Omelia (06-02-2025)
Missionari della Via


Il mandato missionario che Gesù rivolge ai Dodici ha due segni che lo contraddistinguono. Un primo segno è la comunione. L'invio a due a due ci dice che, contro ogni forma di individualismo, la prima testimonianza di fede che siamo chiamati a dare è quella di saper stare insieme, saper collaborare, insomma creare comunione. La comunione fra noi e con gli altri è il primo segno della presenza del Signore nella nostra vita ed è il primo mezzo di evangelizzazione. Questo elemento non è semplicistico, è fondamentale: ci indica che la salvezza della Chiesa, della famiglia, del mondo viene dalla comunione, che per noi non è affatto facile. Quante volte diffidiamo gli uni degli altri, tendiamo ad isolarci, a dividerci, pensando che da soli riusciamo meglio. Talvolta non sappiamo creare dialogo con persone diverse o fuori dalla nostra cerchia, e si ripetono ancora oggi, anche nella Chiesa, situazioni di non collaborazione per il bene comune. Perciò alcuni responsabili (anche nelle Diocesi o negli Istituti religiosi) utilizzano il ruolo ricoperto per portare avanti se stessi o i propri progetti, senza valutare le esigenze degli altri, i loro bisogni, le loro sofferenze. Spesso tutto ciò parte da lontano; basti pensare quanti figli, al primo stipendio, chiedono ancora i soldi ai genitori e non collaborano al bene comune in famiglia: anche questo è individualismo. Proseguendo, notiamo un secondo segno importante che Gesù insegna ai discepoli: l'efficacia dell'annuncio della Chiesa non dipende dai mezzi. L'evangelizzazione è un'opera, uno stile che prescinde dai soldi e dalle strutture: è il mandato di amore e di incontro che Dio ha lasciato per annunciare a tutti la buona notizia. Anche noi dobbiamo superare quei convincimenti che ci paralizzano, pensando che per portare l'amore di Gesù dobbiamo fare grandi cose o che dobbiamo rivolgerci solo a gente povera e disperata. E quando questa comunione di amore in Dio non avviene e non accolgono il messaggio del Vangelo i discepoli continuano ad andare avanti nel cammino. Come faccio dunque ad evangelizzare? Anzitutto con la bontà di Dio che mostro al mio prossimo nel quotidiano; e qualora non venisse accolta, sarà meglio non focalizzarsi tanto che "neanche la polvere resti attaccata ai piedi", per procedere nel nostro gioioso percorso. E farlo con le parole incoraggianti, benedicenti, non banali, che sanno toccare e indirizzare la vita. Senza dimenticare che la conversione non è un'opera di convincimento ma opera della grazia di Dio nel cuore, di cui noi siamo semplici collaboratori! Infine, notiamo come i discepoli sperimentano l'efficacia della potenza di Dio nella loro vita: gente che si convertiva, demoni che fuggivano, malati che guarivano. Da notare: loro desideravano solo portare il Signore alle persone e le persone al Signore, e Dio operava. Se anche noi faremo lo stesso, se avremo a cuore il vero bene di chi incontreremo, anche noi potremo sperimentare i prodigi di Dio!

«Non si può evangelizzare senza testimonianza. È indispensabile per evangelizzare. Il mondo ha bisogno di evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia loro familiare. Non è trasmettere una ideologia, una dottrina su Dio, è Dio che si fa vita in me» (papa Francesco).