Omelia (09-02-2025)
don Lucio D'Abbraccio
Chiamata - Risposta - Coraggio!

Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci racconta la sua folgorante esperienza nel tempio. Un'esperienza che lo segna profondamente e lo trasforma. Egli vede il Signore seduto sul trono, circondato da serafini, in un'esplosione di santità e di gloria. Isaia, di fronte a tale maestà, è sopraffatto dalla consapevolezza della propria indegnità tanto da esclamare: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono». Ma ecco che la grazia divina interviene. Un serafino tocca le sue labbra con un carbone ardente purificandolo dal peccato. E a quel punto, Isaia, reso puro e disponibile, ode la voce di Dio: «Chi manderò e chi andrà per noi?». La risposta di Isaia è immediata, generosa, totale: «Eccomi, manda me!».
Questo racconto di Isaia ci introduce perfettamente al cuore del Vangelo di oggi, tratto da Luca. La pagina del Vangelo, che abbiamo ascoltato, ci immerge in una scena di vita quotidiana, una scena di pesca sul lago di Gennésaret. Ma questa scena, apparentemente ordinaria, è in realtà il punto di partenza di una chiamata straordinaria, una chiamata che avrebbe cambiato per sempre la vita di alcuni uomini.
Gesù, il Maestro, si trova sulla riva del lago. La folla lo circonda, desiderosa di ascoltare la sua parola. Gesù sale sulla barca di Simone, un pescatore, e lo prega «di discostarsi un poco da terra» e da lì inizia a insegnare. Immaginiamo la scena: il lago calmo, il sole che illumina le acque, le barche dei pescatori intorno. E poi la voce di Gesù, che rompe il silenzio e cattura l'attenzione di tutti.
Dopo aver parlato alla folla, Gesù si rivolge a Simone con una richiesta insolita: «Prendi il largo e gettate le reti per la pesca». Simone, un pescatore esperto, sa bene che quella non è l'ora adatta per pescare. Hanno lavorato tutta la notte senza prendere nulla. Ma nonostante ciò, Simone risponde: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E qui avviene il miracolo. Le reti si riempiono di una quantità incredibile di pesci, tanto che le barche rischiano di affondare. Simone e i suoi compagni sono sopraffatti dallo stupore. Di fronte a questa manifestazione della potenza di Gesù, Simone prova un senso di timore e di indegnità. Si getta alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Oppure come Isaia, che nella prima lettura si sente indegno: «un uomo dalle labbra impure io sono», o per Paolo che si definisce, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura: «il più piccolo tra gli apostoli». Ciò significa che Gesù, non cerca persone perfette, ma cuori disponibili.
L'atteggiamento di Pietro è un momento di profonda umiltà, di riconoscimento della propria fragilità umana di fronte alla santità di Dio. Ma la risposta di Gesù è tutt'altro che di condanna o di rifiuto. Al contrario, è una parola di incoraggiamento, di fiducia. L'evangelista Luca, infatti, scrive che Gesù lo rassicura dicendogli: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». Queste parole trasformano la paura di Simone in coraggio, la sua indegnità in vocazione. Gesù, dunque, non lo allontana, ma lo chiama a seguirlo, a diventare suo discepolo, a partecipare alla sua missione. E qual è la risposta di Simone e dei suoi compagni, Giacomo e Giovanni? Il Vangelo ci dice con una semplicità disarmante: «E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono». Queste poche parole racchiudono la radicalità della loro scelta, la totalità della loro adesione a Gesù.
Ebbene, questa pagina del Vangelo ci invita a riflettere su diversi aspetti.
Innanzitutto, sulla chiamata di Gesù. Gesù chiama persone comuni, persone che svolgono un lavoro umile, persone che hanno le loro fragilità e i loro limiti. Non cerca eroi o persone perfette, ma persone disposte a mettersi in gioco, a fidarsi di lui, a seguirlo sulla sua strada.
In secondo luogo, sulla risposta di Simone e degli altri pescatori. La loro risposta è un atto di fede, un atto di abbandono. Lasciano tutto ciò che hanno, la loro vita di sempre, per seguire Gesù. Non sanno dove li porterà, ma si fidano di lui.
Infine, sul coraggio di lasciare. Seguire Gesù significa a volte lasciare le proprie sicurezze, le proprie abitudini, il proprio modo di vivere. Significa essere pronti a cambiare, a mettere in discussione le proprie scelte, a volte anche a rinunciare a qualcosa di importante.
Anche noi siamo chiamati da Gesù. Anche noi siamo invitati a seguirlo, a lasciare tutto ciò che ci impedisce di amarlo e di servirlo. Ma cosa significa «lasciare tutto» per seguire Gesù? Significa forse abbandonare letteralmente ogni cosa, la famiglia, il lavoro, i beni materiali? In alcuni casi, la chiamata di Dio può essere così radicale, e la storia della Chiesa è piena di esempi di santi che hanno lasciato tutto per amore di Cristo. Ma per la maggior parte di noi, «lasciare tutto» non significa necessariamente un abbandono materiale. Significa piuttosto un distacco interiore, significa lasciare le nostre sicurezze umane, le nostre false certezze, le nostre ambizioni egoistiche, le nostre paure e resistenze. Significa lasciare il nostro "io" al centro della nostra vita per mettere al centro Cristo e il suo Vangelo. Significa lasciare le nostre "reti", ciò che ci impedisce di seguire pienamente Gesù, ciò che ci trattiene prigionieri delle nostre abitudini e dei nostri schemi mentali.
Le "reti" possono essere tante: l'attaccamento eccessivo ai beni materiali, la ricerca sfrenata del successo e del potere, la paura del giudizio degli altri, la pigrizia spirituale, l'orgoglio che ci impedisce di riconoscere i nostri limiti e di chiedere aiuto a Dio. Tutte queste "reti" ci imprigionano e ci impediscono di navigare in "mare aperto" con Gesù, di gettare le nostre reti per una pesca abbondante, una pesca di anime.
Gesù, dunque, ci chiama a seguirlo, a diventare suoi discepoli, a partecipare alla sua missione di «pescatori di uomini». La sua chiamata risuona nel profondo del nostro cuore, spesso in modo silenzioso e discreto, ma sempre pressante e amorevole.
Come Isaia, come san Paolo e come i primi discepoli, anche noi, di fronte alla chiamata di Gesù, possiamo sentirci inadeguati, peccatori, indegni. Possiamo avere paura di lasciare le nostre sicurezze, di uscire dalla nostra zona di comfort, di affrontare l'ignoto. Ma Gesù ci dice come disse a Pietro: «Non temere!». Non temere di fidarti di me, non temere di abbandonarti al mio amore, non temere di rispondere alla mia chiamata.
La risposta di Simone, Giacomo e Giovanni, «lasciarono tutto e lo seguirono», è un esempio luminoso per noi. È un invito a vivere la nostra vita cristiana con radicalità, con generosità, con entusiasmo. È un invito a lasciarci trasformare dalla grazia di Dio, a lasciarci purificare come Isaia, a riconoscere la nostra piccolezza come Pietro, a rispondere con gioia e fiducia alla chiamata di Gesù. Anche per noi, seguire Cristo significa essere trasformati in testimoni.
E allora, qual è la nostra risposta? Siamo pronti a fidarci veramente della parola del Signore anche quando tutto va male nella nostra vita? Oppure ci lasciamo scoraggiare dai nostri fallimenti?
In questa Eucaristia chiediamo al Signore la grazia di saper ascoltare la sua voce che ci chiama, di saper rispondere alla sua chiamata con generosità e coraggio, di saper lasciare tutto ciò che ci allontana da lui. Ci aiuti la Vergine Maria a diventare veri «pescatori di uomini», affinché portiamo l'amore e la gioia del Vangelo a tutti coloro che incontriamo sul nostro cammino. Amen!