alla speranza e a motivarne le ragioni. In altre parole ci sollecita a vivere protesi verso l'avvenire con fiducia e senza titubanza, dandoci di volta in volta delle motivazioni di fondo per cui vale la pena di sperare.
Come Madre sollecita del Verbo, Maria estende la sua maternità anche a tutti noi che siamo "figli nel Figlio" in forza del battesimo che ci ha resi membra del Corpo il cui capo è lo stesso Cristo. Se Maria è addirittura Madre di Dio, come non può non essere anche Madre nostra? Sia perché siamo tutti vincolati a Cristo Signore come membra della Chiesa, sia per il fatto stesso che essere Madre di Dio non è solamente un fatto di trascendenza ma rende partecipi anche tutti noi di tale dimensione di maternità.
Ci sentiamo da lei incoraggiati e fortificati, specialmente adesso che intraprendiamo un nuovo anno sociale le cui giornate sono irte di imprevisti ma anche sezioni di tempo lungo i quali si dispiega la speranza e questa un po' alla volta si tramuta in certezza per noi.
Maria, Madre di Dio e Madre della speranza, aiutaci a guardare avanti e a non soccombere alle intemperie e alle devianze del tempo presente in cui siamo immersi.

AUGURI A TUTTI QUANTI DI FELICE E PROSPEROSO ANNO 2025.