Omelia (12-01-2025) |
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Il battesimo di Gesù Il tempo di Natale si conclude con una scena che mai ci aspetteremmo. Il Figlio di Dio fatto carne, ormai già adulto, si trova sulle rive del fiume Giordano, in fila con i peccatori per ricevere il battesimo da un altro uomo noto nella Scrittura che pure ritroviamo già grande: Giovanni, figlio di Elisabetta e Zaccaria, parente di Gesù per via materna. Luca lo aveva presentato nei Racconti dell'Infanzia come il frutto di un grembo sterile che aveva tolto la vergogna di Elisabetta, il gestante che aveva ricevuto un nome insolito contravvenendo alle tradizioni giudaiche, il piccolo prodigio celebrato dal padre che per nove mesi era stato affetto da afasia e che allo sciogliersi della sua lingua canta di lui celebrando come "profeta dell'Altissimo", l'apripista del ministero del Messia. Questo piccolo, ora grande, contravvenendo ancora alla prassi giudaica che lo vorrebbe sacerdote come il padre, non si trova nel tempio ma nel deserto e lì predica la conversione e prepara i cuori a nascere a vita nuova. Presso le acque del ritorno a Dio, arriva anche il Figlio del Padre, il "Santo di Dio" (), che non ha certo bisogno di penitenza e conversione perché è radicato nelle "cose del Padre" (Lc 2,). Gesù si fa accanto ai perduti, prova che niente di ciò che è umano gli è indifferente, testimonianza della sua ricerca incessante degli smarriti di cuore. Luca ci fa contemplare la preparazione alla semina della divina Parola: Giovanni dissoda il terreno, estirpa radici, ravviva il fuoco degli aneliti profondi del cuore, sopiti sotto la cenere dei peccati. Giovanni è ben consapevole di non essere il Cristo, ma sa presentarlo agli altri come il Messia venuto a conferire un battesimo di fuoco che purifica e trasforma radicalmente le vite. Giovanni sa di essere semplicemente un tramite, uno strumento, un intermediario, colui che avvicina gli altri a Cristo e mentre ne parla, ecco che l'Atteso si fa vedere, gli viene incontro. Non attende di essere trovato, ma lui stesso si muove verso Giovanni e verso quanti ricevono il suo battesimo. Il Dio che «è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 10) comincia la sua missione proprio in mezzo ai perduti. È lì che il Forte si fa trovare: tra i deboli. Cristo si manifesta tra chi si riconosce peccatore, senza far sfolgorare la sua santità ma facendola scendere con lui nelle acque limacciose del fiume Giordano. Le acque in cui si sono immerse le pecore accolgono il pastore e vengono da lui santificate. Così il pastore s'impregna dell'odore delle pecore e lo fa salire al Padre. Al momento del suo abbassamento i cieli si aprono e non c'è più separazione: la terra ha accesso al Cielo e il Cielo può comunicarsi alla terra. L'odore delle pecore sale al Padre per mezzo di un pastore compassionevole che non umilia il gregge con giudizi violenti, ma lo innalza con sé per sottrarlo alla dispersione, abbracciarlo e rigenerarlo con tenerezza. Entrato nelle acque, il Figlio prega. Dialoga amorevolmente con il Padre suo, intercede per il popolo numeroso dei perduti per i quali egli ha un debole e... il Cielo si apre. La preghiera del Figlio è la chiave che spalanca il cuore del Padre, lo fa battere forte e piove abbondante la grazia dall'alto. Risuona sulla terra la voce del Padre, fiero dell'umiltà del Figlio: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento" (Lc 3, 22). Il Padre parla al Figlio e offre a noi il lieto annuncio con cui si compie il tempo di Natale: la vita di fede non è un'impresa titanica ma un lasciarsi raggiungere in profondità dall'amore del Padre manifestato nel Figlio, è vita filiale che si consolida nella preghiera, chiave che apre ogni porta. A noi che riprendiamo il cammino del tempo ordinario tocca ora far fruttificare la ricchezza del nostro battesimo rimanendo nell'amore nel quale siamo stati immersi e lasciando che questo amore emerga da ogni nostro gesto e da ogni nostra parola. Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista |