Omelia (19-01-2025) |
padre Paul Devreux |
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea Notiamo subito che già la prima lettura ci parla di un matrimonio, dove lo sposo è Dio e la sposa Israele. e c'era la madre di Gesù. Notiamo anche che Maria non viene mai nominata. Si parla solo della madre di Gesù che in questo caso è Israele, che ha partorito il suo messia. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». Non avere vino significa che questo matrimonio tra Dio e il suo popolo sta morendo, e il segno è che manca la gioia. Se finisce il vino, è finita la festa. Anche le nostre messe, se sono tristi, non hanno futuro. Ma chi è oggi la madre che se ne accorge e si preoccupa di questo? Tutti quelli che amano la chiesa. Quelli che non perdono tempo a criticare, ma preferiscono pregare e darsi da fare perché torni il vino in questo matrimonio, come fa una buona madre. La condizione perché questo si realizzi è che nelle nostre liturgie si percepisca la presenza dello sposo, che è il Signore e che noi preghiamo. E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Oggi gli esegeti ci dicono che questa frase è tradotta molto male. Andrebbe tradotto:"E' tempo che mi dia da fare e mi manifesti per cambiare la situazione e ridare vita a questo matrimonio". Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Oggi la madre è la chiesa e i servi siamo noi. Signore donaci come chiesa di capire di cosa c'è bisogno oggi, e come servi donaci di farlo; te lo chiediamo nel nome di Gesù Signore nostro. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua, chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Trasformare l'acqua delle giare, che serviva per la purificazione rituale, in vino, significa trasformare una religiosità triste, che parla solo di peccati e di colpe, in una religiosità che ci parli della bellezza di Dio in un clima di festa. Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Ora si capisce che quello che ci aiuta a credere nel Signore non è tanto il cambiare l'acqua in vino, ma il ritrovare la gioia di vivere in comunione con il Signore e con la chiesa, sua sposa. I segni compiuti sono tutte quelle esperienze che ci fanno scoprire Dio presente nella nostra vita. Per scoprire il vino buono, non è mai troppo tardi. Buona domenica. |