Omelia (05-01-2025)
don Lucio D'Abbraccio
La povertà e l'umiltà di Dio!

In questo tempo natalizio più volte ci è stato presentato questo testo del Prologo del Vangelo di Giovanni. Quella che può apparire una banale ripetizione è invece un modo attraverso il quale la Liturgia vuole aiutarci a scandagliare e approfondire il mistero del Natale. Un testo che, in mezzo alle tante luci di questo tempo, mira ad aiutarci ad andare all'essenziale, a cogliere che Gesù è, come recitiamo nella nostra professione di fede: «Luce da Luce, Dio vero da Dio vero». Sì! Cristo Gesù è «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» e «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste».
Dio, che da sempre ha parlato attraverso i profeti e la Legge, oggi si fa vedere, toccare e sentire nella carne, nel volto, nel vagito e nelle membra di un bambino appena nato. Questo bambino è come la tenda di Giacobbe (I lettura): ma non è più una tenda provvisoria, itinerante. No! Questa tenda è per sempre fissa in mezzo a noi. Ciò significa che il nostro sarà per sempre un Dio di carne, un Dio fatto uomo - «e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» -, che conosce le nostre sofferenze e i dolori del mondo, che agisce con i suoi figli e figlie e che sempre ama e perdona. Oggi, dunque, siamo chiamati a contemplare questa «tenda», ossia a contemplare per sempre l'Emmanuele.
È da notare, inoltre, che la nascita di Gesù Cristo, Verbo della vita, rivela che Dio ha scelto la povertà per se stesso nella sua venuta in mezzo a noi. La scena che i pastori videro per primi, e che confermò l'annuncio fatto loro dall'angelo, è quella di una stalla dove Maria e Giuseppe avevano cercato rifugio, e di una mangiatoia in cui la Vergine aveva deposto il Neonato avvolto in fasce (cf Lc 2,7.12.16). Questa povertà Dio l'ha scelta! Ha voluto nascere in questo modo ma, potremmo subito aggiungere: ha voluto vivere così, e anche morire in questo modo. Perché? Lo spiega in termini popolari il santo vescovo Alfonso Maria de' Liguori, in un cantico natalizio, che tutti conosciamo: Tu scendi dalle stelle. In questo cantico ascoltiamo queste parole: «A Te, che sei nel mondo il Creatore, mancano panni e fuoco, o mio Signore. Caro eletto pargoletto, quando questa povertà più m'innamora, giacché ti fece amor povero ancora». Ecco la risposta: l'amore per noi ha spinto Gesù non soltanto a farsi uomo, ma a farsi povero. In questa stessa linea possiamo citare l'espressione di san Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (8,9). Meditiamo, dunque, sull'umiltà e la povertà di Dio!
Ebbene, chiediamo a Dio nostro Padre, che nel Verbo venuto ad abitare in mezzo a noi rivela al mondo la sua gloria, di aiutarci ad essere persone umili e ad illuminare gli occhi del nostro cuore, perché, credendo nel suo Figlio unigenito, gustiamo la gioia di essere suoi figli. Amen!