Omelia (06-01-2025) |
don Andrea Varliero |
Il dono più bello, il nostro viaggio Il loro è un viaggio immenso: partono dall'Estremo Oriente, con un bagaglio di conoscenze miste tra magia e astronomia, matematica e religione, seguaci del Dio delle stelle, marduc o giove. Viaggeranno anche dopo morti: le loro reliquie da Gerusalemme arriveranno a Costantinopoli con Elena regina. Saranno accolte a Milano, per poi essere trafugate dal Barbarossa fino a Colonia, per fissarsi nel cuore dell'Europa. Ho ancora nel cuore la straordinaria cattedrale gotica di Colonia: entrandovi, si viene spinti verso l'alto da quella foresta di colonne che si intrecciano. I magi hanno saputo viaggiare insieme, non da soli: una carovana di amici. Hanno vissuto la pazienza dell'attendersi, forse anche hanno trovato occasione per litigare, forse hanno dovuto trovare un punto comune lasciando da parte impuntamenti e pretese, forse a un certo punto hanno anche seriamente pensato che da soli sarebbero arrivati prima e senza fastidi. Ma è solo insieme che si arriva più lontano. Il loro è un viaggio tanto simile al nostro: non ne hanno combinata una di giusta. Avevano una stella da osservare, la perdono di vista e si smarriscono. Avevano una direzione da seguire, e vanno a Gerusalemme invece che a Betlemme. Parlano del bambino all'orco che uccide i bambini, il re dalle mani di sangue Erode il Grande, davvero figura vendicativa storicamente attestata. Cercavano un re e trovano un bambino, cercavano un palazzo e sono costretti a inchinarsi per entrare in una angusta grotta. Santi i magi, ma imperfetti: come ci assomigliano! Allora, dove sta il segreto della loro santità? Forse sta nell'infinita pazienza a ricominciare, nell'infinita pazienza a rialzarsi nonostante le mille cadute, le infinite contraddizioni, le molteplici sconfitte. Sono loro a indicarci che, più che un viaggio sicuro e dritto, la vita è fatta di sbandamenti, di larghi giri immensi, di porte chiuse e di strade sbagliate; eppure, i loro sbagli non sono l'ultima parola. Loro ci indicano che vivere è l'infinita pazienza di ricominciare. Il loro è un viaggio appassionato. Cercatori di Dio: cercano nel numero, nella cifra, nella formula matematica, nell'orbita delle stelle, nella chimica e nella fisica. Cercano nel telescopio e nelle mappe geografiche. Cercano Dio tra le carte del sapere, tra i libri di poesia e nelle biblioteche del mondo. Cercano Dio senza la paura di porsi delle domande, senza un muro in testa. Noi come loro, chiamati a districarci e a fare discernimento in mezzo ad un oceano mare di notizie vere, false, illazioni, presunzioni. Qual è la loro bussola? Ne tengono due tra le loro mani, due bussole che servono anche al nostro viaggio. Una bussola sta fuori di loro: è la stella da seguire, ossia un senso, un uni-verso verso cui convergere. Senza un senso da dare ai giorni, alle fatiche, alle lacrime, al lavoro e al riposo, ai giorni e alla vita, senza una stella siamo solo dei randagi. L'altra bussola sta dentro di loro: è la gioia. «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima». La gioia che provano non è un'emozione, non è un sentimento. È una presenza, è la gioia di essere chi siamo, volti di infinito. La gioia di sentirci riconquistati, perdonati, riabbracciati. La gioia della bellezza e del silenzio, la gioia della danza e del mondo. Anche i magi conoscono il massacro, il sangue, la violenza, la migrazione e l'ingiustizia del dolore innocente: credono che la gioia sia più forte, si arrendono alla gioia che si posa tra le ciglia di un bambino. Senza la gioia siamo solo dei disperati. Io mi domando: tra milioni di bambini, tra milioni di templi, tra milioni di palazzi e di arsenali, tra milioni di strade, tra milioni di stelle, come hanno fatto a riconoscere proprio quel Bambino? Come hanno fatto a riconoscere Dio che passava nella loro esistenza? Quale Epifania si è mostrata loro? Perché Lui è presente. Erode, gli scribi, Gerusalemme non si sono accorti di nulla, loro invece sì. Che cosa è mancato al biblista e allo scienziato, al re e al soldato, che invece i magi avevano? L'attenzione. Ci manca l'attenzione. L'attenzione come primo dovere spirituale. L'attenzione come quel genere di povertà che hanno coloro che attendono, coloro che abitano il presente, il qui e l'ora, che intuiscono che ogni istante non è solo tempo che scorre, ma è la soglia di una Rivelazione. Cari magi, io vi ringrazio: avete portato oro al Re dei re, incenso al Dio invisibile, mirra a Colui che sarà sepolto come tutti noi. Ma il dono più bello è questo vostro viaggio: un viaggio che assomiglia tanto alla nostra vita. Domani riprenderemo il viaggio più noioso e stantio, quello della quotidianità, ma voi ci indicate una gioia, un'infinita pazienza a rialzarci, un'attenzione da prestare, che sono la bellezza più bella, la stella da seguire |