Omelia (19-01-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Le nozze e la novità del vino

L'amore di Dio Padre e la comunione dell'uomo con lui è sempre descritta come un avvenimento esaltante e gioioso, paragonabile anche a uno sposalizio dove le parti si realizzano l'una con l'altra in un romanzo gioioso e ricco di belle aspettative. Questa è la metafora che adopera Isaia nel cap 62 del suo libro di cui alla Prima lettura di oggi, che consegue al raduno dei vari popoli a Gerusalemme, città destinata a diventare "sposa", amata da uno sposo speciale che si premurerà per lei. Anche in altri passi dello stesso autore ci si concentra sull'immagine delle nozze e non di rado anche su quelle del banchetto nuziale che le contorna, allusivo alla gioia e alla festa imprescindibili.
La salvezza offerta dal Signore, che ama l'uomo fino all'estremo, è identificabile spesso con le nozze e paragonabile a un banchetto nuziale di una famiglia regale: si fa esperienza della gioia e della ricchezza. Non quella materiale e pomposa, ma quella della pienezza della vita umana che viene data da Dio creatore e provvidenza. La ricchezza cioè della vita in Dio che apporta sempre gioia e felicità anche nelle circostanze meno liete. Un banchetto regale di nozze sazia, riempie di onore e di orgoglio chi vi prende parte, è occasione di interazione e di comunione con persone di alto livello, favorisce nuove amicizie e nuove relazioni. Tale è la coesione e la concordia di cui l'amore di Dio è apportatore: appaga tutti lasciando sazi e soddisfatti.
Con l'incarnazione in Gesù Cristo suo Figlio, Dio ha offerto un banchetto di nozze continuo e indefinito nel quale il festeggiato, lo Sposo, è lo stesso Signore Gesù Cristo, che realizza la comunione di tutti con sé e con il Padre. Egli è fautore della vita piena e della gioia, rappresentata dal vino, indispensabile perché la festa sia perenne, soprattutto a un banchetto di nozze.
Gesù è il segno dell'amore del Padre e nel vino da' a noi il segno della gioia e della novità che l'amore stesso diffonde fra gli uomini.
Il "segno" è un elemento che indica una realtà esistente immediata, come il fumo indica un falò nelle vicinanze o le macchie di vernice un'attività di tinteggiatura nei dintorni. Quello che con questo termine viene indicato da Gesù è il segno che indica la realtà esistente e in atto del Regno di Dio che presenzia nelle parole e nelle opere di Gesù. Egli, che è immagine del Dio invisibile, significa la certezza della presenza di Dio nella storia degli uomini. Che lui trasformi l'acqua in vino a Cana di Galilea è ulteriore segno di questa presenza relativamente alla sua opera di redenzione e di salvezza. Gesù infatti ci si propone egli stesso come il "vino nuovo", che supera le aspettative del giudaismo, della legalità ferrea dei tempi vecchi e apporta nella vita degli uomini la novità e la gioia dell''amore e della salvezza. Il vino è elemento di gioia e nella Bibbia indica la letizia, l'amore e la bellezza della vita. Tale è il significato del passaggio miracoloso dall'acqua al vino operato da Gesù. Con Lui siamo chiamati alla novità di vita e all'abbandono di antiche consuetudini a volte sterili e melensi. Siamo chiamati in Gesù alla gioia e all'abbondanza che lui ci offre in se stesso, nella sua figura e nel suo messaggio.
In un altro passo evangelico Gesù riafferma se stesso come Sposo della sua Chiesa e come vino nuovo di gioia e di salvezza, rimarcando tuttavia una notevole differenza fra il vecchio e il nuovo: "Potete far digiunare gli invitati a nozze mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora in quei giorni digiuneranno... Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si sparge fuori e gli otri sono perduti. Il vino nuovo si mette in otri nuovi."(Lc 5, 34 - 35. 37).
Con Gesù insomma si è giunti a un cambiamento radicale, a una svolta innovativa caratterizzata da una vita nuova, che lasci alle spalle l'uomo vecchio legato forse al fissismo delle norme e dei ritualismi e al criterio della lettera scritta e della coercizione come impostazione di vita. Occorre abbandonare il fariseismo della perfezione soltanto presunta, del perbenismo della religiosità affettata e ostentata e del rigore delle norme di cui spesso si è solamente schiavi succubi e distaccati. Occorre piuttosto immedesimarsi nella fede nello stesso Signore Gesù come nostro Sposo, confidente e amico con il quale realizzare una relazione del tutto libera, spontanea e contrassegnata dalla gioia di poter appartenere a lui. Occorre impostare una condotta rinnovata all'insegna della corresponsabilità, della partecipazione, della collaborazione come battezzati all'edificazione del Regno di Dio. Non siamo sottomessi a un regime di norme e di prescrizioni perentorie alle quali obbedire nel timore di una pena. Siamo membra dello stesso Cristo Signore che è nostro Sposo, con il quale cioè siamo invitati a vivere una relazione di continua confidenza, apertura e reciproca stima e di conseguenza a sentirci noi stessi in dovere di collaborare alla sua opera di redenzione e di salvezza. Siamo chiamati ad amare gli altri con carica umana e con lo spirito della gioia e del traporto che ci provengono dall'essere stati amati noi primi da Gesù, quindi ad essere instancabili nella carità operativa che metta in risalto la qualità e la trasparenza. In una parola a donare con gioia noi stessi in qualsiasi atto di amore e di solidarietà si adempia verso il prossimo. Per ciò stesso la nostra vocazione è quella del vino nuovo, della gioia e della festa continua del banchetto di cui siamo commensali e allo stesso anche festeggiati.