Omelia (11-03-2004) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Come vivere questa parola? Due persone, due situazioni di vita. Della prima non è detto il nome, anche se veste con sfarzo e "banchetta lautamente". Dell'altra sappiamo il nome: si chiama Lazzaro, che significa "Dio-aiuta". E' un poveraccio "coperto di piaghe" e nell'atteggiamento di sperare che la sua fame possa placarsi con ciò "che cade dalla mensa del ricco". Non pare che ciò avvenga. La porta del ricco resta chiusa. Il mendicante riscuote sì pietà, ma da parte dei cani che "vengono a leccare le sue piaghe". Il contrasto è forte. Come nei quadri di Rembrandt o di Caravaggio. Splendore con relativo sciupio di ricchezze e tenebra di estrema povertà. Ma il quadro – ecco – subito si capovolge e lo splendore del riccone diventa tenebra di dolore senza scampo, per sempre. La tenebra del povero diventa splendore di gioia in quella vita che, in definitiva, è lo stato di esistenza durevole, l'approdo verso cui corrono i giorni di tutti: tanto del ricco quanto del povero. In questo quadro subito capovolto non c'è la condanna del procurarsi ricchezze. A che gioverebbe allora l'industrioso ingegno dell'uomo e le sue capacità che gli vengono da Dio Creatore? C'è piuttosto il forte biasimo del consumo egoistico delle ricchezze. "Chi dona al povero fa un prestito a Dio" (Pro.19,17) che certo renderà da pari suo quello che gli fu prestato. C'è di più! Dio si nasconde – Lui stesso - dentro la persona del povero. Così quello che il ricco fa anche a uno solo dei più piccoli (cioè poveri) è come se l'avesse fatto a Dio. E' condividendo e solidarizzando col povero che il ricco riceve la sua vera ricchezza: quella per cui, come dice Gesù, sarà "accolto nelle tende eterne". Oggi, nella mia pausa contemplativa, infilerò negli occhi del cuore gli occhi della consapevolezza. Leggerò cioè la storia di questi miei giorni come gravemente segnata dalla morsa di un sistema in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Che fare? Pregare e vivere all'insegna dell'onestà e del prendersi cura di chi ha bisogno. Dissociarsi dalla mentalità e dalle politiche del più furbo e del più forte che vuole ad ogni costo arricchire. Signore, aiuto dei poveri "Lazzari" della terra, dammi di vivere il tuo Vangelo!. La voce di un maestro di spiritualità L'unico senso della vita è di essere un tempo in cui fare esperienza della nostra capacità di essere fratelli. Per essere caritatevoli, non basta dare, occorre essere stati feriti dalla ferita degli altri. Abbé Pierre |