Omelia (02-02-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
L' incontro della Luce con l' umanità

"L'Epifania tutte le feste porta via. Risponde la Candelora: Ci sono io ancora". Un detto popolare che afferma a mio giudizio non soltanto il protrarsi delle feste natalizie fino al 2 Febbraio, ma anche il riverbero ad oltranza della gioia del Natale nelle settimane successive al suo periodo liturgico. Il fascino della gioia del Dio Bambino ci si propone anche durante il tempo ordinario e noi abbiamo ragione di avvalercene perché l'incarnazione possa assumere sempre più spazio nella nostra vita.
Con la festa della "Candelora", che quest'anno ci viene dato di celebrare in Domenica, si vive appieno l'atmosfera gioiosa e serena del periodo dal 24 Dicembre al 6 Gennaio.
Occorre però precisare immediatamente che la Festa di cui si tratta ha la denominazione esatta di "Festa della presentazione del Signore al tempio di Gerusalemme" oppure della "purificazione di Maria. In essa siamo sollecitati ad intensificare l'incontro con il Salvatore che per primo ha voluto incontrare l'umanità mostrandosi come tale; siamo spronati a trovare orientamento nel solo Cristo Figlio di Dio che non muta le condizioni per cui questo incontro sia frugifero e produttivo e apportatore di felicità e di gioia. Siamo invitati cioè a ravvivare la fede e la speranza nel verbo incarnato sempre più circonfusi dalla luminosità che apporta la sua luce.
Una prescrizione della legge mosaica prevedeva che una donna puerpera era impura per quaranta giorni dopo il parto; al termine di questo periodo doveva provvedere alla sua purificazione offrendo un sacrificio di due colombe o altrimenti di un agnello e di una colomba (Lv 12, 6 - 8). Contemporaneamente, qualora il neonato fosse maschio e primogenito, doveva essere consacrato al Signore, in ottemperanza a una prescrizione che prevedeva che ogni animale o uomo nato per primo, dovesse essere offerto al signore quale primizia di tutti i doni e come gratitudine commemorativa per la liberazione avvenuta dalla schiavitù dell'Egitto (Es 13, 11 - 14). Il rito poteva svolgersi anche nei luoghi in cui si dimorava alla presenza di un sacerdote ma Maria e Giuseppe eseguono ambedue le prescrizioni nel tempio di Gerusalemme e questo particolare è interessante, perché in questo edificio di culto avviene il primo incontro ufficiale del Verbo Incarnato con l'umanità, se si eccettuano i pastori e i Magi di Betlemme. Maria entra nel luogo iconico della religiosità d'Israele per manifestare pubblicamente il Messia promesso e atteso, il Salvatore di cui parlavano la Legge e i profeti, la realizzazione della salvezza per tutti i popoli.
Simeone e Anna sono emblematici personaggi che interpretano la speranza dell'intero popolo di veder finalmente realizzata la salvezza. Sono speculari della gioia e della fede di tutti gli Israeliti che attendevano da tanti anni e adesso vedono le loro speranze realizzate. E' nato per loro il Re e Salvatore tanto atteso che riscatterà le loro sorti e adesso ne fanno esperienza con la presenza di questi due giovani sposi che dal canto loro mostrano solo l'umiltà della sottomissione a una comune prescrizione. Essi notano come il loro Bambino venga ammirato ed esaltato da quanti sono presenti nel tempio e come la sua presenza sia consolante per quanti, come Simeone e Anna, avevano da tantissimi anni persistito nell'attesa senza mai deviare dalla fede.
Gesù dal canto suo, che aveva già manifestato la sua gloria nell'estrema inopia della grotta e nell'umiliazione di tante precarietà e insufficienze, adesso si sottomette a una comune legislazione terrena che sussiste nel paese di cui fa parte; nonostante sia lui il vero Legislatore e fautore di ogni ordine e prescrizione, giace fra le braccia della Madre che lo consacra a Dio adempiendo uno dei tanti doveri previsti dalla legislatura del suo tempio. Eppure nel silenzio e nell'esilità delle sue tenere membra, questo Bambino continua a far parlare di sé, suscita ammirazione presso la gente che contorna i due genitori umili e zelanti, annuncia alla Madre per mezzo di Simone che la gioia del momento dovrà tramutarsi nel dolore di una spada che le trafiggerà l'anima...
Gesù si umilia e si sottomette a questa umanità che lo preconizza come il Messia Unto del Signore nonché Salvatore e tuttavia resta egli pur sempre la "luce" che s'impone sulle tenebre della realtà peccaminosa dell'uomo. "Luce per illuminare le genti" lo definisce Simeone; l'apportatore della luce che nella creazione aveva già avuto ragione delle tenebre e che adesso vuole estinguerle da ogni uomo di buona volontà perché si affermi la vira e la salvezza. Luce di cui solamente Dio può essere fautore e della quale tutti siamo tenuti ad essere riflesso in quanto tutti innestati a Cristo come membra del suo corpo. E' da qui che assume significato la processione con le candele accese che attira maggiormente in questa giornata. Una consuetudine invalsa nel tempo che tuttavia è allusiva alla nostra adesione a Cristo luce del mondo, quale adesso ci si propone e quale ci si ripresenterà anche nella notte di Pasqua. Cristo non è soltanto la luce che illumina ogni uomo e che orienta nel cammino rendendo nitida la visione di tutte le strade e di tutti i percorsi, ma è anche la luce che alberga in ogni uomo, che motiva, sprona, indirizza e sostiene ogni persona in tutte le vicende e che permea la vita dalla culla alla bara, come di fatto ci illustra la presenza di un cero pasquale acceso durante il rito del battesimo e poi durante le esequie dopo il trapasso.
Gesù, sii sempre tu la nostra luce e fa' che possiamo esserne un riflesso incisivo mentre il mondo continua a persistere nella fittezza delle tenebre in cui preferisce vivere per la propria perdizione. Il nostro esempio e la nostra testimonianza di Te, Bambino e poi Risorto, possa apportare innovazioni nella realtà in cui ci muoviamo perché l'uomo trovi soltanto in te il vero orientamento e la direzione per ogni percorso da intraprendere.