Omelia (07-02-2025) |
Missionari della Via |
Erode Antipa seguì le orme del padre, soprannominato Erode "il grande". Le fonti storiche ci fanno comprendere che il ruolo "regale" che rivestiva non corrispondeva a una regalità d'animo. Egli iniziò la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, abbellì e costruì teatri e anfiteatri, edifici agli dei pagani e in onore dell'imperatore Augusto e fondò la capitale di Cesarea Marittima. Perciò fu soprannominato Erode "il grande". Egli non amava il suo popolo e anche nella sua famiglia non si respirava una buona aria. Fece uccidere diversi familiari ed entrò in un vortice di violenza e diffidenza che lo portò a odiare e dubitare delle persone a lui vicine. Il figlio, Erode Antipa, che incontreremo nuovamente nella passione di Gesù, ereditò una "spirale di morte" che, come leggiamo nel Vangelo, continuò con brutali crudeltà, proseguendo nel disonorare la regalità del suo ruolo. Non solo intrecciò una relazione con la moglie del fratello Filippo ma, preso dalla lussuria, ammaliato dalla danza della figlia di questa donna, per lei e per la brutalità che costei ereditò dalla madre, uccise Giovanni Battista. Davanti a tutto ciò, oggi vogliamo chiedere al Signore di aiutarci perché possiamo vivere quella vera regalità che, in germe, abbiamo ricevuto nel cuore il giorno del battesimo. Essere veri "re e regine", capaci di governare sé stessi e, ad immagine e somiglianza di Dio, capaci di servire, di amare, di trasmettere bontà. Qualsiasi ruolo abbiamo nella società, possiamo esprimere una regalità celeste nel nostro lavoro. Non importa se siamo impiegati, operai o dirigenti; ciò che conta è che ci si rivesta di bontà affinché l'odio non continui a propagarsi. Giovanni non fu l'unica vittima di Erode, capace di intristirsi solo per il suo onore e non per il male che generavano le sue azioni; tanti altri furono sue vittime ed egli stesso fu la prima vittima del male che coltivava dentro! Erode avrebbe potuto servire con il suo potere, invece ne abusò, cercando i propri interessi, seminando rabbia nei cuori e diffondendo sospetto e cattiveria. Che il Signore ci liberi da tutto ciò! Perciò, impariamo a non far propagare il male, ad essere cittadini onesti e collaboratori spirituali della grazia di Dio, che sanno riconoscere i tanti Giovanni Battista che si immolano per portare la verità, a costo di "perderci la testa". Sì, anche noi impariamo a perdere la testa per il bene! «Erode pensava, con l'uccisione di Giovanni il Battista, di aver fatto tacere chi denunciava con coraggio le ingiustizie e la corruzione del suo regno, tuttavia si rende conto che qualcosa del suo piano è andato storto. Non è così semplice far tacere la verità. La violenza e la morte non hanno l'ultima parola... Proprio questa denuncia destabilizza Erode perché il suo regno si basa sulla violenza e sulla prepotenza. Il regno di Erode è intriso di questa violenza che scaturisce dalla paura di perdere il proprio potere. Il mantenimento della propria immagine e del proprio potere ingabbia anche la sua volontà, che egli non conosce bene, ma che è rivelata da quel sentimento di tristezza che affiora. Erode non solo non vuole ascoltare il messaggio di Giovanni e quello di Gesù, ma non riesce neanche ad ascoltare se stesso. È assordato dal rumore del potere e della violenza che al momento si incarna nella richiesta di Erodiade e poco più avanti dallo sguardo dei commensali che sono in attesa di controllare se il loro re ha il coraggio di mantenere la parola data. Tuttavia non si tratta di coraggio, si tratta piuttosto di pusillanimità e di asservimento al bisogno di custodire la propria immagine esteriore che deve sottostare ai desideri di Erodiade e dei suoi commensali. Quello che manca ad Erode è il coraggio di ascoltare Giovanni e di lasciare che le sue parole plasmino la sua coscienza così da poter prendere delle decisioni in autonomia e non in balia di quanto gli altri si aspettano da lui. Nonostante Erode voglia dimostrare la sua forza e il suo potere alla fine fa fuoriuscire solo dipendenza dal potere e dalla volontà degli altri e dalla dipendenza scaturisce la violenza e la morte. La parola di Giovanni e successivamente quella di Gesù, al contrario, generano una comunità, quella descritta oggi dai discepoli di Giovanni che vanno a recuperare il corpo del loro maestro, che ha il coraggio di compiere azioni come quella di seppellire il profeta che è stato ucciso per la sua audacia. Essi con tale gesto dimostrano un rispetto profondo verso Giovanni e dimostrano di voler mettere in pratica l'audacia e il coraggio di quella parola che non guarda in faccia a nessuno, neanche la morte violenta perché sono ben consapevoli che la morte non ha l'ultima parola» (sorella Beatrice, Bose). |