Omelia (05-01-2025) |
don Alberto Brignoli |
La tenda della Sapienza Ascoltando il Prologo del Vangelo di Giovanni mi viene da pensare a quell'espressione che dice "Il buongiorno si vede dal mattino"! È noto, infatti, come il quarto Vangelo sia il più profondo e insieme il più complesso dei quattro, e lo si nota bene sin dai primi versetti del suo primo capitolo, con quest'aura di mistero che lo avvolge. La sapienza di cui il Prologo e tutto il Vangelo di Giovanni sono pervasi può essere letta, e magari anche meglio compresa, alla luce di quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura, tratta dal libro del Siracide, nella quale la Sapienza stessa, impersonificata, fa la propria autoesaltazione. Delle molte cose che la Sapienza dice di se stessa ne sottolineo una, che appare come una specie di comando che essa riceve dal suo Creatore, e che ritroviamo, sia pure formulata diversamente, anche nel Prologo di Giovanni. Circa a metà del brano, il Creatore dice alla Sapienza: "Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti". E la Sapienza obbedisce a questo suo comando, perché non fa altro che continuare ciò che sempre ha fatto al suo cospetto, fin dal principio: "Nella tenda santa davanti a lui ho officiato, e così mi sono stabilita in Sion". Il richiamo al Prologo di Giovanni è evidente, anche perché - a detta di molti biblisti - la traduzione esatta della frase: "E venne ad abitare in mezzo a noi" sarebbe questa: "E piantò la sua tenda in mezzo a noi". Usare il termine "tenda" nella cultura ebraica è un particolare non indifferente. La tenda è, infatti, nella tradizione dell'Esodo, il luogo in cui Dio incontra il suo popolo, il luogo in cui la comunità s'incontra intorno all'Arca dell'Alleanza, il luogo in cui, nel deserto, il popolo sperimenta la presenza di Dio. La tenda, quindi, è il segno che il Dio della promessa sta con il suo popolo; e se la Sapienza ha ricevuto da Dio l'ordine di fissare la propria tenda in Giacobbe (cioè, in Israele), vuol dire che Dio stesso si identifica con la Sapienza. Il Dio Sapiente, il Dio che è Sapienza, "esercita il suo potere su Gerusalemme" e lo fa attraverso una tenda. E qui il discorso inizia a farsi interessante. Che Dio coincida con la Sapienza, nessuno lo nega; che eserciti il suo potere su Gerusalemme, la Città Santa, finché rimaniamo nel linguaggio biblico, nessun problema; ma che il suo potere lo eserciti "in una tenda" ci suona un po' strano, perché il simbolo per eccellenza dell'esercizio del potere non è certo una tenda, anzi. Se c'è qualcosa di veramente precario, anche solo a livello abitativo, è proprio una tenda: chi ha sperimentato la vita in una tenda prova del romanticismo solo se lo fa in campeggio per qualche giorno di vacanza. Ma per il resto, abitare in una tenda significa stare alla mercé delle intemperie, degli assalti notturni, degli incontri indesiderati, di un riposo non certo rilassante. Se poi pensiamo alle molte tendopoli nelle quali trovano una parvenza di alloggio i milioni di sfollati e rifugiati vittime delle guerre o dei disastri climatici presenti in ogni parte del mondo, ci rendiamo effettivamente conto di quanto sia realistico "esercitare il potere in una tenda". Eppure, quella Sapienza che è Dio, decide di esercitare il proprio potere sul mondo abitando in una tenda posta in mezzo agli uomini; e con quella stessa logica di precarietà e di debolezza, decide di farsi carne, di farsi uomo. Il Verbo-Sapienza di Dio si fa carne, e come se ciò non bastasse per rimarcare la propria debolezza e la propria precarietà, decide di manifestare il potere della sua gloria e della sua signoria sul mondo dall'interno di una tenda, segno di precarietà non solo per la sua instabilità, ma anche per la sua mobilità, per il fatto, cioè, che è nata per essere levata e ripiantata ogni volta in un luogo diverso, senza fissarsi e stabilirsi definitivamente in un luogo specifico, come si fa con le case e con i palazzi, che invece già di per sé esprimono solidità, stabilità, sicurezza e potere. La tenda è fatta su misura per il Figlio dell'uomo che - come dirà Gesù di se stesso -"non ha dove posare il capo" perché non vuole fare affidamento su un luogo che gli dia sicurezza e stabilità. La sua è una scelta libera, consapevole: il Verbo di Dio ha preso dimora in una tenda non perché non aveva altra possibilità, ma perché così ha voluto, e allo stesso tempo ha voluto che così vivessimo noi suoi discepoli, noi che siamo la sua Chiesa, ossia di tenda in tenda, di accampamento in accampamento, di lotta in lotta, di precarietà in precarietà, di deserto in deserto, di periferia in periferia. La vera Sapienza è quella che non si fissa in maniera stabile e irreversibile su certezze granitiche di fronte alle quali è impossibile smuoversi, pena la perdita della propria identità. La vera Sapienza non ha paura di confrontarsi con altre culture e di dialogare con altri modi di pensare, di fare e di vivere. La vera Sapienza non dirà mai "faccio così e farò sempre così perché ho sempre fatto così". La Sapienza di Dio si è fatta carne, si è fatta umanità: per questo esercita il proprio potere da una tenda, nella precarietà e nell'instabilità delle situazioni umane più disagiate e più emarginate. Una Chiesa "ospedale da campo" - come l'ha spesso definita Papa Francesco - è una Chiesa che, vivendo nella precarietà di una tenda, cura le ferite dell'umanità nella sua quotidiana battaglia per la sopravvivenza. Una Chiesa che esercita il proprio potere da un palazzo, a null'altro serve se non a entrare nelle logiche di palazzo che alla fine la soffocano e la snaturano; una Chiesa che esercita il suo potere dal luogo in cui la potenza-sapienza di Dio si rivela, ovvero da una tenda, è invece una Chiesa che ha scelto di rimanere fedele alla logica del servizio imparata dal Maestro. Oggi l'insegnamento sul "levare le tende" e seguire il Maestro ce lo dà la Sapienza rivelataci dal Dio dei nostri padri: nella Liturgia di domani, quella dell'Epifania, questo insegnamento ci verrà addirittura da atri mondi e altre culture. Perché la vera Sapienza, quella che vive in una tenda, non conosce limiti né confini. |