Omelia (12-01-2025)
don Andrea Varliero
Fino in fondo

In ben altro modo avrebbe potuto iniziare: avrebbe potuto distruggere tutte le armi, guarire tutti, asciugare tutte le lacrime, riportare alla vita tutte le morti, illuminare in un attimo tutta l'oscurità presente. Invece, ha scelto di essere un uomo qualunque, senza apparenza né spettacolo, quasi un senza volto, un uomo in fila assieme all'umanità. Il suo primo gesto è stato quello di attendere pazientemente il proprio turno, di ascoltare i nostri brontolamenti, i nostri discorsi, le nostre ansie. Anonimo tra gli anonimi: in fila come qualunque altro per essere immerso completamente da Giovanni Battista. Già questo mi innervosisce, già questo provoca indignazione: in fila per lasciarti battezzare da un concorrente? Già questo mi disarma: avevo in mente un Dio onnipotente, di cui aver paura, da cui nascondermi, da conquistare o meritare, da mendicare, a cui sottomettermi; mi trovo di fronte ad un volto paziente, in fila con tutti noi, mortali peccatori. Già questo mi illumina, mi dice chi sono: lui si è fatto anonimo, senza nome, perché io ricevessi un nome, il nome più bello.
Resto stupito. Lui si lascia dire e definire dall'altro e dall'Altro: «Tu sei più forte di me», gli dice Giovanni; «Tu sei il Figlio mio, l'amato» gli dice Dio. Io posso dire poco niente di me stesso, sono gli altri a dire di me. È vero, tante volte i giudizi degli altri sono ferite. È vero, tante volte gli altri dicono una minima parte di noi, non conoscono né la storia né la dinamica che ci porta ad essere chi siamo, eppure siamo chiamati a dar fiducia alle parole di bene e di gratitudine che gli altri ci definiscono. Lui si lascia dire, Lui si lascia battezzare dal bene dell'altro. Qualche anno fa, sul palco di San Remo, un cantante compì il gesto di battezzarsi, versandosi addosso acqua da un catino; ma quel gesto è proprio l'opposto del Battesimo. Io da solo non posso battezzarmi: nel rito del Battesimo non sono io che dico «Io, Andrea, mi battezzo», ma qualcuno mi dice: «Andrea, io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito». Il mio nome, il nostro nome, viene pronunciato nell'Amore, che vuole preservare dalla morte l'amato. Chi non lo farebbe per la persona amata, se potesse? La frase del Battesimo è come sentirsi dire: «Tu non devi morire, mai». Il nostro nome, il nostro amore, la nostra dignità, la nostra bellezza, la nostra forza, la nostra vita: sono parole che non possiamo dirci da soli, sono dette dagli altri, da Dio.
Nel Battesimo è il Figlio che si è immerso pienamente. Noi invece cerchiamo di rimanere a galla, stiamo sulla superficie, navighiamo a vista. Per la prima volta un uomo ha avuto il coraggio di andare fino in fondo: della vita e dell'amore, dei giorni e del senso. Fino in fondo ha creduto di essere figlio, amato.
Nel Battesimo è un Padre che parla: «Tu sei mio Figlio, l'amato. In te mi sono compiaciuto». Chi di noi ha il coraggio di accogliere questa frase? Quale padre, quale figlio, si sente di poterla dire ad alta voce? Ci sentiamo fuori luogo, sotto osservazione, sotto esame, giudicati; eppure, proprio oggi, dovremmo riportare al cuore questo che viene detto a ciascuno di noi: figlio amato, figlio diletto. Senza se, senza ma. «Non siamo sotto indagine, ma sotto un volo di parole bellissime, sotto un abbraccio infinito» (E. Ronchi).
Nel Battesimo è la vita dello Spirito che irrompe. Uno spirito corpo, «in forma corporea»: anche i miei pensieri sono corpo, le mie parole sono corpo, tutto ha un peso. Con i miei pensieri posso cadere nella notte più profonda, con i miei pensieri posso ferire, con i miei pensieri posso curare e guarire. Curare il corpo è curare lo Spirito: vita spirituale e vita corporea sono insieme. Tutto è Spirito, tutto è connesso: penso ad un grande fisico, Nikola Tesla, che già cent'anni fa aveva pensato all'energia elettrica senza bisogno di cavi, aveva già visto internet, aveva già dato la misura della connessione.
Ho un desiderio: andare a rivedere nel registro il giorno del mio Battesimo. In quel giorno mi è stato dato un nome, mi è stata data una famiglia allargata, mi è stato aperto il Cielo oltre questi pochi giorni qui in terra. Mi è stata donata la dignità di figlio. In quel giorno sono stato consacrato con crisma di re, sacerdoti e profeti, e mi è stata data una dignità che neanche io, nonostante me, ho mai potuto cancellare. Era il dodici febbraio. A ben pensare, lo stesso giorno di ventidue anni dopo ho sentito forte una chiamata a seguirlo più da vicino, il giorno di una vocazione di una vita. Il giorno del nostro Battesimo è un giorno in cui il Cielo si è aperto per noi e una voce ha sorriso.
Un monaco ha scritto: «Dio ha creato l'anima tua in un silenzio inviolato. Nel battesimo l'ha colmata di Se stesso, solo di Lui. Soltanto più tardi il mondo vi ha fatto irruzione e ha coperto la dolce voce di Dio. Ritorna a quel silenzio battesimale per ascoltare la voce di Dio».