Omelia (20-01-2025)
Missionari della Via


Più ci sentiamo fragili e più cerchiamo in tutti i modi di ostacolare gli altri, di essere minuziosi nell'indicare le loro mancanze e i loro difetti, sempre pronti a confrontarci per affermare ossessivamente il nostro valore, pungenti, pronti a stuzzicare l'altro per creare una reazione che gli faccia capire che ci siamo anche noi nel mondo. Quando qualcuno sembra privarci di qualcosa, sa qualcosa più di noi o sembra ledere il nostro valore o i nostri sentimenti, abbiamo la stessa reazioni dei farisei: facciamo domande sbagliate in partenza, domande di confronto per capire chi è migliore: "l'altro ha fatto... mentre io..."; "io non avrei mai fatto quello che hai fatto tu!". Ecco, Gesù ci invita, parlando dello sposo e del vestito con la toppa, ad andare in profondità, a curare e guarire il nostro cuore, le nostre parole, il nostro pensiero. Nessuno sarà buono ai nostri occhi finché il nostro cuore non sarà pronto ad ospitare un pacificante amore. Quando la pace sarà nel nostro cuore, sarà anche nel nostro sguardo, nelle nostre mani, nei nostri pensieri, nelle nostre osservazioni, che non sapranno più di egoismo o di possesso ma saranno immagine di Colui che fa nuove tutte le cose. Gesù ci vuole donare una vita nuova, una vita che si nutre del suo esempio. Non possiamo pensare di risolvere il problema del nostro egoismo, della nostra immaturità, dei nostri vizi, mettendo una toppa dietro un esteriore moralismo intransigente. I santi sono stati maestri di amore, hanno formato cuori buoni e disposti ad accogliere il bene; sapevano fare richieste e domande che facevano crescere nella santità; toccavano i punti scoperti non per umiliare ma per elevare gli altri, per farli crescere e far maturare nel cuore un amore autentico, senza finzioni, come quello di Cristo.

«Ignazio aveva per abitudine di raccomandare a uno dei suoi primi compagni il compito di spazzare il cortile della residenza in cui vivevano con una scopa vecchia e rotta. Il gesuita spazzino passava la scopa più e più volte, però gli rimaneva sempre un po' di sporcizia da spazzare. Con lacrime di rabbia e d'impotenza, quel novizio si domandava: "Che ho fatto a padre Ignazio per essere trattato così?". Quell'uomo confuso e turbato era padre Diego Laínez, il quale non sapeva ciò che invece sapeva Ignazio: cioè che lui sarebbe stato il prossimo generale dell'ordine. Ignazio lo stava provando nella pazienza. Avrà pensato Ignazio: "Se questo non sopporta adesso una scopa rotta e il fatto di non poter governare un po' di sporcizia, come potrebbe sopportare il governo di migliaia di gesuiti? Se non impara a prendere le cose con calma e tranquillità, è un candidato destinato all'ulcera» (Ángel Rossi SJ).