Omelia (26-01-2025)
Agenzia SIR
Un crisma dal profumo di libertà

All'inizio del suo Vangelo, Luca esprime l'intento che lo muove: raccontare con ordine e accuratezza tutto ciò che riguarda l'evento "Cristo", base della fede della comunità cristiana di tutti i tempi e a cui i ministri della Parola hanno assistito personalmente in qualità di "testimoni oculari". Leggere un Vangelo, infatti, è esperienza fondativa per ogni uomo e donna credenti. È farsi contemporanei del Dio fatto uomo, è accogliere la testimonianza di chi lo ha incontrato vivo e operante, è attingere alla freschezza sorgiva del disegno salvifico divino che accende la fede.

Gesù inizia il suo ministero a Nazaret, quando legge in sinagoga il brano di Is 61,1-2 e spiega, attraverso la figura dell'unto del Signore, che il suo progetto non è salire in cattedra, ma fissare la sua tenda di pellegrino che sa farsi prossimo di tutti nelle periferie della società. Viene tra gli scarti dell'umanità condannati a stare sempre un passo indietro agli altri e rimette in marcia i loro sogni. Visita il povero perché nessuno sia condannato a non avere nulla da condividere e donare agli altri. Visita il prigioniero perché le mani e i piedi dell'uomo non siano serrati nella morsa delle catene ma si muovano per danzare al ritmo della libertà dei figli di Dio. Visita il cieco perché gli occhi dell'uomo non se ne stiano chiusi ma sognino i sogni di Dio. Visita l'oppresso perché il cuore dell'uomo non subisca costrizioni ma respiri a pieni polmoni il rispetto, la delicatezza e la gratuità. Viene e non condanna il tempo come un nemico che aggredisce, ma lo celebra come un oggi colmo di doni sempre nuovi.

Il consacrato del Signore inaugura un Giubileo speciale, quello del riposo di quella "terra" che è la dignità umana, così tanto sfruttata. Apre il tempo della restituzione dei doni che all'essere umano sono stati sottratti. Proclama che è giunto il tempo di tornare a casa, ciascuno nella propria Nazaret, alle radici della vita, che spesso sono tanto doloranti. Gesù torna nella sua patria e vi torna da profeta, in quelle vesti che non conoscono diplomazia e non aspirano al consenso, ma solo alla verità e alla giustizia. Egli innesta il suo ministero sul tronco fertile della tradizione profetica di Israele per restituire l'uomo all'uomo, per riconciliarlo con il suo io più profondo, quella parte sacra che nessuna malattia, turbamento emotivo, prova spirituale, ingiustizia potranno mai dare per spacciata. I profeti hanno suonato melodie di libertà, di giustizia, di verità. Hanno rivelato l'intimità del cuore di Dio, mostrando la sua passione per gli esseri umani, il suo impegno perché alla parola "storia" corrisponda la fioritura dell'umanità. La potenza dello Spirito infatti non crea nicchie, non isola, ma mette ali ai piedi per cercare e trovare i perduti.

Unti nel Battesimo, anche noi siamo chiamati a effondere le fragranze di questo crisma filiale col quale il Padre ha intriso le fibre più intime del nostro essere. Anche noi, abilitati alla missione del Figlio, siamo i destinatari del compimento delle Scritture. Gettando ogni giorno le nostre reti sulla parola solida del Figlio ci è data la grazia di entrare di continuo nell'oggi intramontabile della salvezza, nell'eternità dell'amore del Padre che ama costruire il suo Regno proprio a partire dalle pietre scartate.

Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista