Omelia (02-02-2025)
Agenzia SIR
Gesù luce delle genti e gloria di Israele

L'evangelista Luca registra un momento molto importante nei suoi Racconti dell'infanzia, un evento della vita di Gesù che rivela la sua piena appartenenza al popolo dell'alleanza e al suo Dio: il rito della presentazione al Tempio a cui nella Chiesa è legata la festa liturgica della Candelora o dell'Incontro (Hypapante nella tradizione orientale).

In ossequio alla Legge di Mosè, dopo quaranta giorni dalla sua nascita, i genitori di Gesù si recano al Tempio di Gerusalemme e offrono il loro primogenito al Signore (cf. Es 13,2-12-15; Nm 3,13). Per la prima volta il figlio di Maria e di Giuseppe, che è anche il Figlio di Dio, fa il suo ingresso nella casa del Padre suo. Questo ingresso viene festeggiato da un anziano, Simeone, uomo sensibile allo Spirito di Dio che va incontro a questa giovane famiglia non con le classiche formule di saluto o con parole di circostanza, ma con una preghiera, rivolgendosi cioè non a degli uomini ma a Dio stesso.

L'incontro con questa coppia di sposi e il loro piccolo sprigiona sulle labbra di un uomo che è ormai al tramonto della sua esistenza una richiesta che dal suo cuore s'innalza dritta a Dio, architetto e costruttore di una salvezza che ha rappresentato la trepida attesa del popolo eletto e che ora egli vede compiuta. Simeone chiede il riposo eterno della morte. Lo fa non per sfuggire alla vita e alle sue prove ma per assaporarne il coronamento. Il senso della storia, la meta del vivere, è lì tra le sue braccia, in un bambino che egli contempla come luce che rischiara i popoli immersi ancora nelle tenebre dell'ignoranza, dell'idolatria, della loro condizione di orfani di padre e come gloria di cui il popolo d'Israele è stato coronato perché stirpe scelta da Dio per un sacerdozio regale e una santità che sia riflesso di quella divina. In Gesù, Simeone vede la presenza di Dio che si fa vivo e operante in mezzo al suo popolo e in mezzo alle nazioni.

Simeone scopre carismaticamente, cioè per un dono gratuito concesso dallo Spirito Santo, che in un tenero germoglio, in un figlio d'uomo poco più che neonato, è sbocciata la grazia del Dio che salva e che vuole incontrare non solo Israele suo popolo ma anche, per suo tramite, tutte le nazioni. L'uomo "giusto e pio", cioè maturo nella fede, capace quindi di vedere oltre, di contemplare l'invisibile, di conoscere con il cuore, scopre che nel corpo fragile e indifeso di un infante si nasconde il Dio onnipotente che abbassa gli orgogliosi ed esalta gli umili, che non si ferma all'apparenza ma legge dentro e mette in luce sentimenti e intenzioni. All'occhio contemplativo fa seguito la parola profetica e Simeone annuncia a Maria la sofferenza che patirà da madre a causa della resistenza, dell'ostilità e della violenza che si scatenerà contro quel figlio venuto a perseguitare le tenebre.

Dopo l'uomo dello Spirito, entra in scena la donna dello Spirito: Anna. Libera da se stessa, attaccata a Dio soltanto, a motivo della sua vedovanza, questa donna ha piantato la sua tenda nella casa di Dio per dialogare con Dio nella preghiera e nel digiuno, offrire se stessa a lui e consegnare al popolo di Dio parole edificanti. Vedendo il piccolo tra le braccia dei suoi genitori, Anna, al pari di Simeone, fiuta in lui la presenza di Dio e lo proclama redentore, colui che il Padre ha designato per sposare il suo popolo, strapparlo alla sua vedovanza, riscattarlo dalla sua povertà e dalle ingiustizie e renderlo una madre gioiosa, capace di partorire uomini e donne nuovi.

Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista