Omelia (12-01-2025) |
diac. Vito Calella |
La speranza di giustizia e pace per tutta l'umanità dal battesimo di Gesù al nostro Il significato del "non essere degno di sciogliere i lacci dei sandali"... San Giovanni Battista si sentiva parte integrante del popolo di Israele. Tuttavia, la sua missione di essere il precursore del Messia redentore, promesso da secoli attraverso i profeti, aveva le caratteristiche di una apertura universale. Egli aveva intuito, ispirato dallo Spirito Santo, che la nuova ed eterna alleanza, promessa da Dio, non sarebbe più stata realizzata soltanto a favore del popolo eletto di Israele, ma per tutti i popoli del mondo. Lui si sentiva come un rappresentante del popolo eletto nelle vesti di una "vedova", perché conosceva bene la storia di tutte le infedeltà del suo popolo. Ogni forma di idolatria, praticata dal popolo eletto, poteva essere paragonata alla "morte" del vero Dio creatore, redentore e santificatore. Il Messia promesso poteva essere immaginato da san Giovanni Battista come «il proprio Dio di Israele, che viene con potenza, per consolare il suo popolo», conforme all'annuncio dell'inizio del libro della consolazione del secondo Isaia: «Consolate, consolate il mio popolo!» (cfr. Is 40,1-5.9-11). Ma Dio non avrebbe "risposato" la "vedova-Israele", perché le "nuove nozze" dell'eterna alleanza avrebbero come "sposa" tutta l'umanità. È questo il significato più profondo dell'affermazione: «Non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali» (Lc 3,15). Questo era un rito simbolico fatto da una vedova, quando il fratello del marito defunto rifiutava di assumerla come sposa, rispettando la legge del levirato (cfr Dt 25,5-10). Se questi decideva di non risposare la cognata vedova, si svolgeva un rito davanti agli anziani: la vedova si avvicinava al cognato, gli slacciava i sandali dai piedi, gli sputava in faccia e diceva: «Così si deve fare all'uomo che non edifica la casa di suo fratello» (Dt 25,9b-10). La manifestazione di Dio, che viene a salvare tutta l'umanità attraverso la missione di Gesù, volto divino dell'uomo e umano di Dio, è motivo di speranza, per noi cristiani che crediamo nella centralità di Cristo crocifisso e risuscitato, come ci insegna la parola di Dio di questa domenica, attraverso la lettera a Tito: «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini, [...]nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2,11.13-14). La potenza di Gesù è il suo essere "buon pastore" pieno di tenerezza e misericordia! San Giovanni Battista aveva detto: «Verrà colui che è più forte di me. [...] Vi battezzerà in Spirito e fuoco» (Lc 3,16b.d). Il libro della consolazione del secondo Isaia preannuncia profeticamente la sua missione di precursore del Messia: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato» (Is 40,3-5). Poi la venuta gloriosa di Dio è annunciata con due immagini contrastanti: quella forte di un re guerriero che ostenta il bottino della vittoria e quella di un pastore pieno di tenerezza e misercordia: «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,11). Fa eco la parola di Dio attraverso la lettera a Tito: «Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia» (Tt 3,4-5a). Dal battesimo di Gesù al nostro: strumenti di pace e giustizia, guidati dallo Spirito L'evangelista Luca non dà importanza al fatto in sè del battesimo di Gesù nel fiume Giordano. In un solo versetto fa capire indirettamente che Gesù stava in mezzo al popolo e, subito dopo il suo immergersi nelle acque del Giordano, come tutti gli altri, perseverava nella preghiera: «Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera» (Lc 3,21 abc). Nella stessa fila dei peccatori, in anonimato, mescolato in mezzo al popolo che accoglieva l'invito alla conversione di san Giovanni, anche Gesù si lasciava battezzare dal profeta e pregava. Più che parole, dette da Gesù, la sua preghiera sembra essere una esperienza di autentica comunione con tutta l'umanità e, al tempo stesso, una consegna silenziosa a Dio Padre affinché lo Spirito Santo possa rinnovare i cuori di tutta la gente del mondo e portare la pace, come avvenne dopo il diluvio universale, quando una colomba discese sull'arca di Noé portando un ramoscello d'ulivo, simbolo di un nuovo tempo, dopo la distruzione totale del diluvio universale (cfr. Gn 8,11). Gesù ben sapeva che la radice del male è l'egoismo umano, conforme l'interpretazione attestata proprio nel contesto del racconto del diluvio universale, in Gn 8,21a: «Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza». Ma il «il fuoco» della gratuità dell'amore divino, che lo univa eternamente a Dio Padre, era la forza in grado di "bruciare" l'egoismo umano e di "riscaldare" i cuori di ogni uomo e donna di questo mondo, affinché ciascuno potesse essere artefice di relazioni rispettose dell'altro, promuovendo la giustiza e la pace. La sua missione pubblica iniziava con il battesimo e questo inizio si manifestò nel segno del cielo azzurro che fa risplendere la potenza della luce del sole, vincente sulle nuvole minacciose che annunciano tempesta: «I cieli si aprirono» (Lc 3,21d). Gesù iniziava la sua missione pubblica, che sarebbe culminata nell'evento della sua morte di croce e della sua risurrezione. Restando in preghiera, subito dopo essere stato battezzato nel fiume Giordano, «la voce maestosa di Dio Padre sulle acque»(cfr. Sal 28,3a.4b) lo confermava di fronte a tutti come «il Figlio amato», già predetto dal Salmo 2,7 e dal primo cantico del servo di Dio di Is 42,1-7 (cfr. Is 42,1). Terminata la missione di Gesù, con l'evento pasquale, è volontà di Dio Padre che il suo regno di giustizia e di pace si realizzi nel mondo per mezzo della missione della Chiesa, sostenuta e guidata dallo Spirito Santo. Se il battesimo di Gesù nel Giordano inaugurò al sua missione pubblica, il sacramento del Battesimo celebrato nella comunità cristiana inaugura la nostra missione di essere "come Gesù" per le strade del mondo, coltivando in noi il sogno di una fraternità universale in grado di garantire pace e giustizia. Ringraziamo immensamente Dio Padre unito al Figlio nello Spirito Santo ricordando il giorno in cui ciascuno di noi «fu rigenerato con l'acqua del Battesimo e fu rinnovato nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna» (Tt 3,5b-7). Imitando san Giovanni Battista, non ci sentiamo privilegiati e separati dal resto di umanità, per il fatto di appartenere alla Chiesa Cattolica! Siamo coscienti che le "nozze" della nuova ed eterna alleanza, realizzate per mezzo della morte e risurrezione di Gesù, sono un evento di salvezza per tutta l'umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Chiediamo a Dio Padre che la grazia dello Spirito Santo, già presente dentro di noi, «ci insegni a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,12-13). Vogliamo vigilare di fronte ai demoni dei nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici che continuano a tentare la nostra scelta di vivere sobri. Vogliamo vivere relazioni di rispetto per promuovere la giustizia con gesti di gratuità. Vogliamo fortificarci con le pratiche di pietà della nostra preghiera quotidiana. Perseverando nella preghiera, come Gesù, la nostra corporeità vivente possa diventare sempre più un umile strumento affinché realmente «lo Spirito Santo rinnovi la faccia della Terra» (Sal 104,30). |