Omelia (05-01-2025)
diac. Vito Calella
Speranza di dialogo e apertura di una Gerusalemme/Chiesa luminosa

Pellegrini di speranza praticando il dialogo costruttivo con chi è diverso da noi
Nella solennità del Natale, secondo la versione dell'evangelista Luca, i personaggi che vennero ad adorare il bambino Gesù erano i pastori e altre persone che ascoltavano il loro racconto e «rimanevano stupiti di ciò che essi riferirono» (Lc 2,18). L'evangelista Luca non rivela l'identità di quest'altro gruppo di persone, presenti davanti alla sacra famiglia. Rispettiamo questo anonimato perché nessuno è escluso dalla grazia di Dio.
Egli «vuole che tutti siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4).
La proposta della nuova ed eterna alleanza, realizzata attraverso il mistero dell'incarnazione del Figlio eterno ed amato di Dio Padre, è rivolta a tutta l'umanità, superando la scelta esclusiva del popolo d'Israele, che Dio aveva fatto nel tempo dell'Antico Testamento. Per questo motivo, la Parola di Dio ispirata all'autore della lettera agli Efesini, conferma l'apertura universale della salvezza offerta dalla missione di Gesù Cristo, e che continua oggi mediante la missione dello Spirito Santo, animatore del suo corpo ecclesiale: «Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (Ef 3,5-6_
In questo tempo giubilare, ricordando i sessant'anni trascorsi dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II (1965-2025), contemplando «i magi d'Oriente che giunsero a Gerusalemme chiedendo dove fosse colui che è nato, il Re dei Giudei» (cfr. Mt 2,1-2), pensiamo alla moltitudine immensa di persone che vivono oggi nella casa comune del nostro pianeta Terra! C'è una moltitudine immensa che professa un'altra religione e tra i cristiani battezzati aumenta il numero delle persone "slegate da un vincolo di appartenenza istituzionale", cioè, di chi non vuole più appartenere ad una comunità cristiana, scegliendo di vivere un'esperienza di fede individuale, aperta anche a proposte di spiritualità sincretiste.
Due testi delle Costituzioni del Concilio Ecumenico Vaticano II invitano a non perdere la speranza e a guardare con rispetto alle persone di religioni non cristiane e ai cristiani scollegati da una istituzione ecclesiastica cattolica o protestante, o evangelica o ortodossa. Nella costituzione dogmatica Lumen Gentium n. 16b leggiamo: «Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna».
Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, al n. 22e leggiamo: «E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale».
La solennità dell'Epifania risvegli in noi, cristiani attivi nella comunità e impegnati per la realizzazione del Regno di Dio in questo mondo, il dialogo ecumenico con i fratelli e le sorelle delle altre confessioni cristiane e il rispetto per quanti professano altre religioni. La stella che guidò i Magi dall'Oriente a Betlemme, passando per Gerusalemme, può rappresentare tutti gli altri mezzi "luminosi" offerti all'umanità per raggiungere e sperimentare un vero incontro con il nostro stesso Dio Creatore, Liberatore e Santificatore, ad eccezione della rivelazione biblica contenuta nelle Sacre Scritture, che, per noi cristiani e per il popolo di Israele, sono la luce per eccellenza. In questo senso può essere interpretato il dettaglio della scomparsa della stella sopra la città di Gerusalemme, perché nella città santa c'era già la luce delle Sacre Scritture.
I maghi d'Oriente sono il simbolo della ricerca di Dio fatta da dall'umanità di tutti i tutti i tempi e luoghi. Per noi cristiani tutta la storia dell'umanità e del creato è destinata a riconoscere la centralità di Gesù Cristo, come ci rivela la quarta benedizione del cantico della lettera agli Efesini: «Dio Padre ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,9-10).
Siamo pellegrini della speranza quando la nostra fede nella Santissima Trinità e il nostro camminnare insieme in una comunità cristiana ci porta a praticare la carità, promuovendo sempre il dialogo e la comunione con persone diverse da noi per scelta religiosa, tradizione culturale e visione filosofica della vita. Viviamo in un contesto in cui è sempre più difficile dialogare e rispettarsi a causa di gruppi che radicalizzano la propria interpretazione della religione e considerano coloro che pensano e vivono diversamente come nemici, competitivi, estranei, provocando una polarizzazione che crea divisioni.
La nostra comunità cristiana sia simile alla Gerusalemme luminosa della profezia di Isaia!
Viviamo in un mondo coinvolto nell'oscurità di guerre che non finiscono mai e minacciano conflitti sempre più grandi e disastrosi a livello globale, aumentando l'opposizione tra il blocco occidentale delle nazioni NATO e il blocco comunista di Russia, Cina, Corea del Nord e i loro alleati. Il radicalismo religioso nelle più grandi religioni del mondo provoca atti di terrorismo e intolleranza in nome di Dio.
È meraviglioso immaginare la bellezza della visione della città di Gerusalemme, luminosa in mezzo a un mondo avvolto nelle tenebre, che attira un pellegrinaggio universale di tutti gli uomini, secondo la profezia di Is 60,1-6.
È una visione di pace fondata sulla fraternità universale, come fu annunciata dagli angeli nel giorno della nascita del nostro Salvatore (cfr Lc 2,14).
Allo stesso tempo, fa impressione immaginare il dramma della città di Gerusalemme turbata dalla notizia della nascita di un re in Giudea, confermata dalla profezia del profeta Malachia, che indicò nella città di Betlemme il luogo di questo avvenimento, secondo il racconto evangelico di Mt 2,3: «All'udire ciò, il re Erode restò turbato, come tutta la città di Gerusalemme».
Gerusalemme, per noi oggi, può simboleggiare la comunità cristiana fondata sulla predicazione apostolica della morte e risurrezione di Gesù, la cui pietra angolare è lo stesso Cristo risuscitato (cfr Ef 2,20-22). Possiamo essere una comunità perturbata e chiusa all'accoglienza oppure una comunità luminosa, aperta ad accogliere tutti e promotrice di pace, capace di abbattere ogni "muro di separazione" e ogni tipo di inimicizia, perché Gesù Cristo è la nostra pace (cfr. Ef 2,10-18).
Siamo pellegrini di speranza quando, scegliendo di promuovere l'accoglienza degli altri, rispettando la loro storia, la loro diversità sociale, culturale, di genere, religiosa, senza preconcetti e senza suscitare divisioni e contrapposizioni, faremo con che le nostre comunità diventino promotrici di pace e comunione.
Siamo pellegrini di speranza promuovendo la fraternità universale quando valorizziamo la vita umana e rispettiamo la biodiversità naturale. Allora, «abbonderà la pace finché non si spenga la luna» (Sal 71,7), perché abbiamo permesso che Cristo risuscitato «governi i popoli com giustizia e giudichi i poveri secondo il diritto» (Sal 71,2) per mezzo della disponibilità di ciascuno di noi, membro vivo del suo corpo ecclesiale, a offrire a tutti, non più incenso, oro e mirra (doni simbolici che ricordano il mistero della sua morte e risurrezione), ma i doni e i frutti dello Spirito Santo nella difficile dinamica di tutte le relazioni umane.