Commento su 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38
Se dovessimo definire con una battuta sintetica il messaggio delle letture di questa settima domenica del tempo ordinario, diremmo che si tratta della proposta di relazioni nuove, fondate sulla gratuità e sulla regola del dono, del tutto inedite nel comportamento degli umani nella storia dell'umanità: relazioni difficili, rischiose, ma non impossibili.
Splendido il brano di Samuele (prima lettura) che ha come protagonista Davide, genero di Saul, avendo come moglie la figlia Micol. Saul è una figura molto interessante nell'Antico Testamento: un uomo accecato dall'attaccamento al potere, figura di tanti potenti di oggi, e dunque dalla gelosia nei confronti di chi teme voglia impadronirsene, scalzandolo. Una bella lettura del carattere di Saul è fatta dal trageda astigiano Vittorio Alfieri, capace, nella tragedia omonima, di cogliere gli aspetti psicologici più rilevanti del demone del potere. Nella vicenda biblica, a farne le spese è David, che Saul cerca di eliminare e che quindi deve fuggire nel deserto di Zif, ricercato ostinatamente da Saul con tremila uomini. Davide, nottetempo, avrebbe la possibilità di uccidere il suocero dormiente nell'accampamento nel quale si era introdotto, con la lancia infissa a fianco del giaciglio di Saul, ma egli rifiuta di farlo non per pusillanimità, ma nella convinzione che solo il Signore è giudice delle azioni altrui ed egli " renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà".
Saul dunque è salvo per il dono gratuito di Davide. Ed è questo il tema ripreso dall'evangelo di Luca. Nella versione latina dei Settanta, l'espressione chiave sulla quale vogliamo soffermarci recita: [ 6,32] Et si diligitis eos, qui vos diligunt, quae vobis est gratia? Nam et peccatores diligentes se diligunt. Se voi fate del bene (solo) a quelli che vi fanno del bene che grazia ne avete? Il tema della gratuità appare qui centrale, anche per la reiterazione dell'espressione " quae vobis est gratia?" tradotto nella editio princeps della CEI con "che merito ne avete?", espressione nella quale il tema della gratuità viene oscurato (ma poi ripreso nella versione del 2008). Gesù nell'evangelo propone il tema ostico dell'amore ai nemici. Amare un amico è facile, ma amare un nemico, un oppositore, un cospiratore contro di te... è altra cosa. Gesù, su questo tema "alza l'asticella". L'amore verso i nemici è sempre senza riserve, è totalmente gratuito. Si deve dare senza calcoli di opportunità: è un dono (e il perdono è un "super", "iper" dono...). È possibile umanamente? Non è facile rispondere. Si tratta di una scelta non umana, contrastante con le strutture biologiche e psicologiche della persona. Per raggiungere questo orizzonte di perfezione, che ci affatica oltre misura, Gesù ci indica una motivazione che è, al contempo, un percorso che può durare tutta la vita. Possiamo arrivare ad amare i nostri nemici perché questo è l'atteggiamento di Dio verso di noi. Noi abbiamo avuto, e abbiamo continuamente, questa "grazia". Ed è questa la ragione perché dobbiamo riconoscerla agli altri, soprattutto ai nemici.
Coglie bene questo aspetto Giuseppe Manzoni nei "Promessi sposi" al capitolo XXXV. Renzo si aggira nel lazzaretto in cerca di Lucia. Ha il cuore carico d'odio e di pensieri di vendetta. Incontra padre Cristoforo, inaspettatamente. Questi sentimenti d'odio emergono nel dialogo con il frate e questi redarguisce severamente Renzo il quale, poi, promette il perdono: il tema della gratuità si fa qui evidente.
"Ah gli perdono! gli perdono davvero, gli perdono per sempre!" esclamò il giovine. "Renzo!" disse, con una serietà più tranquilla, il frate: "pensaci; e dimmi un poco quante volte gli hai perdonato." E, stato alquanto senza ricever risposta, tutt'a un tratto abbassò il capo, e, con voce cupa e lenta, riprese: "tu sai perché io porto quest'abito." Renzo esitava. "Tu lo sai!" riprese il vecchio. "Lo so," rispose Renzo. "Ho odiato anch'io: io, che t'ho ripreso per un pensiero, per una parola, l'uomo ch'io odiavo cordialmente, che odiavo da gran tempo, io l'ho ucciso." "Sì, ma un prepotente, uno di quelli..." "Zitto!" interruppe il frate: "credi tu che, se ci fosse una buona ragione, io non l'avrei trovata in trent'anni? Ah! s'io potessi ora metterti in cuore il sentimento che dopo ho avuto sempre, e che ho ancora, per l'uomo ch'io odiavo! S'io potessi! io? ma Dio lo può: Egli lo faccia!... Senti, Renzo: Egli ti vuol più bene di quel che te ne vuoi tu: tu hai potuto macchinar la vendetta; ma Egli ha abbastanza forza e abbastanza misericordia per impedirtela; ti fa una grazia di cui qualchedun altro era troppo indegno. Tu sai, tu l'hai detto tante volte, ch'Egli può fermar la mano d'un prepotente; ma sappi che può anche fermar quella d'un vendicativo. E perché sei povero, perché sei offeso, credi tu ch'Egli non possa difendere contro di te un uomo che ha creato a sua immagine? Credi tu ch'Egli ti lascerebbe fare tutto quello che vuoi? No! ma sai tu cosa puoi fare? Puoi odiare, e perderti; puoi, con un tuo sentimento, allontanar da te ogni benedizione. Perché, in qualunque maniera t'andassero le cose, qualunque fortuna tu avessi, tien per certo che tutto sarà gastigo, finché tu non abbia perdonato in maniera da non poter mai più dire: io gli perdono."
L'evangelo di oggi è di un'importanza straordinaria: andrebbe non solo letto e riletto, ma interiorizzato fino alle estreme conseguenze, per quanto difficili esse siano. Emerge un nuovo concetto di giustizia, che supera quello della reciprocità. Ci è chiesto non di non avere nemici, ma di amarli, gratuitamente. Ci è chiesto, preliminarmente, di non utilizzare nei confronti degli altri lo stesso criterio negativo con cui noi siamo trattati, non perché ci sentiamo più buoni dell'altro, ma perché Dio si è comportato così nei nostri confronti.
Finché vige il criterio della reciprocità, le guerre non finiranno mai: è necessario che uno faccia il primo passo, che offra la pace, anche se questo passo può sembrare umiliante, se non è amato dai generali istituzionalmente bellicisti, se rovina il bilancio alle aziende produttrici di armi, se fa perdere voti a chi lo propone... Occorre che uno dei contendenti faccia il primo passo, eventualmente aiutato da un terzo estraneo al conflitto. È questa la nuova giustizia, che rompe lo schema della reciprocità e apre a un futuro di pura gratuità. Utopia? Forse sì. Ma non in assoluto. Oggi. Perché le strutture antropologiche, sociali, politiche, religiose lo impediscono. Ma è l'orizzonte al quale dobbiamo tendere.
Un orizzonte che non è solo personale, ma è familiare e politico. Che ci avvicina alla profezia di coloro che hanno saputo coniugare lotta e contemplazione. Lotta con i poveri, i diseredati, gli afflitti ai quali il Signore ha promesso il Regno. Non per vendetta verso i ricchi, i potenti, i torturatori dei poveri, ma perché il Cristo è morto per tutti, ricchi e poveri, buoni e cattivi. Bene coglie questo aspetto Dietrich Bonhoeffer: "Colui che vuole esercitare la vendetta è uno che prende la vita del suo nemico nelle proprie mani e dimentica che Dio ha già posto le mani su quell'uomo, morendo per lui sulla croce. Chi cerca di vendicarsi di qualcuno, rende vana la morte di Cristo; costui si rende colpevole ne confronti del sangue della riconciliazione. Cristo è morto per me e per il mio nemico, per salvarci l'uno e l'altro. Se cerco la vendetta, io disprezzo la salvezza dell'altro" (Memoria e fedeltà, Qiqajon, Bose 1995, p. 121).
È il Signore che è buono e misericordioso, non noi: per questo a Lui dobbiamo sempre affidarci, a Lui che, come cantiamo nel Salmo:
Buono e pietoso è il Signore, /lento all'ira e grande nell'amore. /Non ci tratta secondo i nostri peccati, / non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Traccia per la revisione di vita
- Qual è la nostra concezione di gratuità?
- Qual è la nostra concezione di perdono?
- Qual è la nostra concezione di giustizia? Chiudere il reo in galera e buttare via la chiave?
Luigi Ghia Direttore di "Famiglia domani"
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