Omelia (09-02-2025) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Dall'" inadeguatezza" alla fiducia, è l'Amore che chiama Si parla oggi della premessa importante della predilezione di Dio nei nostri confronti, del suo amore e della fiducia che egli ripone in noi; conseguentemente anche della vocazione specifica alla quale ciascuno è chiamato, sempre nell'ottica dell'amore e della fiducia. Così Isaia, che in un primo momento si vede perduto per la sua impurità e per aver visto di presenza, faccia a faccia, il Signore (allora colpa grave passabile di condanna estrema), si vede invece reso oggetto di amore da parte del Signore, che provvede a purificarlo per mezzo di un particolare boccone sulle sue labbra e poi lo rende oggetto di particolare privilegio nell'eleggerlo e inviarlo quale annunciatore del suo divino messaggio. A dire il vero Dio, che viene reso manifesto come il "Tre volte Santo", domanda egli stesso: "Chi manderò? Chi andrà per noi?" e forse questa è l'unica pagina biblica in cui un aspirante messaggero si offre egli stesso. Iaia infatti chiede espressamente di essere chiamato egli medesimo, perché evidentemente ha compreso che l'attenzione esplicita del Signore nei suoi confronti non è casuale e non si riduce a un semplice atto di pietà o di bonarietà: è stata finalizzata a predisporlo ad un progetto molto più grande sulla sua vita. Dio lo ha equipaggiato insomma per una missione particolare dopo avergli mostrato amore e predilezione, per cui è passato dallo spasimo e dal timore reverenziale al dialogo risoluto e spassionato per il quale ritiene di potersi proporre come messaggero. Si riscontra la profondità di una relazione intima che ha Dio come primo protagonista e l'uomo come luogo nel quale questo incontro si realizza e diventa fruttuoso. Come anche a proposito di Mosè, di Gedeone e di altri personaggi dell'Antico Testamento, vi è una consapevolezza iniziale di colpa e di inadeguatezza che viene superata però dalla predilezione divina e dalla priorità dell'Amore. Quindi la fiducia di Dio che chiama e l'adesione del candidato, che da indegno si ritrova oggetto di grande stima e di fiducia. In Isaia siamo chiamati a rapporto con il nostro spirito e con l'interiorità che è il luogo in cui Dio ci incontra per mostrarsi misericordioso, tanto da prevaricare le nostre indegnità, i nostri limiti, le personali convinzioni e inadeguatezze e piuttosto per farci considerare che le sue scelte non sono affatto paragonabili con quelle dei "curricula" e delle competenze tipiche delle selezioni professionali nostrane. Anche chi è "inadeguato" o "indegno" agli occhi di Dio è sempre prezioso e può essere reso oggetto di particolare benevolenza e di speciale confidenza e fiducia. Come Isaia, che Isaia infatti dovrà andare a svolgere una missione molto delicata, il cui esito finalmente sarà quello ei cambiare le sorti dell'intero popolo Israele. Nei riguardi del Signore quindi occorre mostrarsi sempre "discepoli" prima ancora di ogni iniziativa. Discepolo deriva dal latino "disco", che vuol dire imparare, apprendere attraverso l''ascolto e l'attenzione e quello che si apprende al di là di ogni nozione è sempre l'amore, la confidenza e la valorizzazione che Qualcun altro ci sta concedendo. Così come discepolo era anche Simone, e con lui la compagine dei compagni pescatori che stavano lavando le reti dopo una nottata insonne infruttuosa per mare. Gesù si mostra loro innanzitutto come colui che parla alla folla di cui anch'essi fanno parte. Come tante altre volte accade, per la grande consistenza della turba di popolo che gli fa ressa quasi fino a pressarlo, è costretto a pregare Simone di concedergli la sua barca dalla quale, scostatosi da riva, possa comodamente parlare alla gente senza rischiare di essere travolto. E' evidente che Simone sia fra i suoi ascoltatori e che sia anche fra coloro che lo riconoscono come il Signore, visto che poco più avanti lo chiama "Maestro". Certamente anche lui si dispone ad apprendere, a considerare la sua parola e il suo messaggio, ad ascoltarlo con attenzione per poi mostrargli tutta la sua fiducia: "Abbiamo faticato nottetempo... ma sulla tua parola getterò le reti. Come anche a proposito della pesca raccontata da Giovanni, la rete che, gettata in mare e ritratta sulle barche, si ritrova stracolma di novellame di ogni varietà, è allusiva alla Chiesa che Gesù fonderà perché sia Sacramento della sua salvezza: come una rete gettata, essa raccoglierà in sé uomini e donne di ogni nazionalità ed estrazione sociale e lo stesso Gesù, nel ministero degli Apostoli sorreggerà la barca perché pur vacillando non crolli. Ed eccoci a Simone, poi chiamato Pietro, che si riconosce discepolo indegno e perduto forse non allo stesso modo di Isaia ma certamente su linee parallele. A renderlo impuro e perduto è infatti la consapevolezza del peccato, della sua insufficienza e limitatezza, che lo fa credere incompatibile con la grandezza e la gloria manifesta del Dio fatto uomo. L'incontro personale con Gesù Maestro e il discepolato con lui vissuto, la propensione all''ascolto lo rendono però consapevole dell'amore e della stima che Gesù gli accorda e che gli verrà reiterata in futuro quando sarà chiamato a guidare l'intero collegio apostolico come suo Vicario. Sarà pescatore di anime come or ora lo è stato di alimenti marini. Ancora una volta si passa dallo stato di personale indegnità e confessata impurità a quello esaltante della stima e della fiducia che scaturiscono dall'amore e dalla predilezione divina. Ancora una volta si realizza nell'interiorità e nello spirito l'incontro che cambia la vita e che ci rende consapevoli che la scelta di Dio è assai distante dai i parametri dell'uomo. Siamo affascinati dal fatto che Dio non considera le nostre personali indegnità, ma che chiama ciascuno liberamente a una vocazione specifica, sia quella della speciale consacrazione, sia quella del matrimonio, della missione, della vita professionale o altro ancora. Mostrarci discepoli, cioè ascoltatori disinvolti è la condizione per realizzare l'incontro che, trasformandoci e rinnovandoci, ci attrezza all'esercizio di codesta peculiare vocazione. Paolo afferma che abbiamo ricevuto tutti "uno spirito da figli adottivi" e "lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio e suoi eredi"(Rm 8, 15 - 17); nel medesimo Spirito per il quale siamo reso figli, siamo anche stati scelti e prediletti dall'Amore per essere chiamati. |