Omelia (05-03-2006) |
don Marco Pratesi |
La sfida della fiducia L'episodio della tentazione nel deserto segue immediatamente quello del battesimo di Gesù: non appena il Padre ha espresso il suo amore per il Figlio e lo ha accreditato come Messia, lo Spirito Santo spinge Gesù nel deserto (letteralmente: lo "butta fuori"), dove deve trovarsi faccia a faccia col tentatore. La sapienza d'Israele aveva visto bene: "Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione" (Sir 2,1). Marco non dice in che cosa consista la tentazione di Gesù, ma dal contesto è chiaro: essa riguarda la sua missione di Messia: "il Padre ti ha chiamato ad essere Messia: come vuoi svolgerla?". Il tentatore propone un suo modo... Marco non dice nemmeno che Gesù rifiuta questa proposta, ma che "stava tra le fiere e gli angeli lo servivano". Quadro stupendo: nel deserto, luogo per eccellenza ostile alla vita, si rinnova la pace tra l'uomo e il creato (gli animali) e tra cielo e terra (gli angeli). In quel nascondimento, in quel silenzio, Gesù sperimenta l'armonia con la creazione e col creatore che era andata persa nel momento in cui i progenitori non avevao saputo superare la prova delle origini. Da qui scaturisce l'annunzio del Regno di Dio, che a questo punto non è affatto una semplice espressione fatta di parole, ma la realtà dell'esperienza di Gesù, maturata nel duro scontro con la realtà del male. L'annunzio della Buona Notizia ha quindi un doppio punto di partenza: da un lato l'esperienza della predilezione del Padre (il battesimo), dall'altra la prova della tentazione (il deserto). Se tale è il cammino del Signore, quello del discepolo non potrà essere diverso. Nasciamo come cristiani quando accogliamo la Buona Notizia: "tu sei amato da Dio". L'accoglienza fiduciosa di questo evangelo introduce da subito la nostra vita nel regno di Dio. Ma dobbiamo sapere che la nostra fede sarà provata, saggiata; e nella sostanza, la prova è una: è vero che Dio mi ama? Posso fidarmi di lui? La prova fa parte del piano di Dio. Ogni sfida alla fede svela le spinte profonde del nostro cuore (Dt 8,1-16). Come in un rapporto interpersonale: chi vuol bene si vede nella difficoltà ("C'è chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sfortuna", Sir 6,8). Teniamo ben presente che non è Dio che ha bisogno di mettermi alla prova, perché lui sa già quello che io sono. Sono io che invece non lo so, e dunque ne ho bisogno per avere vera conoscenza di me e più profonda consapevolezza delle mie scelte. La prova ci fa maturare, perché ci fa prendere coscienza di noi stessi: è indispensabile in vista di una virtù resistente (Rm 5,3-5). La vita cristiana si svolge tra questi due punti focali: da un lato la fiducia nel Padre, dall'altro la diffidenza; da un lato i segni del suo amore, dall'altro tutto ciò che li contraddice. Credere non è mai scontato, dato una volta per sempre: per credere occorre conversione, e continuamente. Il detto quaresimale "convertiti e credi al Vangelo" ci rammenta l'impegno continuo del discepolo: accogliere con fiducia il semplice ma capitale annunzio dell'amore gratuito di Dio per me, per noi, per tutti. All'offertorio: Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci ottenga una vera conversione, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Al Padre Nostro: Con le parole che Gesù ci ha insegnato, chiediamo al Padre di poter vincere la tentazione: |